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AL LIBRO SESTO

CUMÆ EUBOICE (Cittadella di Cuma.)

Questa veduta rappresenta sul mezzo a sinistra, l'erta collina su cui era assisa in antico l'Acropoli, o fortezza dell'antica Cuma, colonia Euboica. La città si estendeva tutt'all'intorno della collina, ed occupava l'intero spazio fino al dinanzi che vedesi tutto boschetti ed alberi, non che ingombro di molti avanzi dell' antica sua opulenza e grandezza. Eusebio e Velleio-Patercolo pongono la fondazione di questa città nel 1050 prima di G. C. o quasi tre secoli prima di Roma. Nell'epoca della sua indipendenza, prima dell'anno 338 di Roma, contava 60,000 abitanti; tale numero diminuì nello stesso anno, essendo stata presa dai Campani. Cadde quindi in podestà dei Romani. Nel sesto secolo dopo G. C. la sua cittadella avea nome di fortezza importante, della quale Narsete s'impadronì, dopo lungo assedio, per impossessarsi dei ricchi tesori di Totila re dei Goti. Ella è distante cinque leghe e mezzo da Napoli all' ovest, nell'estremità occidentale dei campi Flegrei. A destra, in mezzo, vedesi la Palus Citernina, ora lago di Patria, e presso alla torre, chiamata Torre di Patria, i dintorni della città di Literno in cui il grande Scipione, l'Affricano, terminò nell'esilio i suoi giorni (*). ÆNEID. L. VI, V. 2.

(*) Esilio volontario per non abbassarsi a render conto della condotta da lui tenuta con Antioco; calunniato da quegli stessi concittadini che difesi avea con tanta gloria. Sulla sua tomba si scolpì la seguente iscrizione. Ingrata patria ne quidem ossa mea habes. Allorchè fu distrutta Linterno dai Vandali nel 455, si eresse la torre che vedesi tuttora nel luogo stesso ov' era il sepolcro di Scipione, e siccome della iscrizione non rimaneva in quell' epoca che la parola patria, fu detta Torre di Patria.

ARCES APOLLINIS (Cittadella di Cuma.)

Veduta della parte meridionale della collina ov'era posta la cittadella di Cuma (sul davanti a sinistra); in lontano vedesi prima l'isola bassa di Prochyta, oggi Procida, e dietro a questa l'isola più alta di Pithecusa chiamata pure Aenaria, e da Virgilio Inarime, oggi Ischia, quindi l'erto monte detto Epomeo, l'Epemes degli antichi. Eravi in Cuma un oracolo antichissimo di Apollo, con una vergine profetessa, la Sibilla, e da ciò il nome di Arces Apollinis.

ENEID. L. VI, v. 9.

ANTRUM SIBYLLE (Grotta d'Averno.)

Veduta dello sbocco di una delle numerose grotte, chiamate abitazioni dei Cimmerii, che i primi abitanti di Cuma, per ciò che si pretende, condussero dalla loro città fino al lago d'Averno, a traverso la montagna che ne gli separava; o piuttosto, secondo Strabone, è questo il prospetto di un grande condotto sotterraneo che M. Agrippa fece costruire sotto Augusto traforando il monte interposto fra Cuma ed il lago di cui si parla. Per tale opera si servi dell'architetto Cocceio, il quale costrusse la strada sotterranea pervia tuttora e chiamata le Grotte del Monte Posilipo, tra Pozzuoli e Napoli, fatta per facilitare la comunicazione fra esse due città; tale via sotterranea vicina a Cuma, è al presente per metà ostrutta, ed ha nome Grotta della Sibilla, ed anche Grotta d'Averno.

ÆNEID. L. VI, v. 10.

LACUS AVERNI ( Lago d'Averno. )

Veduta del lago di tale nome di forma quasi circolare, racchiuso tutto all'intorno, eccetto dalla parte di mezzodì, da colline trarupate, fra Cuma e Pozzuoli, e che trae il suo nome latino dalla voce greca aornos cioè, senza uccelli, giacchè credevansi, secondo Strabone e Lucrezio, le sue esalazioni sì micidiali, che gli uccelli i quali tentassero di passarvi sopra a volo vi cadessero senza vita. Una più antica tradizione fa

ceane parte dell'impero di Plutone. Le rovine in mezzo alla scena credesi che appartenessero ad un antico tempio di Nettuno. Le parti lontane segnano porzione dei confini del monte Gauro.

ÆNEID. L. v, v. 201, e 242.

MISENUM (Punta di Miseno.)

Veduta del celebre promontorio dagli antichi chiamato Misenus e Miseni promontorium, oggi Punta di Miseno, posta a sei leghe al mezzodi di Napoli. Il dinanzi è formato dalla costa settentrionale della baia che è di qualche considerazione e dalla spiaggia su cui eravi Bauli. La baja chiamasi presentemente Mare morto. Vedesi nel fondo il promontorio formato da una rupe, la quale per le molte vaste grotte che vi sono, come per la sua figura mirabilmente somigliante ad un tumulo, o tomba degli antichi, diede origine alla finzione poetica della tomba di Miseno. È probabile che la piccola città di Miseno col suo arsenale, e la residenza della prefettura, di cui parla Plinio il giovane Lib. VI. 16, fosse situata sulla lingua di terra che qui si estende a sinistra. Tale delizioso paese è pur notabile pel soggiorno fattovi da Plinio il vecchio poco prima della sua morte, accaduta nei dintorni di Stabia durante la sempre memorabile eruzione del Vesuvio nell'anno 79. di Cristo.

ENEID. L. VI, v. 234.

PALINURUM (Palinuro.)

Veduta del promontorio Palinuro conosciuto dagli antichi col nome di Promontorium Palinurus, oggi Capo e Punta di Palinuro, situato fra i due golfi di Salerno, e di Palicastro, nella Calabria Citeriore, o nell'antica Lucania. Sul davanti si vedono gli avanzi di una vecchia tomba sulla Punta dei Molini, punto da cui fu disegnata questa veduta. Vedesi nel mezzo la grande baia che rimane esposta a tutti i venti e seminata di numerosi scogli: scorgesi in fondo il promontorio biforcuto,

che, secondo la tradizione seguita da Virgilio, ebbe nome dal pilota di Enea che quivi cadde in mare.

ALBA LUNGA

ENEID. L. VI, v. 337.

Questa veduta ci mostra una delle più notevoli parti dei dintorni di Roma, celebre mai sempre per la storia dei primi tempi di essa città. Vedesi sul davanti un sentiero sulla sponda alta e trarupata del lago, il quale è quasi circolare e bassissimo, formato da un cratère, e chiamato per l'addietro Lacus Albanus, oggi Lago di Castel Gandolfo. Tale deliziosa passeggiata, di dove scorgesi sotto tutto l'antico Lazio situato verso il mare, chiamasi in oggi la Galleria superiore. S'erge opposto ed in fondo arditamente il monte Albano, chiamato oggi Monte Cavo, di cui la sommità era al tempo dei Romani coronata da un magnifico tempio di Giove Laziale, da cui nello stesso luogo in presente si spingono nelle nubi i merli di un convento di Passionisti. Andavasi al vecchio tempio per una via lastricata che in parte esiste ancora; serviva questa per le solenni processioni durante le ferie della Confederazione Latina, non che alle ovazioni degl'imperatori romani; quivi celebravansi le ferie latine, nelle quali trentasette popoli del paese latino sacrificavano in comune a Giove in un certo tempo dell'anno. La via passava sopra fabbriche che si vedono nel fondo del mezzo a destra, e che appartengono ad un convento chiamato il Palazzolo. Da esso convento si stende da destra a sinistra verso il sud-est un rialto largo non poco e senz'alberi, lungo la sponda del cratere e del lago, dalla parte di Monte Albano. In tale situazione era posta, secondo Dionigi d'Alicarnasso, la città natale di Roma (*). Le fabbriche sul pendio del Monte Albano formano la piccola città di Rocca di Papa.

ENEID. L. VI, v. 166.

(*) Forse vorrà qui dire della città di Alba donde vennero i primi fondatori di Roma.

GABJ

Veduta delle ruine dell'antico tempio dorico di Giunone Gabina nella città di Gabj, colonia d' Alba Lunga, nella quale fino prima della fondazione di Roma fiorivano le arti e le scienze. Era dessa situata presso la via Prenestina, a dodici miglia da Roma, in vicinanza di un lago piuttosto grande chiamato Lacus Gabinus, oggi Lago di Castiglione, dal vecchio castello che si vede nel mezzo. Di questa città altre volte si grande, che Tarquinio prese a tradimento, che Annibale devastò, che Augusto e i suoi successori rifabbricarono, ma che dal Lombardo Astolfo fu da capo a fondo distrutta, non rimane che tale celletta del tempio. Quasi tutti gli oggetti di arte che il pittore inglese cav. Hamilton vi ha fatto disotterrare nel 1792 unitamente al principe M. Antonio Borghesono attualmente nel Louvre a Parigi.

se

ÆNEID. L. VI, v. 773.

Vol. I

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