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e pieno di dignità. Aveva il viso lungo, il color bruno, il naso grande ed aquilino, gli occhi alquanto grossi, ma pieni d' espressione e di fuoco, il labbro inferiore sporgente infuori, la barba ed i capelli neri, folti e crespi ; d' ordinario l'aria pensosa e malinconica. Varie medaglie coniate in suo onore, che adornano i gabinetti de' curiosi, ed un gran numero di ritratti, tanto in marmo che in tela, che si trovano in Firenze, sono tra lor similissimi, ed annunciano tutti lo stesso carattere. Le sue maniere erano nobili e gentili: il contegno e 'l tuono sdegnante che gli si rimprovera non gli eran certo naturali, e se mai n' ebbe, ciò per lo meno non fu che in seguito delle disgrazie ; mentre un' ingiusta persecuzione può ben produrre questo effetto in un' anima anche sublime,

Dante studiava e lavorava molto, parlava poco, ma erano le sue risposte piene di senso e di finezza. Dilettavasi della solitudine, lontano dalle conversazioni comuni, di continuo applicato ad aumentare le conoscenze, ed a perfezionare il talento; si lasciava sorprendere in distrazioni frequenti, massime allora che qualche studio occupavalo. Entrato in Siena nella bottega d'uno speziale, vi trovò un libro che cercava da lungo tempo. Misesi a leggerlo appoggiato su d'una panca innanzi la bottega, e con tale attenzione, che restò immobile nel medesimo luogo dal mezzogiorno sino alla sera. Non si accorse nè meno del grande strepito e del movimento cagionati dal corteggio d' un

matrimonio, o, secondo Boccaccio, d' una pubblica festa che incontrossi a passare per là.

Egli è difficile, nella distanza in cui siamo, di giudicare tralla sua patria e lui. Egli è certo ch' ei l'amò svisceratamente, che la servì a tutt' uomo e con risico della vita è ancor certo che ne fu ingiustamente bandito, e per averla voluta sottrarre al giogo d' un principe straniero. Debbesi perdonare il resto alle passioni ed ai risentimenti da cui gli spiriti i più saggi, in simili circostanze, san liberarsi così di rado.

Dotato d' un genio vasto, d' uno spirito penetrante e d'una immaginazione ardente, unì egli a conoscenze estese una vivacità di pensieri, una profondità di sentimento, un' arte d' adoperare con nuova maniera espressioni comuni, e d'inventarne ancora, un talento di pingere e d' imitare, uno stile serrato, vigoroso, sublime, che, malgrado i difetti del tempo in cui visse, gli anno sempre serbato il posto, che gli fissò l'ammirazione del suo secolo. L'opera per cui guadagnolla merita un' attenzione o piuttosto uno studio particolare io parlerò primamente con rapidità dell' altre sue produzioni. Sono esse inferiori senza dubbio; ma nulla di quanto è parto d' un genio tale è indifferente per l' istoria delle lettere.

CAPO II.

NOTIZIE SULLA SUA VITA SPECIALMENTE LETTE

RARIA.

La raccolta delle poesie di Dante, o delle sue rime, è composta, secondo l'uso, di sonetti e di canzoni. I sonetti non anno in generale niente di ragguardevole ; due o tre al più si possono distinguer fra gli altri. Il merito particolare delle canzoni consiste in una forza, in una elevazione sino allor poco nota: sono esse d'un filosofo quanto che d'un poeta: vi si ravvisa uno stile più fermo, dei pensieri più grandi e più chiari, più ď immagini, di similitudini, in una parola più di poesia, che ne' versi de' suoi contemporanei; e quando non avesse composta la sua Divina Commedia, sarebbe ancora da collocarsi nel primo rango frai poeti della stessa età.

Tutte le poesie non si contengono in questa raccolta. Quelle della prima sua gioventù sono inserite in una specie di romanzo da lui composto poco dopo la morte di Beatrice, intitolandolo: Vita nuova. ᏙᎥ racconta tutte le circostanze de' loro amori. Quanto a Beatrice, annunzia nel fine che trovando un tale

omaggio assai poco degno di lei, se potrà sopravvivere alcuni anni, ne dirà cose che d'altra donna non furon mai dette, ed ecco le sue parole: Sicchè, se piacere sara di colui a cui tutte le cose vivono, che la mia vita per alquanti anni perseveri, spero di dire di lei quello che mai non fu detto d' alcuna. Adempì egli a questa promessa nella sua Divina Commedia; e se è vero che la Vita Nuova fu scritta, come si vuole, nel 1295, vedesi chiaro da ciò ch' egli avea sin dall' età di 30 anni formato il disegno e può essere ancora incominciata l'esecuzione di sì grand' opera.

In un' età più avanzata, nel tempo del suo esilio, ed anche, a quel che sembra, negli ultimi periodi della sua vita, Dante cominciò un' altra opera in prosa, cui diede il titolo di Convivio, o Convito. E' un' opera di critica nella quale pensava di darci un comentario intorno a 14 delle sue canzoni; ma eseguì tal disegno unicamente su tre. Volle fare intender col titolo che sarebbe un pascolo per l'ignoranza. Sembra infatti ch' ei vi dispieghi perentro come a piacere l'estensione delle sue conoscenze nella filosofia platonica, nell' astronomia e nelle altre scienze che in que' tempi si coltivavano. Le forme ne son tutte scolastiche; la lettura n' è faticante; ma leggesi con interesse di curiosità filosofica. Prova quest' opera in breve colla più chiara evidenza che l' autore aveva una forza di spirito e di conoscenze superiori al suo secolo, e che i metodi seguitati allora negli studj erano detestabili.

Quando questo illustre proscritto credette che l'imperatore Enrigó VII, potesse farlo rientrare nella sua patria, impiegò, come si è detto, ogni sorta di mezzi per sostenere le pretensioni di quel principe e rinvigorire il suo partito in Italia. Uno di tali mezzi fu di comporre in Latino un trattato che intitolò De Monarchia. In siffatta opera, divisa in tre libri scritti nel pessimo Latino del tempo, egli esamina; 1o, Se la monarchia (ed intende la monarchia universale) è necessaria alla felicità del mondo; 2o, Se il popolo Romano aveva avuto il diritto di esercitarla; 3°, Se l'autorità del monarca dipende immediatamente da Dio, ovvero da un altro ministro o vicario di Dio. Decide affermativamente le due prime quistioni; ma fu in ispecie per la terza che si fece, frai papisti Italiani, un gran numero di nemici. Vi sostiene la dipendenza immediata del monarca da Dio, e ristringe perciò la possanza del papa all' autorità spirituale; verità in sostanza conosciuta sino d'allora, e che si vorrebbe contraddire pur oggi dalla falsa politica e dal non ben calcolato interesse de' principi e delle nazioni. Dante, il divino Dante, confuta l' un dopo l' altro tutti gli argomenti tratti dall' antico Testamento e dal nuovo, dalla pretesa donazione di Costantino e da quella di Carlo Magno, armi di cui si prevalgono i partigiani della sovranità temporale de' papi. Prova egli in seguito che l'autorità ecclesiastica non è già la sorgente dell' autorità imperiale, perciocchè la chiesa non sussistendo, o non essendo ancora in vigore, avea l' impero avuto l' intiera sua forza.

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