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brevità e sufficienza (due parole, come vedete, di non piccol vanto) e con diversità in più luoghi dagli altri Comentatori. Or io vi dico che tutto ciò troverete mantenervisi puntualmente: anzi che quanto all'ultimo, vi so dire che si mantiene assai più di quello che pos siate avvedervi dal leggere questo solo comento, e senza rincontrarlo cogli altri: per la qual cosa non avete a credere che dovunque non si citano e si rigettano le interpretazioni o di Benvenuto da Imola, o di Cristoforo Landino, o di Alessandro Vellutello, o di Francesco Buti, o di Bernardino Daniello ec. noi ci accordiamo sempre nell' interpretare con esso loro. Addio brevità, se sempre avessimo voluto mostrare dove altri chiosano diversamente, e confutare l'altrui e sostenere la propria sentenza. Troppi più dunque di quelli che si citano, sono i luoghi ne' quali, bene, o male che facciamo, interpetriamo diversamente dagli altri: da i quali inoltre ci diversifichiamo, massime in due altre notabili propieta: la prima, che non trapassiamo mai la difficoltà, dissimulandola senza nè pur farne motto (goffa, e sgradita disinvoltura di molti comentatori) tal che non avrete mai a dolervi, che sultiamo il fosso, se pure non sarà un fosso da pigmeo: la seconda, che dove sta bene il farlo, non lasciamo d' avvertire il Lettore de' sentimenti del Poeta, talora non

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ben conformi alla più sana dottrina, e molto meno alla riverenza dovuta ai Pontefici romani. Non già che sia nostro assunto di far eiò ad ogni passo che meriti per qualunque titolo disapprovazione; ma per ordinario si farà solamente, dove s'apprenda pericolo di qualche inciampo e scandalo de' pusilli: ben sapendosi, non ogni sentimento anche reprobo che si legga in qualsivoglia scrittore, essere scandaloso, e in fatti pernicioso: altrimenti, come si permetterebbe nelle scuole cattoliche la lettura, e lo studio dell'opere, per esempio di Cicerone e di Virgilio, e generalmente degli scrittori pagani, maestri della massima empietà cioè del politeismo, e non per questo scandalosi? Per la qual cosa coloro che si presero la cura lodevole di spugare, massime in riguardo della gioventù gli antichi Poeti latini, ne tolsero ciò che offendeva la pudicizia, non ciò che offendeva la S. Fede, benchè le offese di questa sono da impedirsi con maggior zelo; perciocchè saggiamente s'avvisarono, che nella lettura di que’libri comunemente la prima virtù, non la seconda pericola. Vid. Theophil. Raynaud in Erotemat. Sarebbe certamente un' ingiuriosa censura di chi ardisse di riporre Dante col suo poema in cotal ruolo, mentre egli apparisce in quest'opera, non pure ben fermo nella Fede Cattolica, ma animato eziandio di sensi di

gran pietà: ma ciò non ostante essendo egli uno scrittore di tanta autorità, per questo stesso, dov' egli come uomo scorre in qualche senso in riguardo ai lettori pusilli pericoloso, si è stimato bene di porvi accanto il suo rimedio. E questo ben vedo essere un purgante da recar nausea e disturbo allo stomaco di più d'uno: ma se di sua natura e in riguardo alla moltitudine egli è certamente salutifero, conveniva pure ammanni lo e tenerlo liberamente esposto a pro del pubblico: che nessun protomedico sbandi mai dalle spezierie il rabarbaro, perchè sapeva esser contrario ai ti sici e agli asmatici. Nettiamo noi pure la Vita di Dante, ma troverete nel comento tutte quelle notizie della sua vita, che sono necessarie o utili all'intelligenza del poema. Ab. biamo seguito l'edizione autorevole della Crusca, secondo l'esattissima ristampa fatta in Padova da Giuseppe Comino; ma pure abbiam talora variato qualche poco nell'interpunzione, massime togliendo alcune virgole importune, mentre anche a giudizio dell'eruditissimo Sig. Volpi che soprantese alla detta ristampa, le vi sono di più. e solo vagliono a infrascare il senso. Sarà poi ben fortunata quest' opera, se abbandonata dall' autore quasi alla ventura. come figliuolo esposto, troverà chi per pietà la raccolga, e metta all' onor del mondo, stampandola con quella som

ma esattezza e lindura che richiede la natura dell' opera e il gusto fastidioso del nostro secolo. Ma quanto all' autore, una sola cosa mi giova di farne sapere. Egli, siccome gode di rimanere incognito e non si cura di far acquisto d'alcun bene temporale col dare alle stampe la sua fatica, avendo pure desiderato che si pubblicasse, perchè ha creduto, che ciò riuscirebbe di servizio di Dio, così poi ha fermato nel suo animo di dover essere come morto, non che mutolo, sordo e insensibile a qualunque sinistro possa accadere a quest'opera. Giovagli però d' avvertire amichevolmente ogni Aristarco, che lasci d' entrare in questo aringo, perchè non vi troverebbe rincontro, sicchè, quando pur voglia far prova del suo valore, farà per avventura miglior senno a rimettere la lancia in resta e spingersi per tra banda, mentre questo pover uomo o per suo scanso, o per suo ripare si vale e s'investe del sentimento di colui:

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al

Virus habe; nos haec novimus esse nihil.

DI DANTE

SCRITTA

DA LIONARDO ARETINO.

maggiori di Dante furono in Firenze di molto amtica stirpe, intantochè lui pare volere in alcuni luoghi i suoi Antichi essere stati di quelli Romani, che posero Firenze. Ma questa è cosa molto incerta, e, secondo mio parere, niente è altro che indovinare. Di quelli, che io ho notizia, il tritavolo suo fu Messer Cacciaguida, Cavalier Fiorentino, il quale militò sotto l'Imperador Currado. Questo Messer Cacciaguida ebbe due fratelli, l'uno chiamato Moronto, l'altro Eliseo. Di Moronto non si legge alcuna successione, ma da Eliseo nacque quella famiglia nominata gli Elisei; eforse anche prima avevano questo nome. Di Messer Cacciaguida nacquero gli Aldighieri, così nominati da un suo figliuolo, il quale per stirpe materna ebbe nome Aldighieri. Messer Cacciaguida, e i Fratelli, e í loro Antichi abitarono quasi in sul canto di Porta San Piero, dove prima vi s'entra da Mercato Vecchio nelle case, che ancora oggi si chiamano degli Elisei, perchè a loro rimase l'eredità. Quelli di Messer Cacciaguida, detti Aldighieri, abitarono in su la piazza dietro a San Martino del Vescovo, dirimpetto alla via, che va a casa i Sacchetti; e dall'altra parte si stendono verso le case de'Donati, e de'Giuochi. Nacque Dante nelli anni Domini 1265. poco dopo la tornata

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