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Qualis saepe viae deprensus in aggere serpens,
Aerea quem oblicum rota transiit aut gravis ictu
Seminecem liquit saxo lacerumque viator;
Nequiquam longos fugiens dat corpore tortus,
Parte ferox ardensque oculis et sibila colla
Arduus attollens, pars volnere clauda retentat
Nixantem nodis seque in sua membra plicantem:
Tali remigio navis se tarda movebat;
Vela facit tamen et plenis subit ostia velis.
Sergestum Aeneas promisso munere donat
Servatam ob navem laetus sociosque reductos.
Olli serva datur, operum haut ignara Minervae,
Cressa genus, Pholoe, geminique sub ubere nati.

*

(122). Pensava il P. alla gens Sergia, di cui fu Catilina, la quale si faceva discendente dai troiano Sergesto?

273-85 Qualis: Lucr. iii 655-61

Quin etiam tibi si, lingua vibrante, minanti
Serpentem cauda, procero corpore utrimque,
Sit libitum in multas partis discidere ferro,
Omnia iam sorsum cernes ancisa recenti
Volnere tortari et terram conspargere tabo,
Ipsam seque retro partem petere ore priorem, 660
Volneris ardenti ut morsu premat icta dolorem.

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saepe: nelle comparazioni come olim:i
148. viae... in aggere in via, quae
aggere constat. transiit, i codd. tran-
sit, suggerito forse da saepe non ben
inteso. gravis ictu con un forte col-
po'.
retentat lo ritiene .- Nixantem
che punta'. - tarda: iii 310. - facit
'ha spiegate': linguaggio proprio.
tamen: sebbene non possa andare a re-
mi. - et p. s. o. velis: i 400. datur:
ultima lunga in arsi e cesura. ope-
rum...Minervae: filare e tessere: partico-
lare omerico. genus: acc. alla greca.
LA CORSA A PIEDI (286-361 omessi).
Tutti si avviano a una bella piana erbosa
cinta da colli selvosi. [La piana era la
cavea, i colli le praecinctiones]. Enea in-
vita quelli che si vogliono provare nel
nuovo cimento. Concorrono Niso ed Eu-
ryalo, per primi, amici affettuosi, Diores,
Salio [un Arcade, donde i Salii: Fest. ad
h. v.] Patron [uno di quelli, cui Heleno
diede a guida: Dion. A li] due Siculi,
Helymo [vedi 73 e nota a 36] e Panopes,
e molti altri. Enea promette a tutti un
dono comune: due lucide saette di ferro
levigato, e una scure a due tagli, con
cesellature d'argento. I tre primi a-
vranno una ghirlanda d'olivo; e il primo
un cavallo con belle borchie, il secondo
una faretra con una cintura dorata dalla
fibbia fornita d'una gemma tonda e li-

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scia, il terzo un elmo greco. Al segnale i corridori si lanciano e paiono un nembo, intenti alla meta. Niso sopravanza tutti; secondo, ma a distanza, Salio; quindi Euryalo, dietro Euryale Helymo incalzato da Diore. Già erano alla meta, quando Niso, che era il primo, sdrucciolò sul sangue dei giovenchi macellati, non si resse, cadde. Ma si ricordò di Euryalo, e sollevandosi si pose contro a Salio, che cascò disteso. Primo adunque giunse Euryalo. Salio grida e protesta. Euryalo, il giovanetto, piange. Diore lo appoggia. Ed Enea per metter pace, aggiunge un dono a Salio, una pelle di leone con le unghie dorate. Niso allora si avanza tutto imbrattato e chiede si riconosca la sua disgrazia. Enea contenta anche lui con uno scudo rapito ai Danai.

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( 740-97: simile la gara di Aiace e Odysseo a quella di Niso e Salio; Aiace sdrucciola. Antilocho ottiene una giunta al premio con una lode ad Achille). Enea IL PUGILATO (362-484 omessi). invita al pugilato. Premio al vincitore, un giovenco con le corna indorate e con bende; al vinto, per consolazione, una spada e un elmo. Subito si avanza Dares, noto per essere stato emulo di Paride e aver quasi ucciso Bute, discendente di Amyco. Nessuno osa venir a prova con lui, che si atteggia e snoda: sì che prende con la sinistra un corno del toro, e domanda a Enea che gli sia lecito menarselo via. Ma qui Aceste si volge a un suo vicino, il vecchio Entello [vedi nota a 36], che aveva appreso l'arte da Eryce, grande pugile, vinto soltanto e ucciso da Ercole. Ma Entello, diffidando di sè per l'età, tuttavia getta nel mezzo due cesti (caestus) massicci di cuoio e ferro, che erano stati di Eryce. Darete

Protinus Aeneas celeri certare sagitta
Invitat qui forte velint, et praemia dicit,
Ingentique manu malum de nave Seresti
Erigit et volucrem traiecto in fune columbam,
Quo tendant ferrum, malo suspendit ab alto.
Convenere viri, deiectamque aerea sortem
Accepit galea; et primus clamore secundo
Hyrtacidae ante omnis exit locus Hippocoontis.
Quem modo navali Mnestheus certamine victor
Consequitur, viridi Mnestheus evinctus oliva.
Tertius Eurytion, tuus, o clarissime, frater
Pandare, qui quondam, iussus confundere foedus,
In medios telum torsisti primus Achivos.

ricusa di provarsi con quelli, ed Entello, dopo un ricordo della grande lotta di Eryce ed Ercole, acconsente a lottare, con cesti però dati a tutti e due da Enea. Ecco si presentano, ritti sulle punte dei piedi, alzano i pugni, rovesciano la testa indietro e cominciano. Dares è più snello, perchè più giovane; Entello più robusto, ma indebolito dalla vecchiaia. Dares attacca Entello, come una piazza forte, cercando or questo or quello adito e assaggiandola con assalti varii e vani, Un tratto, Entello dà un colpo tremendo, Dares sguiscia col corpo, e il vecchio cade, come un pino marcio nei monti. Grida d'ogni parte. Ma egli si rizza e per la vergogna inferocito si scaglia su Darete, senza dargli mai posa, tempestandolo, finchè Enea pone fine alla pugna, consolando Darete della sconfitta: Darete che viene portato via barcollante e malconcio col dono a lui dovuto. Entello allora, in mezzo a tutti, per dar prova della sua vecchia forza, scaglia i cesti tra le corna del toro; e il toro, mazzolato, piomba a terra (Sternitur, examinisque tremens procumbit humi bos). Offre quella vittima a Eryce e dichiara di deporre l'arte del pugile.

(653-99: premi, una mula e una coppa. Epeo somiglia hel vanto a Darete, non nell'esito, che è vittorioso. Cf. anche o 66-70, e Apoll. Rb. II 67-97.)

L'ARCO (485 544). Ed Enea invita alla gara dell'arco. Pone ritto un albero da nave, e legata per un piede vi appende una colomba. Sono sorteggiati i gareggiatori, primo Hippocoonte, poi Mnestheo, il secondo nella gara navale, terzo Eurytion, fratello di Pandaro, ultimo Aceste, che si volle provare tra i giovani. Curvano gli archi, prendono le frecce dalle faretre. Hippocoonte tira la freccia stridente, che non colpisce se

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non l'albero. La colomba starnazza e svola, atterrita, Mnestheo tira a sua volta, seguendo con l'occhio la freccia: non colpisce la colomba, ma taglia la fune. E la colomba si alza nel cielo. Allora Eurytion, che era già pronto, scoccò l'arco e ferì tra le nuvole l'uccello che venne giù con la freccia infissa nel corpo. Rimaneva Aceste: esso scoccò pur l'arco, forte, e, prodigio che fu segno di grandi fatti, la saetta prese fuoco, segnò un'orma luminosa e dileguò consunta. Enea, per l'importanza dell'augurio, dà ad Aceste il premio, un cratere che Cisseo donò ad Anchise, e il lauro. Nè Eurytion si lagna e gli altri hanno anch'essi il loro dono.

(850-83: premi, dieci bipenni a chi colpisca la colomba, dieci mezze-bipenni a chi tagli la fune. Teucro taglia la fune, Merione uccide la colomba per aria).

485-99 certare: ad certandum, in prosa. Ingenti... manu: il comune omer. χειρι παχείη ο στιβαρή: meglio Servio però, magna multitudine. -malum... Erigit: 852 e seg. Un albero rizzò di nave, a scura prua, Lungi nella sabbia, e a quello una timida colomba Con sottil funicella legò per un piede, e a quella disse di trarre'.

traiecto

passato attorno' al suo piede, - sortem sqq. 661 Le sorti in un elmo di bronzo scossero, dopo averle prese ': cfr. I'316, 324,206. Quali fossero queste sorti, di cui ogni eroe sognava la sua, vedi in H 177. secundo: il popolo gli era favorevole. Hyrtacidae, come Niso il corridore: ix 177.- Mnestheus, ripetuto: epanafora.cliva: 110, 269. - Pandare: il saettatore di Lycia, che mandò a monte (ovyzéɛir, confundere) i patti tra Greci è Troiani, ferendo Menelao: 4 86-147. iussus: persuaso da Athene

Extremus galeaque ima subsedit Acestes,
Ausus et ipse manu iuvenum temptare laborem.
Tum validis flexos incurvant viribus arcus
Pro se quisque viri et depromunt tela pharetris.
Primaque per caelum nervo stridente sagitta
Hyrtacidae iuvenis volucris diverberat auras;
Et venit adversique infigitur arbore mali.
Intremuit malus timuitque exterrita pinnis
Ales et ingenti sonuerunt omnia plausu.
Post acer Mnestheus adducto constitit arcu,
Alta petens, pariterque oculos telumque tetendit.
Ast ipsam miserandus avem contingere ferro
Non valuit; nodos et vincula linea rupit,
Quis innexa pedem malo pendebat ab alto;
Illa notos atque alta volans in nubila fugit. -
Tum rapidus, iandudum arcu contenta parato
Tela tenens, fratrem Eurytion in vota vocavit,
Iam vacuo laetam caelo speculatus, et alis
Plaudentem nigra figit sub nube columbam.
Decidit exanimis vitamque reliquit in astris
Aeriis fixamque refert delapsa sagittam.
Amissa solus palma superabat Acestes;
Qui tamen aerias telum contorsit in auras,
Ostentans artemque pater arcumque sonantem.
Hic oculis subitum obicitur magnoque futurum
Augurio monstrum: docuit post exitus ingens,
Seraque terrifici cecinerunt omina vates.

sotto l'aspetto di Laodoco. Per l'apo-
strofe, vedi per es. in 4 127: Nè di te,
o Menelao, gli dei beati si dimentica-
rono '
subsedit restò in fondo ';
perchè le sorti si facevano balzar fuori
a una a una, scotendo l'elmo: Oops,
saltò, balzò, λños: H 182.
500-6 flexos incurvant: flectunt e così
incurvant. Pro se quisque ognuno a
suo potere '. -- arbore mali: 52. - ti-
muit... pinnis: mostrò col battere delle
ali il suo timore. Ora cf. Enn. I fr. xlviii
12, e vedi se ore timebat dei codd. non
sia la lezione giusta. - ingenti... plausu:
dello starnazzare. Pare un po' troppo: 0
c'è chi intende del plauso della folla.

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507-12 adducto tirato a sè, petto. - miserandus: come se alcun Dio gli avesse invidiata la vittoria: 865 e segg. La colomba egli mancò, chè glielo invidiò Apollo. Ma e' la funicella colpì al piede, dove era legata la colomba; In vero via la fune tagliò l'agra

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Namque volans liquidis in nubibus arsit harundo
Signavitque viam flammis tenuisque recessit
Consumpta in ventos, caelo ceu saepe refixa
Transcurrunt crinemque volantia sidera ducunt.
Attonitis haesere animis superosque precati
Trinacrii Teucrique viri, nec maximus omen
Abnuit Aeneas, set laetum amplexus Acesten
Muneribus cumulat magnis ac talia fatur:

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Sume, pater; nam te voluit rex magnus Olympi
Talibus auspiciis exortem ducere honores.
Ipsius Anchisae longaevi hoc munus habebis,
Cratera impressum signis, quem Thracius olim
Anchisae genitori in magno munere Cisseus
Ferre sui dederat monimentum et pignus amoris'.
Sic fatus cingit viridanti tempora lauro
Et primum ante omnis victorem appellat Acesten.
Nec bonus Eurytion praelato invidit honore,
Quamvis solus avem caelo deiecit ab alto.
Proximus ingreditur donis qui vincula rupit,
Extremus volucri qui fixit harundine malum.

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525-38 liquidis: 217.—nubibus=aere. arsit prese fuoco. viam: la via al cielo. Cf. ii 697. saepe: 273. refixa 'staccate, divelte": le stelle si credevano attaccate: iv 482. crinem... quella che noi chiamiamo coda: Lucr. ii 207: longos flammarum ducere tractus. — haesere restarono dubbiosi '.- nec... omen Abnuit Aeneas 'ma Enea non ricusò l'augurio'. Quale augurio? Quello di venire in cielo. È dunque augurio sì d'immortalità e sì di morte. Enea deve presto morire, nè godere della sua vittoria su Turno, ma lasciare il posto a Iulo Ascanio. Ma Enea e Iulo sono anche quasi il simbolo di Caesar e Augustus; e il segno di Aceste è come il prenunzio della stella che per sette giorni apparve durante i ludi che Ottaviano fece a Venere Genitrice, la stella che fu poi il Iulium sidus (Hor. C I xii 46), il Dionaei Caesaris astrum (Verg. ecl. ix 47), che fu creduta l'anima di Cesare assunto in cielo, e perciò nella sua statua si pone sul capo una stella (Suet. Caes. lxxxviii). Ora come essa stella era il segno della morte e dell'apoteosi di Enea e di Cesare, così era il simbolo della potenza di Julo e d'Augusto e più in generale della gens Iulia, Giova ricordare il portento narrato in ii 682 e segg., e metterlo in relazione con alcuni tratti della vita d'Augusto, col sogno per es. del suo padre che sognò da Atia iubar

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solis exortum (cf. lxxix: gaudebat..., si
quis sibi acrius contuenti, quasi ad ful-
gorem solis vultum submitteret); e altri,
che sono in Suet. Aug. civ. -exo1-
tem sebbene escluso dalla sorte', che
ti rubò il premio: 498.
in pro.
Cisseus, re de' Thraci, padre di Ecuba.-
Ferre... dederat : 248, 462.

539-44 lauro: come a Cloantho: 246. - praelato preferito al suo.- Quamvis... deiecit: Hor. C. I xxviii 11: quamvis... nihil... concesserat; e così nei poeti e negli scrittori di prosa da Livio in giù. Proximus... donis, come proximus laude: Heyne seguendo Servio, donis ad dona; Cerda incedit cum donis. LUDUS TROIANUS (545-603).

Prima di licenziare gli spettatori, Enea chiama l'Epytide, l'aio di Ascanio, e gli commette di farlo venire con la squadra de' fanciulli. Il piano è fatto sgombrare. Vengono tra l'ammirazione di tutti: una ghirlanda sulla galea, due aste in mano, alcuni le faretre, tutti un monile al collo. Sono tre turme con tre condottieri, in ogni turma dodici giovinetti. Priamo, figlio di Polite, Atys, Iulo sono i condottieri, su graziosi cavalli. A uno schiocco di frusta dell' Epytide, le due righe. che facevano le tre turme divise ognuna in due drappelli e procedenti a due per due l'una dopo l'altra, galoppano in direzione contraria, poi ritornano l'una contro l'altra, e così più volte, e si mettono in

At pater Aeneas nondum certamine misso
Custodem ad sese comitemque inpubis Iuli
Epytiden vocat, et fidam sic fatur ad aurem:
Vade age et Ascanio, si iam puerile paratum
Agmen habet secum cursusque instruxit equorum,
Ducat avo turmas et sese ostendat in armis,
Dic' ait. ipse omnem longo discedere circo
Infusum populum et campos iubet esse patentis.
Incedunt pueri, pariterque ante ora parentum
Frenatis lucent in equis, quos omnis euntis
Trinacriae mirata fremit Troiaeque iuventus.
Omnibus in morem tonsa coma pressa corona;
Cornea bina ferunt praefixa hastilia ferro,
Pars levis umero pharetras; it pectore summo
Flexilis obtorti per collum circulus auri.
Tres equitum numero turmae ternique vagantur
Ductores; pueri bis seni quemque secuti
Agmine partito fulgent paribusque magistris.
Una acies iuvenum, ducit quam parvus ovantem,

cerchio, e fuggono e si assalgono e ri-
fanno la pace. Le loro evoluzioni sem-
brano l'inestricabile errore del laberin-
to, essi paiono delfini che ruzzino nel
mare. Questo ludo Ascanio celebrò alla
fondazione di Albalonga e lo insegnò ai
Latini. Dagli Albani lo prese Roma e così
anche oggi si celebra in onore di An-
chise, e si chiama Troia, e la squadra si
dice agmen Troianum.

-

545-52 certamine: i gareggiatori e gli spettatori. - custodem comitemque: ai giovanetti Romani che si davano alla milizia, i genitori assegnavano un aio, custos, che lo accompagnasse e reggesse nel primo anno. Epytiden: P 322 e segg. ma Apollo stesso Incitò Enea, nel corpo a Periphante simile, Araldo, figlio di Epyto, che a lui presso il padre vecchio Facendo l'araldo invecchiava". Vade age: iv 223. cursus... equorum = equos: ii 235 e altrove, Georg. i 59, ii 155. - avo al suo nonno?, Anchise, per fargli onore.- Infusum che vi si era introdotto ". patentis ⇒ vacuos, apertos.

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553-59 Incedunt sqq. Il ludus Troiae o Troiae decursio o semplicemente Troia, narra Plutarcho (Cat. Min. 3) che fu già celebrato da Sulla. Poi dagli imperatori, specialmente della gens Iulia, fu messo in molto onore. Augusto (Suet. Aug. xliii) Troiae ludum edicit frequentissime, maiorum minorumque delectu, prisci decorique moris existimans clarae stirpis indolem sic notescere. Il P. ne dà qui

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l'origine eroica. Poichè egli lo vuol nato in occasione di funebri, si può supporre che in funerali fosse fatto. fremit cum favore prosequitur.—tonsa... corona: ghirlanda, di cui le foglie troppo sparte e sporgenti erano cimate. -coma pressa avevano anche la galea: 673, e vedi nota seguente; quindi la ghirlanda non premeva i capelli se non in apparenza. Cf. vi 751 Fronde super galeam et felici comptus oliva, bina... hustilia: Baebius Macer dicit a Caesare Augusto pueris, qui luserunt Troiam, donatas esse galeas et bina hastilia, ad quod Virgilium constat alludere. - levis: 91.- pectore summo... per collum: circonda il collo e scende al sommo del petto.

560-74 terni... Ductores: uno ogni turma: Priamo, Aty, lulo. E ciò riferendosi alle tre parti primitive del popolo Romano, Tatiensi, Ramnensi, Luceri. bis seni: dodici, divisi in due drappelli, agmine partito. paribusque magistris: s'intende, pari di numero; ma a chi? Tra loro, dice alcuno: due ogni turma. A me parrebbe, ai ductores; sì che ogni turma abbia il suo ductor e il suo magister, alludendo con questo, come opina Servio, agli equitum magistri. iuvenum: questo ludus era spesso di due turme sole (Suet. Caes. xxxix e Tib. vi) maiorum (da 14 a 17 anni) minorumque (sotto i 14) puerorum: cf. altro passo di Suetonio al 553. Qui pare che iuvenes chiami i maiores sotto la guida del nepote di Priamo. parvus... Priamus;

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