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v. 483.

Spargens humida mella soporiferumque papaver. Misto a sonnifer' oppio umido miele.

Si disputa a qual senso appartenga questo verso, se al precedente dabat epulas draconi, o al seguente promittit solvere aut immittere curas. La mia punteggiatura lo applica al drago, bestia stranamente feroce; giacchè tal focaccia d'oppio con miele gli dovea valer qual calmante, per farlo bastantemente trattabile dalla Custode. Ma che? ( qui oppone il Servio, al cui riflesso va dietro con altri molti un Alfieri.) Darsi dunque un sonnifero ad una guardia, che dee vegliar sempre? La forza narcotica del papavero potea su quel mostro non operare, o per tempra di natura, o per farmaco di magia. Ma la punteggiatura è mutabile anche nella versione.

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Demens! nec Zephyros audis spirare secundos?

Folle! nè senti Austri spirar secondi?

Per partir da Cartagine verso Italia è più favorevole l'Austro che il Zeffiro. Virgilio è poco Omerico nei nomi de' venti. Li cita un per l'altro da Poeta. Io mi fo un pregio di ridurli al giusto lor corso.

v. 578.

rapiuntque, ruuntque: strappano, arrancano: Qui e altrove uso termini nautici, che all'Italiano marittimo parranno forse plebei, ma il mediterraneo li troverà nella Crusca, e ne sarà contento. Così abbrivo (v. 219 L. V.) impeto della nave dopo la spinta, virare (N. al v. 684 L. III) girarla a dietro, ecc. v. 622.

Exoriare, aliquis nostris ex ossibus ultor, Come può sperare Didone che dall'ossa (de' figlj o nipoti) nascale chi la vendichi, se muor senza prole? L'entusiasmo dell'imprecazione le fa comparire, come figli delle sue regie reliquie, tuci i futuri eroi di Cartagine infesti alla discendenza d'Enea. Qui Virgilio la VIRGIL. Eneid. Tom. 1.

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fa alludere principalmente ad Annibale, come poco sopra (Sed cadat ante diem, mediaque inhumatus arena. v.616) alla prossima trista morte d'Enea, che caduto entro al fiume Numicio, affatto svani.

Tra versi 629 e 630

Stampa anche il Didot qual genuino il verso: Namque suam patria antiqua cinis ater habebat. Non tanto lo scarto, perchè contenga novella di poco o niun peso (che nei gran racconti non fa che guastare), quanto perche il cinis ater habebat disdice a Virgilio.

AL LIBRO V.

Interea medium AEneas jam classe tenebat Certus iter, fluctusque atros Aquilone secabat: Intanto Enea già in pieno mar per l'onda, Ch'Austro inaspría, fermo a fuggir, fea vela: Enea, poichè gli apparve la seconda volta Mercurio, e gli inculcó profittar del vento che spirava dritto a favore, tronchi i canapi, entrò in cammino (v. 576 e seguenti L. IV). Va dunque in alto col vento d'Austro (v. nota al v. 559 L. IV). Se allor per Virgilio era Zeffiro (nec Zephyros audis spirare secundos?), or lo stesso vento è Aquilone. Tanto è vero ch'egli senza scrupolo accomoda i venti al metro. Dove dice il latino atros Aquilone traduco Ch’Austro inaspría, cioè forte increspava, facendo che il mar s'infoscasse. V. 19 e 32.

Mutati transversa fremunt, et vespere ab atro
Consurgunt venti; et vela secundi

Intendunt Zephyri; fertur cita gurgite classis: Qui repente nasce minaccia di tempesta. Cangia vento e freme a traverso. Sorge si impetuoso dall'ottenebrato Ponente, che il piloto protesta ad Enea di non poter a niun patto avanzarsi verso Italia, ma unicamente piegare ad un porto della Sicilia. Ne ottiene il per

messo, e col Zeffiro in poppa v'approdano presti e felici. N'era dunque la nave alla costa Occidentale. Ma e perchè, avvertiti da Eleno a sfuggirne Scilla e Cariddi, non aveano presa dall'Africa l'Orientale? perchè navigavano senza bussola ; eppure eran si in alto che confinava il mare col cielo: maria undique et undique caelum. v. 66 e seguenti.

Prima citae Teucris ponam certamina classis:
Quique pedum cursu valet etc. Cuncti adsint:
Teucra porrò gara naval la prima:

Trinacrio pur, chi snello piè; chi vanta ec. Venga Avvisa Enea che la gara navale è tutta pe'soli Trojani, Teucris ; ma che negli altri tre giuochi, corsa a piedi, cesto, e dardeggio, avran luogo anche i Sicoli, come v'entran di fatto. Con quel mio

Trinacrio pur, che par di giunta, esprimo quel Cuncti adsint.

V. 119 e 120.

triplici pubes quam (Chimæram) Dardana versu Impellunt, terno consurgunt ordine remi;

Tien pronta per la stampa una nuova Teoria dell'Antiche Triremi, cavata dalla forma di quelle che agirono nelle Crociate, l'eruditiss. Sig. Rett. della nostra Imp. Acc. Girolamo Serra, in cui vi ammette una sola linea di remi nelle semplici, e due nelle munite di ponte. Tanto le fila (versus), quanto gli ordini, per lui si rapportano a'remiganti; se non che le fila si contano da poppa a prua, e son quanti i remi (qui tre, ma potrebber esser di più); gli ordini si riguardano dalla corsia al fianco, e sempre son tre, nè più nè meno (se due, formerebber bireme, se quattro, quadrireme,ec.). Assegna dunque a ciascun remo un Zigite, un Tranite, e un Talamite; e cosi traduce: che in triplicate file La gioventù Dardania spinge; a un tempo Sorgon nel triplicato ordine i remi.

La mia versione, che dice: tre liste ostenta D'acri Dardane braccia e tre di remi, è lavorata su vecchie idee, che udii per altro appoggiarsi a varie pitture d'Ercolano. Presi per liste si versus, che

ordines; ma versus di lungo in largo, ordines di lungo in alto. Cioè diedi anch'io tre uomini per remo (almeno a'remi più alti, perciò più lunghi) in linee per lungo indefinite: ma figurai di più tre liste di remi, la superiore pe'Traniti, la media pe'Zigiti, l'infima pe' Talamiti; posti però i remi, non già un sotto l'altro a perpendicolo, ma in linee obblique a diagonale. Il consurgunt che fanno i remi in tre ordini, lo intesi non pel sorgere a un tempo nella voga, ma pel sollevarsi gradatamente di basso in alto nel lavoro de' fianchi. Cosi negli odierni vascelli sorgono più batterie di cannʊni.

v. 271.

Amissis remis, atque ordine debilis uno, Povero a'remi, egro in un fianco, adduce Se vogliasi trireme anche la Centauro, perchè s'intitola magna, e se per quell'ordine debilis uno s'intenda indebolito non tutto un fianco, ma un ordin solo di remi, massimamente il supremo; si legga il verso cosi: Povero a remi, egro in un ordin, tragge. v. 488, 489.

trajecto in fune... malo suspendit ab alto.

Per torto laccio all'alta cima appende.

Meglio avrei detto Per lineo laccio, quà traendo il lineo dal v. 510 nodos et vincula linea rupit, che semplicemente traduco: troncò le funicelle e i nodi, senza indicar la materia, che vi s'attorce. V. 521.

Ostentans artemque pater, arcumque sonantem. a gaja Mostra senil d'arco sonante e d'arte. Quanto è più bello artemque pater che artem pariter delle ordinarie edizioni! Il pariter non mi dava si vivace versione.

Fra i v. 652 e 653

V'è in ogni edizione Haec effata; ma vi sta per puntello. O un buon verso, o nulla. Si teme forse che la parlata non s'intenda finita, senza avvisarlo? (Vedine la versione a pag. 350 ).

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v. 721.

Visa dehinc caelo facies delapsa parentis Anchisae Questo è il passo in tutta l'Eneide, per cui si deifica Anchise. Si fa discendere dal cielo, nunzio di Giove. Ma come? Se poi dice egli stesso di soggiornar nell' Eliso! Il celeste Anchise non è che un' imagine, ma immortal, ma beata. Ne lavora Orazio una simile ad Augusto, persino ancora vivente Ode III L. III: Quos inter ( Pollucem et Herculem) Augustus recumbens Purpureo bibit ore nectar.

AL LIBRO VI.

v. 52.

neq; enim ante dehiscent Attonitae magna ora domus. gli usci non pria, diss'e!la, L'entea magion spalancherà. Se men piace L'entea, si legga La dia. Evids entheus, in quo Deus est, è bella voce e spiegante, adottabile dagli Italiani, non meno che ateo, e qui ben calza; giacchè Attonitae qui significa attonitum facientis, stupendae. Beato il Caro che tradusse: se non di', non s'apre Questa di Febo attonita cortina, e sul costui fiato l'attonito anche in questo senso diventò di Crusca!

v. 242.

[Unde locum Graii dixerunt nomine Aornon.] Aopves aornos vuol dire appunto senza uccelli, e da Aorno sarà benissimo nato Averno. Ma l'avvertenza è più preziosa per un comento. v. 427.

Infantumque animae flentes in limine primo; Perchè mai nelle bocche d'Inferno quell'ergastolo ? que'vagiti? Non par egli un Limbo pe' bambini non battezzati? Qui si dia luogo a una nota d'erudizione. Il penar de' pargoli estinti era un dogma politico, artificiosamente sparso pel volgo, e principalmente insinuato in cuor delle madri, per impedire gli infanticidii.

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