nunc omnes terrent aurae, sonus excitat omnis suspensum et pariter comitique onerique timentem. Iamque propinquabam portis omnemque videbar 730 evasisse viam, subito cum creber ad aurís visus adesse pedum sonitus, genitorque per umbram prospiciens'nate' exclamat, 'fuge, nate; propinquant. ardentís clipeos atque aera micantia cerno.' hic mihi nescio quod trepido male numen amicum 735 dum sequor et nota excedo regione viarum, quam tumulum antiquae Cereris sedemque sacratam defuit et comites natumque virumque fefellit. 740 quem non incusavi amens hominumque deorumque, 745 ipse urbem repeto et cingor fulgentibus armis. lontano: ex adverso agmine, da vicino. = VI 260. ad auris adesse, brachilogia così spesso adesse anche in prosa. = 750 728. excitat, mi scuote. 729. suspensum anxium, trepidum, v. 114. oneri, v. 723. 730. omnem; si intenda relativamente: tutto quel tratto che presentava pericoli. 731. evasisse viam; il suo contrario invadere viam, accedere ad auris et adesse; 735. male amicum, v. 23. 736. confusam, già turbata dal timore che i nemici lo raggiungessero; il nume finisce di turbargliela. 737. regione, la linea retta, la direzione. 738-739. Della scomparsa di Creusa Enea pensa due motivi: l'uno soprannaturale (fatone erepta substitit), l'altro naturale, che dà luogo a due possibilità indifferentemente accettabili (seu), cioè lo smarrimento della strada (erravit via) o la stanchezza (lassa resedit); i due ne segnano i due termini principali del periodo; a misero suppl. mihi. - 741. animum reflexi, rivolsi il pensiero. 742. tumulum (v. 713) venimus; cfr. I 2. antiquae; v. 713 vetustam. 743. una, essa sola. 744. defuit, mi accorgo che... aliquem fallere, sottrarsi agli sguardi di uno, come in greco Xaveάvw accompagnato dal participio predicativo. rumque, ipermetro, cfr. I 332. 749. urbem repeto et cingor ar. = cingor et repeto; hysteron proteron, I 398. cingor, v. 651. 745. deo 750. stat, per Troiam et rursus caput obiectare periclis. 755 me refero. inruerant Danai et tectum omne tenebant. ilicet ignis edax summa ad fastigia vento volvitur, exsuperant flammae, furit aestus ad auras. 760 et iam porticibus vacuis Iunonis asylo praedam adservabant. huc undique Troïa gaza crateresque auro solidi captivaque vestis. 765 congeritur. pueri et pavidae longo ordine matres ausus quin etiam voces iactare per umbram implevi clamore vias maestusque Creusam nequiquam ingeminans iterumque iterumque vocavi. 770 infelix simulacrum atque ipsius umbra Creusae - anche in prosa; per la frase intiera cfr. v. 660. 753. retro sequor, seguo nella direzione contraria. v. 311. aestus, v. 706. asylo (abl. locale) di asilo inviolabile. se mai, 754. lumine, v. 173. 755. animo (dat.) suppl. est. 756. si (I 131) forte, si forte: in italiano: chi sa!'. 758. ilicet, v. 424. edax, in questo significato traslato anche noi: fiamme divoratrici, fuoco divoratore. 759. exsuperant, 761. port. vacuis (deserti), abl. assoluto. templo; i templi spesso erano luoghi di rifugio, 762. Phoenix, figlio di Amintore, re dei Dolopi; fu maestro d'Achille e lo accompagnò a Troia. 763. Tr. gaza; I 119. 764. adytis, v. 115. mensae, tavole che si collocavano imbandite di cibi davanti alle imagini degli dèi nei lectisternia o banchetti sacri. 765. auro (I 655) solidi = ex auro solido. vestis, coperte e tappeti. 766. pueri et matres (v. 498), da spartirsi tra i vincitori. 767. Cfr. I 534. 771. tectis, abl. locale. furere, girare come 772. infelix maestum (cfr. II 270), turbidum (cfr. IV 353), triste (cfr. VI 695), quale si soleva concepire atteggiamento delle ombre. simulacrum e umbra, variazione (I 54). 773. visa (est) mihi, I 326. — maior; le anime dei morti e di quelli che venivano assunti fra gli dèi, com'è il caso presente, si trasfiguravano e un furibondo. เ obstipui steteruntque comae et vox faucibus haesit. quid tantum insano iuvat indulgere dolori, o dulcis coniunx? non haec sine numine divom eveniunt; nec te hinc comitem asportare Creusam 775 longa tibi exsilia et vastum maris aequor arandum. 780 non ego Myrmidonum sedes Dolopumve superbas 785 sed me magna deum genetrix his detinet oris. 790 prendevano proporzioni maggiori delle umane. 774. steterunt, penultima breve. 777. non sine n. divom, I 8. 779. fas si riferisce al destino; ille sinit alla volontà di Giove; sinit appartiene anche a fas. 780. exsilia (luoghi d'esilio) et aequor arandum (in ital. 'solcare'); zeugma, perchè grammaticalmente arare è unito con aequor, ma non con exsilia, a cui puoi supplire obeunda. maris aequor; sebbene tra le due parole ci possa essere differenza (III 196), pure il nesso è pleonastico come III 396 litoris oram; tale pleonasmo è peculiarmente lucreziano. 781. terram venies, v. 742. Hesperiam, I 530. Lydius Thybris; il Tevere scorre per l'Etruria e gli antichi derivavano gli Etruschi dalla Lidia. arva inter, anastrofe. 782. virum, si tralascia nella traduzione. agmen, v. 212; qui 'corso', 'corrente', 783. regia, Lavinia, figlia del re Latino. L'assunzione di Creusa fra gli dèi era necessaria per dar luogo a questo secondo matrimonio 784. parta, prepa785. Myrm. Dol., 788. magna deum genetrix, Cibele, antica divinità della terra delle montagne; era venerata specialmente sul monte Ida, donde l'altro nome di mater Idaea; sotto il nome di Rhea essa è la madre degli dèi. È propizia ai Troiani e si assunse Creusa tra le compagne. 792. conatus suppl. rata. Creusae, gen. oggettivo; I 462. v. 7. superbas; I 355. sum. 787. Cfr. 1 534. collo (dativo) dare... circum (tmesi), v. 218. Sic demum socios consumpta nocte reviso. 795 800 795. demum, dopo di averli fatti aspettar tanto. 797. matr. vir., donne (v. 489) e uomini; quindi l'apposto pubem vale schiera, moltitudine. 798. exsilio, dat. finale (I 6) = ad exsilium. 799. an. opibusque parati suppl. sequi; mettevano a disposizione d' Enea il loro coraggio e quelle poche sostanze che poterono salvare. 800. deducere, termine usuale del condur colonie. 801. Lucifer, l'astro mattutino di Venere; 802. du quando si vede alla sera si chiama Vesper. Idae, v. 696. cebat; Venere precede il giorno (Ecl. VIII 17 praeveniens); quindi in certo qual modo lo trae appresso di sè. 803. opis scil. ferendae. 804. cessi (scil. fato), mi rassegnai; qui abbiamo asindeto, che si potrebbe risolvere così: iamque dabatur, cum, cedens fato, montes petivi. montes, v. 635-636 in altos montes. ... P. VERGILI MARONIS A EN EIDOS LIBER TERTIVS ARGOMENTO. Dal racconto della caduta di Troia passando a quello del proprio viaggio, narra Enea come imbarcatosi ad Antandro (1-12) prese terra alle foci dell'Ebro in Tracia (13-18). Ivi dà sepoltura a Polidoro, che lo esorta ad abbandonar quel paese (19-68), e si dirige all'isola di Delo, ove Apollo interrogato sulla via da tenere gli risponde che cerchi la terra dei suoi avi (69-99). Enea crede che essa sia l'isola di Creta (100-120); ma giuntovi (120-146) è avvertito dai Penati che la terra dei suoi avi è l'Italia (147-191). Partito da Creta, una tempesta lo trasporta alle isole Strofadi (192-210), dove le Arpie gli turbano la mensa e gli fanno un'oscura predizione (211258); di che afflitto, lascia quelle isole e percorrendo il mar Ionio arriva ad Azio; donde, celebrati i giuochi in onore di Apollo (259-288), continua il viaggio fino a Butroto nell'Epiro (289-293). Là incontra Andromaca e l'indovino Eleno, che gli fanno lieta accoglienza (294-355); indi Eleno pregato da lui (356-373) lo informa del viaggio che ancora gli resta a fare e gli dà altri utili avvertimenti (374-462). Reiterate poi le liete accoglienze e scambiatisi doni e ricordi (463-505), Enea riprende il mare, seguitando la costa dell'Epiro, fino al punto più vicino alla costa italiana (506-520) e approda nel porto di Venere sotto Idrunto (521-547). Di là drizza il cammino verso la Sicilia (548-553) e arrivato in vista di Scilla e Cariddi volge a sinistra per evitare quel passo pericoloso (554-567), e approda alla terra dei Ciclopi presso l'Etna; e quando non si era ancora riavuto dallo stupore dei fenomeni vulcanici (568-587), vede venirsi incontro Achemenide, un greco ivi abbandonato da Ulisse, che racconta a lui la sua storia e lo mette in guardia dal pericolo dei Ciclopi; grazie a lui i Troiani possono sottrarsi all'ira di Polifemo (588-691) e di là radendo le coste della Sicilia arrivano al porto di Drepano, dove muore Anchise (692-715). E qui finisce il racconto d'Enea (716-718). |