AL LIBRO TERZO ZACINTO (Zante) Questa veduta rappresenta una parte dell'antica città di Zacinto nell'isola dello stesso nome, e costrutta, dicesi, da Zacinto figliuolo di Dardano. A sinistra in mezzo alla scena si scorge il celebre porto protetto da un promontorio di forma piramidale; a destra nel dinanzi la sorgente, ben cognita nell'antichità, la quale trae seco molte particelle di un bitume molle e odoroso, che gli abitanti hanno cura di raccogliere per liquefarlo e venderlo; dalla stessa parte verso il mezzo vedesi l'antica fortezza chiamata dai Greci Psophis. Secondo Strabone la città e l'isola facevano parte degli stati di Ulisse. ÆNEID. L. III, v. 270. ITACA (Teaki.) Patria d'Ulisse; isola angusta e montuosa che si prolunga dall'est all'ovest. È facile il conoscere che quest'isola non è atta ad allevar cavalli. L'antica città era situata all'ovest della borgata di Vathi, capoluogo attuale dell'isola. ÆNEID. L. III, v. 272. CHARIBDIS (Cariddi, stretto di Messina.) Il dinanzi presenta l'entrata del porto di Messina, la quale città rimane dietro a questa veduta. Allorquando i venti impetuosi dell' ovest si uniscono ai flutti sollevati del mare per ispingere le acque in tale stretto fra l'Italia e la Sicilia, e cacciarle nella direzione sud-ovest verso il molo che protegge il porto di Messina, e sporge molto avanti nello stretto, il mare è violentemente agitato; ed un tale fenomeno diede luogo alla finzione della terribile Cariddi nell' Odissea di Omero. In fondo, due o tre miglia geografiche distante da questo punto, si vede la piccola città di Scilla, con lo scoglio di questo nome, e la dirupata spiaggia della costa di Reggio in Calabria. ENEID. L. III, 420. e seg. CYCLOPUM SCOPULI (Isole della Trizza. ) Questa veduta mostra sul davanti e nel mezzo della scena le tre isole dei Ciclopi, già cognite per l'Odissea di Omero, le quali furono da Polifemo furioso lanciate dietro ad Ulisse nel momento della sua partenza. Sono oggi chiamate isole della Trizza: le formano colonne colossali di basalto, che s'innalzano a guisa di piramidi. Vedesi in fondo una parte della città di Catania, l'antica Catana, (*) e più lungi l'Etna. ÆNEID. L. III, v. 569. ETNA. (Mons Etna. Monte Gibello.) Veduta del monte Etna in Sicilia sopra a Nicolosi, presa dal suo mezzo. Dietro alla cappella, sulla destra, vedonsi i Monti Rossi sopra ai quali cessa ogni vegetazione, ed incomincia la regione delle nevi. La punta a destra, nel mezzo, presenta l'aspetto del cratere già fumante venticinque secoli in addietro, parlandone Pindaro come di un vulcano da lungo tempo eruttante. ÆNEID. L. III, V. 571, e seg. AGRIGENTUM (Girgenti.) Veduta delle magnifiche ruine ancora esistenti della vetusta Akragas di Sicilia, l'Agrigentum dei Latini, ed il Girgenti dei moderni, posta sul fiumicello Akragas (San Blasio). Tale città, una delle più grandi ed importanti dell'isola, aveva due miglia geografiche di circuito, e fu costrutta dagli abitanti dell'antica città di Gela, il primo anno della 56. olimpiade, (*) Gli antichi non la chiamavano Catana, ma Catina: » Quis Catinam sileat? » (Ausonio) Catina oppidum locuples, honestum ec. (Cic. in Verrem.) o 556. anni prima di G. C. Era dessa in una regione fertilissima e faceva un considerabile commercio che le fruttava immense ricchezze, le quali venivano spese con profusione dagli abitanti nel fabbricare sontuosi edifizj, nel procurarsi tutti i godimenti della vita, ed in un lusso ricercato: nacque da ciò l'antico proverbio: gli Agrigentini costruiscono come se dovessero vivere eternamente, e godono come se non avessero altro che un sol giorno di vita. Vedonsi sul dinanzi le ruine del magnifico tempio di Giunone-Lucina, e nel mezzo gli avanzi dell'antica fortezza. ÆNEID. L. III, v. 703. SELINUS (Selinunte.) Veduta delle ruine colossali di Selinunte lungi due miglia da Hypsas (Basilici): fu città commerciante ricchissima e potente, eretta dai Megaresi Dorici condotti da Pammilo il second'anno della 32a. olimpiade; fu interamente distrutta dai Cartaginesi 242 anni dopo. Era posta sul fiumicello dello stesso nome (Madinni ). ITALIA ÆNEID. L. III, V. 705. Veduta di una spiaggia d'Italia presso al punto in cui il mare Adriatico si unisce con l'Ionio; è quella parte d'Italia che il fido Acate fu primo a scorgere. ÆNEID. L. III, v. 705. DI VIRGILIO LIBRO QUART O ARGOMENTO Esce alla caccia Dido, e col suo amato Vola la fama del commesso fallo; Ella, d' ira e d'amor vinta, s'uccide. Ma la regina d' amoroso strale Già punta il core, e ne le vene accesa opre, Tutta notte ne pensa, e mai non dorme. Sorgea l' Aurora, quando surse anch' ella, 5 At regina gravi iam dudum saucia cura 28 |