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A GIOSUE CARDUCCI

236777

A 3

E6

1897

MAIN

MAESTRO !

All'Italia nostra pensavo (non sembri superbo dire ciò che sarebbe empio negare) nel curare questo volume e nel cominciare questa collezione: all'Italia e alle scuole classiche di cui è uffizio serbare, per così dire, il generoso fermento speciale del pensiero e del carattere italico. Soccorrere quelle scuole, con volere lungo se corto è il potere, mi parve cosa supremamente utile alla patria. Ora io mi do a credere che questo libro e gli altri che seguiranno, possano essere un buono aiuto ai bravi miei colleghi e agli alunni, perchè, in primo luogo, in essi è e sarà più ampia materia di studio, e lo studio quindi ne è per essere come più proficuo così più agevole, come più serio così più dilettevole; e in secondo luogo, perchè lo studioso si sentirà più attratto alla lettura del testo, la quale egli veda a ogni tratto avere occupato meravigliato, commosso, vinto insomma, l'autore del commento. Se io ho potuto fare apparire nelle mie po.vere note qualche sorriso o qualche lagrima dei tanti e delle tante che mi esprime il sempre fiorente Vergilio, credo di aver fatto assai. Credo invece che per la scuola, almeno per la scuola italiana, non facciano assai quei commentatori o tedeschi o italiani che premono l'orme dei tedeschi (non dico tutti i tedeschi nè tutti gli ita

liani: molto ci corre!), i quali presentino gli scrittori greci e latini come complessi problemi grammaticali o, concediamo, filologici. So bene che essi intendono lasciare al maestro la parte che omettono: dice il Wagner, acuto critico e illustratore di Vergilio: Quod aptum, venustum, egregium quoque loco sit aut contra, explicare... vel iudicio legentis vel magistri vivae voci relinquendum. Nulla in vero più noioso e ridicolo che le esclamazioni a piè di pagina di certi buoni commentatori. Sembrano essi 'ombre' del convivio di quelle che si mettevano all' imo nei letti tricliniari, che di laggiù gridino, come l'amico di Orazio, Pulcre, bene, recte! Non di questi voglio essere io, ma nel tempo stesso non approvo che si neghi al discepolo o al maestro il concorso della propria commozione, dicendo, con garbo, di questa anche qualche perchè. Piuttosto, sì al discepolo sì al maestro lascerei, se qualche cosa si ha da lasciare, le notè grammaticali e altre. Non rischio, lasciando queste, che l'uno o l'altro credano che io le ignori; nascondendo quella, temerei di dare cattivo esempio all'uno e di avere mala voce dall'altro.

Il proposito di circondare lo scrittore grande (in questo libro Vergilio con l'Eneide) de' suoi maggiori e minori, mi ha costretto e mi costringerà a mutilare l'opera grande che sopra tutte sarebbe desiderabile fosse conosciuta per intero. Ma io penso che, oltre la scuola, il giovine alunno ha la casa, e che dalla casa in cui non sia in nitido scaffale una buona edizione almeno di Vergilio e di Dante, male il giovinetto muove alla scuola, la quale per il suo padre e per il suo avo o non aperse prima la porta, o la chiuse poi con dispetto. Non offen-" dano queste parole qualche nobile spirito (io ne ho conosciuti e ammirati e amati) che non abbia trovato nella sua casa povera nè libri nè scaffali: egli vi trovò tuttavia occhi di madre più persuasi e persuasivi, più ricchi di lode e di ammirazione al suo partire per la

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