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E vedi lui che 'l gran petto ti doga.

Poi disse a me: egli stesso s' accusa.
Questi è Nembrotto per lo cui mal coto
Pure un linguaggio nel mondo non s'usa.
Lasciamlo stare, e non parliamo a voto;
Che così è a lui ciascun linguaggio
Come 'l suo ad altrui, ch' a nullo è noto.
Facemmo adunque più lungo viaggio,
Volti a sinistra: e al trar d'un balestro,
Trovammo l'altro assai più fiero e maggio.
A cinger lui qual che fosse il maestro
Non so io dir. Ma ei tenea succinto
Dinanzi l'altro e dietro 'l braccio destro
D'una catena, che 'l teneva avvinto
Dal collo in giù, sì che 'n su lo scoperto
Si ravvolgeva infino al giro quinto.

Questo superbo voll' essere sperto
Di sua potenza contra 'l sommo Giove,
Disse'l mio duca; ond' egli ha cotal merto.
Fialte ha nome. E fece le gran pruove
Quando i giganti fêr paura a i Dei.
Le braccia ch' ei menò, giammai non muove.
Ed io a lui: s' esser puote, i' vorrei

NEMBROTTO. S. Aug. (C. D., XIV, 4); Gen., X. to: onde oltracotante. UN. Gen. Erat ...

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COTO (Par., III, 9). Da cogiterra labii unius... Confusum

est labium universae terrae. La Genesi non dice che quel della torre fosse pensiero di Nembrotto.

28. MAGGIO. Nembrotto, nota l'Anon., nacque naturalmente; Efialte era di razza

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mostruosa.

MAESTRO. Artefice (c. XVII).

AVVINTO. Psalm.: Ad alligandos reges eorum in compedibus, et nobiles eorum in manicis ferreis. SCOPERTO. Nella parte del corpo che gli esciva del pozzo, la catena faceva ben cinque giri.

SPERTO. Oto ed Efialte, figli di Nettuno da Ifimedia, moglie d'Aloeo, figliuol della Terra; di nov' anni eran alti nove braccia, grossi nove palmi: nella guerra de' Giganti perirono saettati da Apollo. Virg.: Hic et Aloidas geminos, immania, vidi, Corpora, qui manibus magnum rescindere coelum Aggressi, superisque Jovem detrudere regnis. SOMMO. Virg.: Jove summo. MERTO. Ricompensa. Vill. (1. IX): E questi sono i meriti de' tiranni. FIALTE. Da Efialte, come pistola da epistola

PRUOVE. Addossar monti a

monti, dice Igino, per giungere al cielo. Virg.: Ter sunt conati imponere Pelio Ossam Scilicet, atque Ossae frondosum involvere Olympum.

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Che dello smisurato Briareo
Esperienza avesser gli occhi miei.

Ond' ei rispose: tu vedrai Anteo
Presso di qui, che parla, ed è disciolto;
Che ne porrà nel fondo d'ogni reo.

Quel che tu vuoi veder, più là è molto,
Ed è legato, e fatto come questo;
Salvo che più feroce par nel volto.

Non fu tremuoto già tanto rubesto
Che scotesse una torre così forte
Come Fialte a scuotersi fu presto.

Allor temetti più che mai la morte:
E non v' era mestier più che la dotta
S'i' non avessi viste le ritorte.

Noi procedemmo più avanti allotta,
E venimmo ad Anteo che ben cinqu' alle,
Senza la testa, uscia fuor della grotta.

O tu che nella fortunata valle

BRIAREO. Virg. lo colloca nell' Inferno: Et centumgeminus Briareus. Aen. (X, 565): Aegeon qualis, centum cui brachia dicunt Centenasque manus, quinquaginta oribus ignem Pectoribusque arsisse, Jovis quum fulmina contra Tot paribus streperet clypeis, tot stringeret enses. Stat., II: Immensus Briareus.

ANTEO. Lo nomina nel Conv. Questo passo accenna ai versi di Luc. (V, 595). Anteo non fu de' Giganti che assaltarono il cielo, ma figlio anch'egli della Terra, visse nemico d'ogni vita civile: però spento da Ercole. Ciò conferma il fine politico del P. in questa imagine de' Giganti. Singolare etimologia di Anteo davano nel 300: contrario a Dio. DIPARLA. Non come Nembrotto. SCIOLTO. Per passare al fondo i dannati; e per minor pena. REO. Reità. Nel Purg. usa rio sostantivamente.

FATTO. Il P. lo credeva di cento braccia, come Virgilio lo dipinge: il maestro lo toglie d'errore. Le cento braccia eran simbolo di sua forza.

te. FEROCE. Luc.: Briareusque ferox.

QUESTO. Fial

36. RUBESTO (Purg., V, 42 ). — TORRE (terz. 7). Fialte si scuote per gelosia del sentire altri più feroci di lui, e per mostrare sua forza, benchè legato.

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DOTTA. Paura: anco in prosa: come dotto per dubbio. Sapientia (XI, 20): Non solum laesura poterat... exterminare, sed et aspectus per timorem occidere.

ALLE. Misura francesca, dice l'Anon. (aune): corrisponde a due braccia : il braccio è tre palmi; dunque trenta palmi, come disse più sopra. La favola gli dà braccia quaranta. GROTTA. Accenna forse agli antri dove Anteo visse. Luc.: Nondum post genitos tellus effeta gigantas, Terribilem Libycis partum concepit in antris ... Haec illi spelunca domus.

'Fortunata. Nel senso del c. XXVIII, t. 3. — VALLE. Luc.: Inde petit tumu

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Che fece Scipion di gloria ereda
Quand' Annibál co' suoi diede le spalle,
Recasti già mille lion per preda;

E che se fossi stato all' alta guerra
De' tuoi fratelli, ancor par ch' e' si creda
Ch' avrebber vinto i figli della terra;
Mettine giuso, e non ten venga schifo,
Dove Cocito la freddura serra.

Non ci far ire a Tizio nè a Tifo.
Questi può dar di quel che qui si brama:
Però ti china, e non torcer lo grifo.

Ancor ti può nel mondo render fama;
Ch' ei vive, e lunga vita ancora aspetta
Se innanzi tempo grazia a sè nol chiama.
Così disse 'l maestro: e quegli in fretta
Le man distese, e prese il duca mio,
Ond' Ercole sentì già grande stretta.

los, exesasque undique rupes, Antaei quae regna vocat non vana vetustas. SCIPION. Luc.: Sed majora dedit cognomina collibus istis, Poenum qui Latiis revocavit ab arcibus hostem, Scipio: nam sedes Libyca tellure potito Haec fuit: en! veteris cernis vestigia valli. GLORIA. Scipione scrivendo al senato: vinsi tutta l' Africa, disse: non ne riportai che la gloria. Luc. pone il regno d'Anteo presso là dove Annibale fu sconfitto. Non così Plin. (V, 1), nè Solino (Polit., 27). Loda Anteo, per farlo più mite. Così Pompeo loda Erittone nel IX di Lucano. ANNIBAL. Ar. (XVIII, 21): Africa, in te pare a costui non nacque, Ben che d' Anteo ti vanti e d' Anniballe.

LION. Luc.: Latuisse sub alta Rupe ferunt, epulas raptos habuisse leones. PAR. Luc.: Coeloque pepercit Quod non Phlegraeis Antaeum sustulit arvis. Dice par ch' e si creda per moderare l'esagerazion di Lucano: ma intanto lusinga l'orgoglio del mostro.

41. FIGLI. Virg. Illam Terra parens, ira irritata Deorum ... Progenuit. COCITO (Inf., c. XIV e XXXIV). Rime: E l'acqua morta si converte in vetro Per la freddura che di fuor la serra.

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TIZIO. Gigante, di cui Virg. nel VI. Luc. lo nomina con Tisifone, per dire che Anteo era più forte di loro. In questa menzione è una memoria lusinghiera ad Anteo. Tiro. Virg. e Ovid.: Tiphoeus; Lucan.: Typhon.

FAMA. Ugo da s. Vittore: Spiritus superbiae amor propriae laudis. I giganti son simbolo della superbia, e però torreggiano sopra Lucifero. Virg. lo loda, perchè 'l superbo, dice un antico, solo per lode s'aumilia.

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44. QUEGLI. Non parla, come superbo ch'egli è. ERCOLE. I Centauri, le Arpie, Gerione, Caco, Anteo, furon tutti domati da Ercole, simbolo della forza civile. E un trecentista inedito aveva già indovinata l'idea del Vico: È da notare e da sapere che queste dodici fatiche non sostenne un uomo solo ch'avesse nome Ercole; che, come dice s. Agostino nel XV III lib. De civ. Dei molti

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Virgilio quando prender si sentio,
Disse a me: fatti 'n qua sì ch' io ti prenda.
Poi fece sì ch' un fascio er' egli ed io.

Qual pare a riguardar la Carisenda
Sotto 'l chinato, quand' un nuvol vada
Sovr' essa sì ched ella incontro penda;

Tal parve Anteo a me che stava a bada
Di vederlo chinare: e fu tal ora
Ch'i' avrei volut' ir per altra strada.

Ma lievemente al fondo che divora
Lucifero con Giuda, ci posò:

Nè sì chinato lì fece dimora,

E come albero in nave si levò.

furno quelli che furno chiamati Ercole... Può eziandio essere che questo nome Ercole era appropriato agli uomini molto forti, li quali in valore e in virtù... passavano tutti gli altri. Onde, come li re d'Egitto sono chiamati Faraoni, e li re di Roma sono chiamati Cesari, ed appo li Greci li savii uomini sono chiamati filosofi, così appo loro gli uomini forti e valenti erano chiamati Ercoli ... Reputavano dunque li antichi che quelli singulari uomini li quali singulari fatti faceano, come combattere colle fiere salvatiche, debellare e spegnere li tiranni, e colle scienzie illuminare lo mondo, fossono Ercole ... Seneca ... sotto il nome d' Ercole chiamando a Dio, dice: o tu domatore delle fiere salvatiche, e pacificatore del mondo, pon mente quaggiuso in terra, se alcuna bestia,id est tiranno, conturba i popoli; e colle tue saette l'abbatti. STRETTA. Luc.: Conseruere manus, et multo brachia nexu. Colladiu gravibus frustra tentata lacertis.

FASCIO. Nel XVII, fra Gerione e Dante s' interpone Virg. Ecco i passaggi di tutto l'Inferno: Flegiás, Nesso, Gerione, Anteo.

CARISENDA. Torre di Bologna, detta oggidi Torremozza, tanto pendente che a chi sta sotto parrebbe in veder passare una nuvola di contro, che non la nuvola ma la terra si mova. Così fa la luna quando le nubi le movono incontro. L' Anon. la dice chinata per difetto de' fondamenti.

DIVORA. PS.: Neque absorbeat me profundum: neque urgeat super me puteus os suum. Prov. (I, 12): Deglutiamus eum sicut infernus viventem, et integrum, quasi descendentem in lacum. GIUDA (XXXIV, 21).

CANTO XXXII.

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ARGOMENTO.

Scende nel pozzo, diviso in quattro giri concentrici e sempre declivi: nè la divisione è indicata da limite, ma dalla varietà della pena. La prima parte, de' traditori de proprii parenti, è detta Caina, dal fratricida; e stanno fitti nel ghiaccio infino al collo: il qual ghiaccio è del fiume Cocito, di cui Virgilio Cocytusque sinu labens circumvenit atro. E perchè il tradimento non cova che in anime fredde, però Cocito si ghiaccia loro d'intorno. La seconda parte è de' traditori della patria, detta Antenora, da Antenore che tradì la città di Troia all' esercito greco. Son fitti nel ghiaccio ma con più freddo.

Nota le terzine 1, 2, 4, 6, 7, 8, 10, 11, 12; la 14 alla 19; la 21 alla 27; la 30; la 32 alla 38; la 42, 43, 44.

I.

2.

3.

1.

2.

3.

4.

S'i' avessi le rime e aspre e chiocce

Come si converrebbe al tristo buco
Sovra 'l qual pontan tutte l'altre rocce,

I' premerei di mio concetto il suco
Più pienamente. Ma perch' i' non l'abbo,
Non senza tema a dicer mi conduco.

Che non è 'mpresa da pigliare a gabbo
Descriver fondo a tutto l'universo,
Nè da lingua che chiami mamma e babbo.
Ma quelle donne aiutino 'l mio verso

:

CHIOCCE. Pet. Rime aspre e fioche far soavi e chiare. Inf., VII.: Pluto con la voce chioccia. Le rime di questo canto, le più son aspre di consonanti. PONTAN. S'appoggiano come a centro, e dechinano verso quello. PIENAMENTE. Conv., 45: Di questo dicerò più pienamente.

è nelle V. S. Padri.

ABBо. Per ho,

FONDO. Secondo Tolomeo, la terra era centro dell' universo. Nel Conv. dice

la terra centro del cielo.

Tomo I.

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