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Ai primi sei Libri dell' Eneide.

QUANTO m'è dolce il poter presentare all'Italia in meno di cinque mila Endecasillabi il più bel fior di poesia, che sia mai uscito da umano ingegno! (1). Tal si decantò in ogni tempo la prima metà dell' Eneide; e se vi si trovaron bel lezze non originarie Latine, vi si ammiraron per altro rifuse migliorate connesse, così che l'imitator fosse in gara coll' inventore. Bastano sei colpi d'occhio rapidamente dati ai sei libri. Il I affretta tosto alla meta ad eventum festinat. Già scioglie Enea di Sicilia verso Italia. Quando orribil tempesta ne lo disvía. Parrà comune il viluppo d' una tempesta: ma oltre la varietà e l'evidenza con cui la pinge, con qual maestro artifizio e la prepara e la calma! Come a tempo introduce le deità, di Giunon la rivale che smania e priega e promette, del re de' venti il devoto che ubbidisce e sfianca e sprigiona > di Nettun Giunonio fratello arbitro non curato che s'aonta e altri sgrida e altri salva (2). Con poche navi sdruscite approda Enea, nè sa dove. Ma venutagli incontro in aria di cacciatrice la madre Dea l'istruisce sì della nova Cartagine che della fondatrice Didone, e gli annunzia che il resto della flotta è

(1) Non sono i versi di questo volume che 4750, e il Caro ne fa 7338; onde soprabbonda di 2588, cioè ben oltre la metà.

(2) V'ha chi censura Virgilio su quello: Extemplo AEneae solvuntur frigore membra: Ingemit etc., col dire: ma Cesare in Lucano... Dispari circostanze. Là un ambizioso che și fida di sua fortuna, e su pescareccia barchetta tenta un colpo di mano, parla fra un nembo ordinario alla trasonica. Ma qui un uom circospetto colto da turbine inaspettato, cui può temere sommosso da dei

già presso al porto (3). Lui così confortato, e avvoltolo col suo fido entro una nube, onde vede non visto e s'immischia non tocco, addirizza tosto alla reggia (4), dov'è insieme con tutti i suoi per opera di Mercurio ben accolto. Che nobile inganno per consiglio materno fa mai quel tristarello d'Amore, che senz' arco e senz' ali mentisce il tenero Giulo!

II II ed il III son di storia in bocca d' Enea al fin della cena cui dà Didone, come lo sono alla mensa d'Alcinoo i quattro libri IX e seg. in bocca d'Ulisse. Abbraccia il II la vera lliade. Mal chiamasi Iliade l'Ira d'Achille. Non si stende il Poema fino a quell'ultima feral notte, anzi nè anche al ligneo Cavallo che in vece è tratto dall' Odissea. Quest' artificiosa gran mole, e Sinon suo mezzano, come riescon bene a sedurre e a crear festa! Efimera luce che poi fa l'ombre più crude. Fan serie i quadri luttuosi. Tanto son noti che basta indicarli. Laocoonte, Ettore in sogno, Cassandra, la Reggia, Polite e Priamo figlio e padre, la fuga d'Enea col figlio per mano e il padre in collo, Creusa in ombra. Che stil passionato! che eleganza! che verità!, Non altra divinità in questo libro si manifesta che Venere per nobilitar la fuga d' Enea, Non è per altro che molte occulta

nemici, che spersi e conquisi venti suoi legni, al regno Italico destinati, vedesi venir meno chi addurvi e come, prorompe in un gemito pien d'affetti, e invidia chi perì sotto Troia coll'armi alla mano. Che toccante spettacolo mirar talor desolato anche l'eroe !

(3) Che ingegnoso augurio quel de'cigni sfuggiti all'aquila che gl'inseguiva, dodici appunto, quante le navi! giacchè di venti una fu dall'onde assorbita, e già sette salvaronsi duce Enea.

(4) Che lusinghevole idea trovar tanti fatti della fresca guerra Troiana là in un tempio dell'Africa già dipinti ! Chi avrebbe sperato di poterli tutti ritrarre in una si stretta miniatura Italiana (di soli 28 v.) se non era l'esemplare Latino che gli dirigesse il pennelletto?

mente non influiscano, come Pallade nei Laocoontei due serpenti. Enea infatti, snebbiatagli dalla madre la virtù visiva, scopre congiurati all'attual rovina di Troja tutti gli Dei suoi nemici (5).

Narra il III gli errori d' Enea per sett' anni. Tracciar giuste le rotte, dar all' uopo stazione e in buona rada, caratterizzar da Topologo ogni Isola sul passaggio, dovè costar gran fatica in quella mancanza d'allora di Geografici ajuti (Lessici e Carte). Son bei riposi al racconto l'assasinio di Polidoro ch' odesi di sotterra, la subitanea peste là in Tracia, la guerra colle Arpie (6). L'oracol di Delo (7) e il vaticinio d'Eleno dan doppia base al Poema. Oh il bell' affetto che spirano i rincontri d' Eleno e Andromaca con Enea, e i loro congedi! Prende in fine Virgilio Scilla e Cariddi, Polifemo e i Ciclopi, da Omero; l'Etna da Pindaro: ma questi oggetti mostruosi di Greca tinta speciosa miracula così gli ritocca col suo pennello, che pel suo scopo accorciandoli gli aggrandisce (8).

Descrive il IV amori e morte di Elisa. All' Ira passione eroica consacra Omero un Poema dall' alpha all' omega. All' Amore passion delicata non più concede Virgilio d' un de' suoi Canti. Lo fa crescere a gradi; ma lo pinge, anche nel colmo, modestamente (9). È poi un capo d'opera il colloquio di Venere

(5) Creusa viva era un inciampo al poema. In che buon punto, e con qual auspizio e decoro, la fa mancare!

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(6) Quant'è gajo il trovato della fame che astringa a roder le mense! Fa terror nell'annunzio; nel fatto è uno scherzo.

(7) Lo sbaglio d'Anchise che in vece d'Italia intende Creta, e la correzion che in sogno ne fanno i Frigj Lari, han pur gran garbo !

(8) La strana forma e preghiera del derelitto Achemenide, finto socio d'Ulisse, come percuote ! com'è in natura ?

(9) Che bel gioco è quel d'Anna, sorella unanime alla Regina. Le fa da interprete delatrice ministra: cosi Didone par raddoppiata..

con Giunone. Ambe son scaltre e si conoscono: son rivali e diffidano. Purchè il figlio regni, è finora indifferente a Venere, se anzi in Africa che in Italia; e Giunone gli permette un regno nell' Africa, perchè non l'abbia in Italia, onde per fato Cartagine verrebbe distrutta. Disuguale interesse, ma pur ad ambe comune, fra lor le accorda. La caccia, il nembo, lo speco, son venustà troppo note per averle quì a rilevare. Cesserebbe il Poema, se a' prieghi di Jarba suo figlio non ne rannodasse Giove le fila. Mercurio da lui spedito infiamma Enea alla partenza, talchè la catastrofe ripiglia moto. Cedite, Romani Scriptores, cedite, Grai, non avete nulla di pari. Di là un mirabil intreccio di rampogne e lusinghe, di prieghi e minaccie: di quà un dolersi soppresso e un disvolere costante: finchè la misera in abbandono, disperata furente, esécra lo sposo, odia se stessa 9 col pretesto di magich' arti fattasi alzare un rogo, e riporvi ogni arme e ogni avanzo di lui che fugge, vi si trafigge sopra, e vi muore. Che ingegnoso ritegno è il capel sacro, che ne proroga le agonie, finchè Iride lo recida.

Riferisce il V l'attentato incendio della flotta. Era questo, dopo l'Eolia tempesta del L. I, e l'imeneo di Didone L. IV, il terzo arresto da Giunon macchinato contro i viaggi d' Enea. Fan da episodio le anniversarie inferie ad Anchise colla solennità di giuochi premiati (10); episodio per altro, che ben s'abbraccia con quest' incendio: 1o perchè apparta in flebil coro le Troadi al lido negletto; 2° perchè somministra funeree faci in più altari eretti a Nettuno; 3o perchè la quarta saetta scoccata a vôto dal re Aceste arde fra le nubi ad augurio; 4° perchè porge il comodo ad Ascanio di accorrere il primo a cavallo

(10) Nell'Iliade L. XXIII, anche Achille onora di ludi la tomba di Patroclo. Ma oh quanto questi son più delicati ne' loro incidenti !

dal suo garosello, detto Troja. L'instigazione nasce da Iri, che mentitasi Beroe, vecchia assente, dichiara il consiglio dell' apparsa in sogno Cassandra d'arder le navi. Spicca la prima da quegli altari ardente face, e la scaglia in que'legni: indi al ciel risalendo, si manifesta per Dea. A gara sieguon l'esempio quante là sono, e s' alza gran fiamma distruggitrice. Alle rampogne di Giulo, e al non tardo arrivo d' Enea e d'altrí Trojani, pentite le illuse donne corrono a rimpiattarsi, S' infondon acque, ma indarno: la vampa è troppo in vigore. Enea omai disperato priega Giove o d'un fulmine o di soccorso. Manda questi una subita immensa pioggia che spegne ogni ardore, e (men quattro) salva le navi. Resta il duce incerto e pensoso. Poi per consiglio d'Anchise (imagine di ciel discesa) fabbricata Acesta dove lascia gli imbelli, parte co' forti pel gran destino, per dove gli impetra la madre dea dal dio del mare un facil tragitto.

Nel VI. Ecco Enea che è giunto in Italia. Approda in Cuma, e va tosto al tempio d'Apolline e all' antro della Sibilla. Che maestà prende il Carme dal Dio che informa la Vate e la mette a gradi in furore, e dal subitaneo dischiudersi di cento porte. Canta ella al Trojano affanni e guerre ; onde i primi sei libri vengono co' sei ultimi a collegarsi. Per far poi che il Poema si stenda a Roma e ad Augusto, si ricorre a' Mani d'Anchise. La Cumea pregata dal figlio a condurvele, giacch' ei l'aspetta, non vuol prestarsi se non col pegno del ramo d'oro. Che artifizio per farglielo ritrovare! Il rogo a Miseno lo scorge al bosco, all'albero due colombe. Pieni i magici riti, scende all' Orco la Coppia privilegiata, viaggia sotterra, vede Mostri ed Eumenidi, s'incontra con torme d'Ombre, varca Acheronte, sopisce Cerbero, figge il ramo alle porte del Tartaro, passa agli Elisii, e, duce Museo, trova Anchise. Spiegata questi la Stoica espiazione, e la Pitagorica Palingenesía, fa il registro delle grand'Anime, altre già de

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