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La reverenzia delle somme chiavi
Che tu tenesti nella vita lieta,

l' userei parole ancor più gravi:
Che la vostra avarizia il mondo attrista
Calcando i buoni e sollevando i pravi.

Di voi pastor s' accorse 'l vangelista,
Quando colei che siede sovra l'acque
Puttaneggiar co' regi a lui fu vista;

Quella che con le sette teste nacque,
E dalle diece corna ebbe argomento,
Fin che virtute al suo marito piacque.

Fatto v' avete Dio d'oro e d'argento;

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REVERENZIA. S. Leo: Dignitas etiam in indigno haerede non deficit. Monarch.: Illa reverentia fretus quam pius filius debet patri, pius filius matri, pius in Christum, pius in ecclesiam, pius in pastorem, pius in omnes christianam religionem profitentes. — LIETA. Inf., VII: Nell' aer dolce che dal sol s' allegra.

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USEREI. Virg. His vocibus usa est. ATTRISTA. Prov.: Conturbat domum suam, qui sectatur avaritiam. CALCANDO. Boet.: Perversi resident celso Mores solio, sanctaque calcant Injusta vice colla nocentes. Nel Conv. e' si lagna, che per amore delle ricchezze i buoni siano in dispetto tenuti, e li malvagi onorati ed esaltati.

S' ACCORSE. Vi scorse e giudicò profetando. Inf., XV: Non puoi fallire a glorioso porto, Se ben m'accorsi. VANGELISTA. Venne un de' sette Angeli che avevano le sette coppe, e parlò a me dicendo: vieni. Io ti mostrerò la dannazione della gran meretrice che siede sull'acque molte, con la quale fornicarono i re della terra, e s' inebriarono coloro ch'abitan la terra del vino della prostituzione sua. E mi rapi, in ispirito, nel deserto. E vidi una donna sedente sopra una bestia di rosso colore, piena di nomi di bestemmia, avente sette capi e dieci corna: e la donna era vestita di porpora e color di cocco, e indorata d'oro... E in fronte aveva scritto un nome di mistero: Babilonia la grande, madre delle fornicazioni e delle abominazioni della terra Poi disse a me: l'acque che tu vedesti dove la meretrice siede, sono i popoli e le genti e le lingue (che scorron com' acque). Apoc., XVII. A LUI. Virg.: Mihi... visa.

...

QUELLA. Il P. fa tutt'un corpo e della gran meretrice e della gran bestia; e Bossuet nota che i due simboli esprimono sola una cosa. Però dice colei, e poi quella. Del resto gl' interpreti nella bestia figurano d'ordinario il peccato. SETTE (Apoc., XVII). La meretrice, dice Pietro di Dante, è il governo della Chiesa, le sette teste i doni dello Sp. santo; le dieci corna i comandamenti mosaici. ARGOMENTO. Vale forma e modo di governare, nel senso antico di questo vocaMARITO. Al papa. Questo passo è imitato dal Petr. (Ep., XIX, 16). Dio. Osea, VIII: Argentum suum et aurum suum fecerunt sibi idola. Un s. padre Avaritia est idolorum servitus. S. Thom.: Simoniacus Deum idolatram facit, afferens aurum idolo avaritiae. Psalm.: Simulacra gentium ar

bolo.

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E che altro è da voi all' idolatre,
Se non ch'egli uno, e voi n' orate cento?
Ahi Costantin, di quanto mal fu matre,
Non la tua conversion, ma quella dote
Che da te prese il primo ricco patre!
E mentr' io gli cantava cotai note,
O ira o coscienzia che 'l mordesse,
Forte spingava con ambo le piote.

I' credo ben ch' al mio duca piacesse,
Con sì contenta labbia sempre attese
Lo suon delle parole vere espresse.

Però con ambo le braccia mi prese;
E poi che tutto su mi s' ebbe al petto,
Rimontò per la via onde discese.

Nè si stancò d' avermi a sè ristretto,
Sì men portò sovra 'l colmo dell'arco
Che dal quarto al quinto argine è tragetto.
Quivi soavemente spose il carco

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gentum et aurum.

IDOLATRE. Profete per profeta, ne' Gr. di s. Girol. To? Numero indefinito. Alano, citato dall'Ott.: L'avarizia è quella per le la pecunia è adorata nell' anima de' mortali.

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COSTANTIN. Ariosto: Quel Costantin di cui doler si debbe La bella Italia, fin che giri il cielo. MATRE. L'usa anco l'Ar., e in antico era pur della prosa. DOTE. L' Ar.: Portane il meglio (l'impero), e fa del resto dono. Ben dice dote poichè disse marito. PRESE. E così Nicolò III facendo imp. Rodolfo, s'ebbe da lui la Romagna in dote e Bologna. PATRE! Nella Monarch.: O felicem populum, o Ausoniam te gloriosam, si nunquam infirmator ille imperii tui natus fuisset; vel nunquam sua pia intentio ipsum fefellisset! Altrove: Dicunt quidam adhuc quod Constantinus imp. mundatus a lepra intercessione Silvestri, tunc summi pontificis (Inf., XXVII), imperialem sedem scilicet Romam donavit ecclesiae, cum multis aliis imperii dignitatibus Constantinus alienare non potuit dignitatem, nec ecclesia recipere. Ecclesia omnino indisposita erat ad temporalia recipienda: per praeceptum prohibitivum expressum, ut habemus per Matthaeum. SPINGAVA. Guizzava, tirava quasi calci.

...

e l'usano nel Piemonte.

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PIOTE. Per piante, in Fazio (IV, 4),

41. ESPRESSE. Non ammezzate ma schiette, e quasi spremute dal fondo dell'anima. Virgilio nemico dell'avarizia, e cantore dell'onor d'Italia si compiace nello sdegno di Dante.

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PERÒ. Quasi in segno d'affetto.

Si. Sin che. C. XXIX, 10: Sì fu partito. — COLMO. Portarlo fin oltre il bisogno è indizio d'affetto.

SOAVEMENTE. Novellino, LX: Portarlone in braccio molto soavemente. Petr. :

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Soave per lo scoglio sconcio ed erto
Che sarebbe alle capre duro varco.
Indi un altro vallon mi fu scoverto.

Move la schiera sua soavemente.

portato.

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45.

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SOAVE. Ovid.: Dulce onus.

INDI. Di là.

-

...

VALLON. Più grande, perchè di falsi profeti, maghi, indovini,

stregoni era abondanza a que' tempi.

CANTO XX.

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ARGOMENTO.

Nella quarta gli auguri, i sortílegi, i venefici, gľ indovini. Hanno il collo e la testa volti per forza dalla parte della schiena, onde camminano a ritroso, e guardano dietro a sè, perchè vollero veder troppo davante: rovesciamento non senza continuo dolore. Altrimenti, troppo leggera sarebbe la pena.

L'erudizione qui tiene il principal luogo: la poesia qua e là, come luce sprigionata da nuvole acquose, lampeggia. Studiisi l'evidenza e semplicità dello stile. Nota le terzine 3, 8, 10, 12, 16, 17, 18, 43.

I.

2.

I.

2.

3.

Di nuova pena mi convien far versi

E dar materia al ventesimo canto
Della prima canzon ch'è de' sommersi.
I' era già disposto tutto quanto
A riguardar nello scoverto fondo,
Che si bagnava d' angoscioso pianto.
E vidi gente per lo vallon tondo
Venir, tacendo e lagrimando, al passo
Che fanno le letane in questo mondo.

CANZON. Altrove la dice cantica. Nel cerchio degl'inetti indolenti il P. trova un solo moderno; tra' lascivi, più antichi che moderni; tra'golosi, un moderno solo, e così tra gl'iracondi; tra gl' increduli, cinque moderni; tra' violenti, moderni sei, quattro antichi; tra'suicidi, quattro moderni; tra gli empii, un antico; tra'soddomiti, un antico, moderni sette; tra gli usurai, quattro moderni; traʼ ruffiani, un moderno; tra’seduttori, un antico; tra gli adulatori, un moderno e un antico; tra' simoniaci, tre papi. Da che, vediamo altre bolge essere destinate a sfogo de' suoi più caldi affetti, altre a mostra di storica e morale dottrina. La quarta bolgia ha molti dannati antichissimi, ed è piena di mitologica erudizione; che a raccoglierne tanta in quel tempo, bisognavano studii non volgari; e ad esporla sì chiaramente, rara fermezza d' ingegno.

SCOVERTO. Si scopriva a me stante nel colmo dell'arco.

3. AL. Così diciamo: a passo lento. LETANE. Per litanie (Vill., II, 13) cioè processioni, perchè a queste cantavansi le litanie.

Tómo 1.

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Come 'l viso mi scese in lor più basso,
Mirabilmente apparve esser travolto
Ciascun dal mento e 'l principio del casso
Chè dalle reni era tornato 'l volto;

E indietro venir li convenia.

Perchè 'l veder dinanzi era lor tolto.

Forse per forza già di parlasia,

Si travolse così alcun del tutto:
Ma io nol vidi, nè credo che sia.

Se Dio ti lasci, lettor, prender frutto
Di tua lezione, or pensa per te stesso
Com' i' potea tener lo viso asciutto

Quando la nostra immagine da presso
Vidi sì torta che 'l pianto degli occhi
Le natiche bagnava per lo fesso.

Certo i' piangea, poggiato a un de' rocchi
Del duro scoglio, sì che la mia scorta
Mi disse: ancor se' tu degli altri sciocchi?
Qui vive la pietà quand' è ben morta.
Chi è più scellerato di colui

Ch' al giudicio divin passion porta?
Drizza la testa, drizza, e vedi a cui
aperse agli occhi de' Teban la terra;

S'

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SCESE. Inf., IV: Ficcar lo viso a fondo.

TORNATO. Pone gl' indovini più sotto de' simoniaci, perchè qui la frode fatta al vero è più grave: il simoniaco vende le cose di Dio: l' indovino s' arroga un attributo di Dio.

PARLASIA. Per paralisia, è nel Crescenzio.

Viso. Petr. Non avrai sempre il viso asciutto.

SCIOCCHI? Inf., VII: O creature sciocche. Petr.: Non errar con gli sciocchi; Nè parlar, dice, o creder a lor modo.

VIVE. Qui è pietà non aver pietà, perchè scellerata cosa è portare le umane passioni nell'esame dei divini giudizii. Inf., XXXIII: E cortesia fu lui esser villano. Par., VI: Per non perder pietà si je spietato. Cic. (Cat.): Quae potest esse in tanti sceleris immanitate punienda, crudelitas?.. Utrum is clemens ac misericors : an inhumanissimus et crudelissimus esse videatur? mihi vero importunus ac ferreus qui non dolorem suum et cruciatum dolore nocentis et cruciatu leniverit. Eccl. (XII, 13): Quis miserebitur incantatori a serpente percusso? L'Ottimo accenna a simil passo di Giob.

DRIZZA. E'piangeva poggiato a un de' massi. — TEBAN. Anfiarao, uno de' sette che assediarono Tebe (un altro ne rincontrammo nel XIV): era indovino. V. la

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