4. 4. 5. 6. 8. 9. I' non so ben ridir com' i'v' entrai; Ma po' ch'i' fui appiè d' un colle giunto, Che m' avea di paura il cuor compunto; VERACE. Conv.: Nella vita umana sono diversi cammini, delli quali uno è veracissimo, e un altro fallacissimo; e certi men fallaci, e certi men veraci. Insiste ivi a lungo sulla medesima imagine (cap. VI). ABBANDONAI. Egli è Dante dunque che abbandona la via: l'allegoria dunque ha senso non solamente politico, ma morale. Purg., XXX: E volse i passi suoi per via non vera, Immagini di ben seguendo false. Prov. (II, 13): Relinquunt iter rectum, et ambulant per vias tenebrosas. Boet.: Ubi oculos a summae lucis veritate ad inferiora et tenebrosa dejecerint, mox inscitiae nube caligant, perniciosis turbantur affectibus. 6. GUARDA'. Psalm. CXX, 1: Levavi oculos meos in montes, unde veniet auxilium mihi. VESTITE. Virgil., VI: Lumine vestit Purpureo. Sotto figura di nuovo giorno in una lettera latina presenta Dante il venire d'Enrico in Italia. E nel Conv. chiama Dio sole spirituale e intelligibile. Eccl. (XXIII, 28): Oculi Domini ... lucidiores sunt super solem, circumspicientes omnes vias hominum, et profundum abyssi. Prov. (VI, 23): Quia mandatum lucerna est, et lex lux, et via vitae increpatio disciplinae. 7. 9. PAURA. Virg. Hoc primum in luco nova res oblata timorem Leniit: hic primum Aeneas sperare salutem Ausus. — LAGO. Così chiama anco in una canzone quella cavità del cuore ch'è ricettacolo del sangue, e che l' Harvey chiama: sanguinis promptuarium et cisterna. 11 Boccaccio dice che in questa cavità abitano gli spiriti vitali, e di lì viene il sangue e il calore che per tutto il corpo si spande. FUGGIVA. Virgil.: Animus luctu... refugit. VIVA. Virgil.: Lucos Stygios, regna invia vivis. S. Joann.: Ego sum via, veritas, et vita. Ecco perchè smarrita la via vera, egli entra in una selva amara che poco è più morte. Prov. (XII, 28): In semita justitiae vita, iter devium ... deducit ad mortem. 10. II. 10. II. 12. 13. 14. 15. 16. Poi ch' ebbi riposato il corpo lasso, Sì che 'l piè fermo sempre era 'l più basso. E non mi si partia d'innanzi al volto, Tempo era dal principio del mattino, L'ora del tempo, e la dolce stagione: Questi parea che contra me venesse BASSO. Atto d'uomo che sale, che il piè che move è sempre più alto fuor nel primo atto del movere : ma qui significa che, venendo da male a bene, il desiderio pur sempre riposa alquanto sulla memoria del passato. LEGGIERA. Stat., Th.: Effrenae lynces. Fiera del genere delle pantere, libidinosa e leggiera. Or la lussuria, nota il Boccaccio, è vizio volubile. Per la lonza si può intendere anco Firenze, leggiera mutatrice d'ordini politici, ed usa, secondo Dante, a giacere con parte guelfa. Nel Purg., XI: La rabbia fiorentina, che ora è putta. COVERTA. Virg. Maculosae tegmine lyncis. 13. DAL. Similmente il viaggio d'Enea : Primi sub lumina solis. ... riete. V. Par., I. : STELLE. L'a 14. MOSSE. Creò. Nelle Rime, dice di Dio: chi mosse l'universo. Creazione è moto, e moto è creazione; secondo Platone e san Tomaso. E il Malebranche dice che sola l'idea di Dio può far chiara l'idea del moto. BELLE. Inf., XVI: Le belle stelle. Virgil. Ver magnus agebat orbis ... quum primum ( ecco la frase quando ... da prima) lucem pecudes hausere... Immissaeque ferae silvis et sydera coelo. SPERAR. Sperar di prendere quella fiera; come più sotto: speranza dell' altezza. ALLA. Inf., XVI: Lonza alla pelle dipinta, per dalla. In quel canto egli dice che voleva con una corda prender la lonza : la pelle dunque di lei non poteva con la bellezza ispirargli speranza. Bene sperava di prenderla. Così spiegano Pietro figliuol di Dante e il Bocc. 15. L'ORA DEL TEMPO, usa anche l'Ottimo, per quel che noi diciam ora. STAGIONE. Della incarnazione del Verbo, e della creazione del mondo. Nella primavera, dice il Bocc., le forze si rinnovellano: però spera di vincere. 17. 18. 19. 20. 21. Sì che parea che l'aer ne temesse. Questa mi porse tanto di gravezza E quale è quei che volentieri acquista, piange e s'attrista; Mentre ch'i' rovinava in basso loco, 16. 17. 19. 20. 21. L'AER. V. S. Padri: Parea che non solamente le genti ma eziandio l'aere così sereno onorasse la sua sepoltura. Altrove: Credo che non solamente li tuoi orecchi ma eziandio l'aria riceva infezione da quel parlare. - TEMESSE. Amos: Leo rugiet; quis non timebit? Anche Boezio pone il leone simbolo della superbia violenta. Eccl. (XIII, 23): Venatio leonis, onager in eremo: sic et pascua divitum sunt pauperes. LUPA. Jerem.: Percussit eos leo de silva: lupus ad vesperam vastavit eos; pardus vigilans super civitates eorum. Omnis qui egressus fuerit ex eis, capietur. - MOLTE. Nel Purg., XX, chiama l'avarizia antica lupa. S' intenda dunque per la lupa, e l'avarizia e la corte di Roma, sozzamente, secondo lui, avida di beni terreni. Così per il leone, e la regia superbia, e la superba Francia, e Carlo di Valois che nel VI del Paradiso è chiamato leone. Salomone ne' Proverbii (XIX, 12): Sicut fremitus leonis, ita et regis ira.......(XX,2): Sicut rugitus leonis, ita et terror regis. GRAME. Nella Volg. El. dice tutti quasi i principi del tempo suo seguitatori d'avarizia. Che altro, dic' egli nel Conv., maggiormente pericola e uccide le città, le contrade, le singolari persone, tanto quanto lo nuovo raunamento d'avere? Eccl. (VIII, 3): Multos perdidit aurum et argentum, et usque ad cor regum extendit et convertit. Seneca cit. dall' Ott. (II, 367): L'avarizia recò povertade; e molte cose desiderando tutte le cose perde. Eccl. (XXXI, 6): Multi dati sunt in auro casus. PENSIER. Più forte nelle Rime (1. II, son. 6): Mi pianse ogni pensiero Nella mente dogliosa. PACE. Nel Conv. dimostra le ricchezze essere d'inquietudine perpetua cagione. - TACE. Jerem.: Neque taceat pupilla oculi mei. Virgil.: loca nocte silentia late... Silentia lunae. Sap. (V, 6): Erravimus a via veritatis, et justitiae lumen non luxit nobis, et sol intelligentiae non est ortus nobis. Eccl. (XXI, 11): Via peccantium :... in fine illorum inferi et tenebrae et poenae. OFFERTO. Virg.: Mihi se se oculis ... videndam obtulit. — Fioco. O com'om 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. Quand' i' vidi costui nel gran diserto: Qual che tu sii, od ombra, od uomo certo. E li parenti miei furon lombardi, E mantovani per patria ambidui. Nacqui sub Julio, ancor che fosse tardi, Poeta fui, e cantai di quel giusto Ma tu perchè ritorni a tanta noia? Oh degli altri poeti onore e lume, 22. 23. 24. 25. 28. bra: : e a quel modo Virgilio dell'ombre disse: pars tollere vocem Exiguam. O perchè Virgilio e le antiche lettere da lungo tempo tacevano, taceva la scienza naturale, che Dante stimava aiutatrice alla scienza divina. Cosi in Armannino, guidatrice d' un viaggio simbolico è la poesia in forma d'antica donzella, perchè anticamente fu più onorata che oggi. DISERTO. Deserto in una lettera latina e' chiama l'Italia alla mano de' 'Guelfi. QUAL CHE. Virg.: O quam te memorem, virgo? namque haud tibi vultus Mortalis, nec vox hominem sonat. O Dea certe... Sis felix, nostrumque leves quaecumque laborem. CERTO. Reale. Virg.: Deúm certissima proles. LOMBARDI. Rammenta il gran Lombardo, Parad., XVII. Scaligero, speranza di Dante e dell'Italia ghibellina. E ghibellina era gran parte di Lombardia. JULIO. Formola non usata se non dopo la dittatura di Cesare: e Virgilio nacque prima di quella. Onde dice: ancorchè più tardi, e tardi a quel ch'e' meritava, avesse il titolo di dittatore di Roma. L'Ottimo intende ch'e' nascesse al tempo di G. Cesare, quasi nella fine del suo imperiato. GIUSTO. Virgil.: Aeneas, quo justior alter Nec pietate fuit. E Dante cita questo verso nella Monarchia. - VENNE. Virg. : Trojae qui primus ab oris Italiam ... venit. SUPERBO. Virg.: Ceciditque superbum Ilium. LUNGO. De' suoi lunghi studii parla e nel XXV del Par., e nella lettera a chi gli offriva di tornare per via disonorevole in patria. 29. 30. 31. 32. 29. 30. 31. 32. 33. 34. Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore; Lo bello stile che m' ha fatto onore. Vedi la bestia per cu' io mi volsi. Molti son gli animali a cui s' ammoglia; AUTORE. Cic. (Or., III): Non intelligendi solum sed etiam dicendi maximus auctor et magister Flato. Virgilio fù maestro ed autore a Dante, di stile assai più che d'idee. STILE. N'avea fatto prova nella V. Nuova, nelle Canzoni, nelle Egloghe. Non dice imitai, dice tolsi; ch'è meno, insieme, ed è più. Nelle Prose lo cita spessissimo. Monarch. (p. 16, 33 e seg.; 42, 45, 47, 50). Ma Dante, ben nota il sig. Tissot, nell'imitazione stessa è pieno d'ardimento; timido nelle sue imitazioni è Virgilio (Ét. sur Virg. ). POLSI. V. Nuova: Lo spirito della vita incominciò a tremar si fortemente, che appariva nelli menomi polsi ..... TENERE. Virg.: Quove tenetis iter? - ALTRO. Boet.: Tu quoque falsa tuens bona prius Incipe colla jugo retrahere: Vera dehinc animum subierint. UCCIDE. Boezio, studiato da Dante, paragona l'avaro ad un lupo. 33. RIA. Malvagia è meno di ria. Malvagio chiama Dante un cammino (Inf., XXXIV); ed è voce che s'applicava a tutti gli oggetti corporei, come il francese mauvais.-EMPIE. Prov. (XVII, 16): Nec avarus impletur pecunia. Boet.: Opes inexpletam restinguere avaritiam nequeunt. - FAME. Virgil. : Auri sacra fames. Horat.: Majorumque fames. 34. MOLTI. L'avarizia s'accoppia a molti vizii : e l' avara corte di Roma, dice altrove Dante, puttaneggia co' re (Inf., XIX); e ha drudi feroci (Purg., XXXII). VELTRO. Cane della Scala, chiamato Catulus in una profezia di Mich. Scotto, notata da G. Vill.; al qual Cane il P. indirisse il Paradiso con lettera, dov'è resa ragione dell'intero poema. Di lui parla nel XVII del Paradiso, e n'augura cose incredibili a queglino stessi che le vedranno. Poi l'elogio di quel canto con le parole di questo corrisponde a capello. - MORIR. Ne' Fatti d'Enea, testo antico pubblicato dal sig. Gamba, a p. 83 si legge: Dante profetizza di quel veltro che debbe cacciare la lupa d'Italia, cioè l'avarizia e la simonia. |