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v. 159.

Imperiumque urbi dabimus. Tu monia magnis Magna para, longumque fugae ne linque laborem. La città, di cui parlano i Frigii Penati non è nè Lavinio nė Alba; ma Roma; onde la chiama alma. Quel para non significa costruisci, ma disponi i nipoti a poter costrurre gran mura degne di grandi. Questo poi longus fugae labor m'indica, che il fugae s'abbia a sottintendere dovunque s'annunzia requies laborum.

v. 332.

patriasque obtruncat ad aras. e a patrii Mani il svena. Quest'ara patria è anfibologica, se patria d'Oreste da lui eretta a' Mani d'Agamennone, o patria di Pirro da lui eretta a quei d'Achille. Si ha però dalla favola meglio storiata, che è ara d'Achille; perchè appunto indica il luogo dell'insidiosa uccisione. Dee perciò nominarsi ; onde la versione si cangi in quest'altra e al patrio altar lo svena. Quand' anche s'avesse a intendere altar d'Apollo, che là in Delfo diceasi Пarpos Deus patrius, la version vi s'adatta. v. 340.

Quem tibi jam Troja....

Lui surto al dì, Troja da' Graj già stretta. Sta in senso l'aggiunta dederat bellante Creüsa; ma non pago Virgilio di questa o simil finale, lasciò il verso dimezzato. Non mancano encomiatori fanatici, che si fanno di questo emistichio un Torso di Belvedere, e lo voglion somigliante al Quos ego... (lib. I v. 135) cujus, dice la Cerda, in imperfectione perfectio. v. 379.

...prohibent nam cetera Parcae

Scire, vetatque Helenum fari Saturnia Juno. ...a te la Parca il resto

Cela, e il più dir l'alta Giunon me vieta.

Molte edizioni offrono a leggere: Scire Helenum, farique vetat etc.

Ma è superfluo il divieto che ad Eleno fa Giunone di parlar oltre, se oltre non sa, perchè a lui benchè vate il resto ascondon le Parche. v. 393.

Is locus urbis erit; requies ea certa laborum. Son qui debitore d'una promessa illustrazione (V.N. al v. 5 L. I) all'ipotesi di Saverio Mattei de Duplici Alba. Compendierò quel ch'ei dice a mostrare, che qui non s'allude a Lavinio. Non giaceva Lavinio alle sponde del Tevere, ma sul lido del mare a ugual distanza (come avvisa Strabone) inter Antium et Ostia. Infatti le spiagge d'Italia, a cui venne il profugo Enea, per anticipazione si chiamano lido Lavinio. Ma la nuova città dovea porsi ad fluminis undam, dove Littoreis ingens inventa sub ilicibus sus, Triginta capitum foetus enixa, jacebit. Oltre a che Lavinio non fu fabbricato che dopo la lunga guerra co' Rutuli. Ne' patti del duello con Turno v. 193 L. XII giurò Enea: mihi moenia Teucri Constituent, urbique dabit Lavinia nomen. Ma non è verosimile, che tanto tempo sieno stati i Trojani senza la città, che tanti dei e interpreti degli dei avevano lor prenunziata; Ettore, scorso che avrà Enea un gran mare (his moenia quaere Magna pererrato statues quae denique ponto. v. 294 L. II); l'Arpia Celeno, dopo una fame che obblighi lui e i compagni per fino a roder le mense (Sed non ante datam cingetis moenibus urbem, Quam vos dira fames etc. v. 255 L. III) presagio che si diciferò innanzi ad ogni mossa di guerra; poco sopra (v. 334) Eleno stesso dopo il giro per mare della Sicilia, e il passaggio ai laghi d'Inferno e all'isola incantata di Circe. In nessun luogo s'assegna per termine la vittoria che sarà sui Rutuli riportata. Ma come indugiar cotanto? Se appena entra in Tracia, Moenia prima locat pe'suoi Eneadi; appena in Creta, avidus muros optatae construit urbis della nuova sua Pergaméa. Vedrassi se qui indugia nella nota al v.157 L. VII, e se quel primo accampamento si stende in città, dopo il vaticinio che rifà un poco più ampio il Dio del Tebbro (v. 45 L. VIII), dove par che indichi appunto le due Albe, la prima d'Enea, l'altra d'Ascanio. VIRGIL. Eneid. Tom. I.

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v. 399.

Hic et Naryci posuerunt moenia Locri; Qui l'acre annida Naricio Locro in suol de' Bruzj; Come alquanto più sotto si determina il seggio e a' Lizj e a' Meli béi, qui si fissa pe'Locri, che è in suol de' Bruzj, dove costrussero la città di Naricia. Gran sorte poter talvolta in tanta angustia inserire al testo qualche paroletta di comento!

v. 417.

venit medio vi pontus, per mezzo il mar v'irruppe, La voce irruppe mi sembra degna della cittadinanza d'Italia. Il Castiglione la diede alla voce erumpe. Par che calzi l'analogia.

v. 522.

Quum proculobscuros colles humilemq;videmus Italiam.

E in nebbia i colli ecco lontano e il basso D'Italia. Per bassa Italia intendo la Meridionale. Più che si stende a Setten. trione, non sol più s'ingombra d'alte montagne, ma gradatamente anche nelle pianure più si solleva sopra il livello del mare.

v. 684.

[Scillam atq; Charybdim Inter, utramq; viam leti, etc. Di morte Tra le attigue due vie, Cariddi e Scilla ec.,] Se piace il togliere come inutile quanto è sotto il crochet (lo appose il Bodoni ), l'emistichio: Contra jussa monent Heleni. si lasci imperfetto: nella versione poi il verso al solito vien completo: Del Sicol vate osta il predir. Qui un fausto ec. Se tutto resta, in vece di giova il voltar non mi spiacerebbe alla nautica forza è virar.

v. 697.

Numina magna loco jussi veneramur;
L'ingiunto onor rendo a que'numi;

Le altre edizioni portano loci, ch' io tramuto in loco (grandi per quel luogo), perchè s'intenda che jussi non appartiene a loci.

AL LIBRO IV.

v. 76.

Incipit effari, mediaque in voce resistit. Muove a dir amo, e a mezzo suon s'arresta. Chi bramasse, come più eroica, un'espression più velata, qual'usa l'autore, v'adopri la letterale espressione: Muove a spiegarsi.

....

v. 168.

summoque ululârunt vertice Nymphae. Dico tutto col solo: e n'ulular le Oreadi; essendo appunto le Oreadi Ninfe alpestri da pos oros monte. Intanto lascio in salvo l'equivoco, che giusta il Servio giudiziosamente usa Virgilio, e che nelle Eroidi Ovidio dichiara, mettendo sulla penna a Didone: Nymphas ululasse putavi; Eumenides fatis signa dedere meis: cioè, che quest' urlo si apprese dagli ebbri amanti esser di Ninfe a festa, quando era in sostanza di Furie a lutto. Anche Virgilio per altro n'accenna il mal augurio, soggiungendo immediatamente: Ille dies primus leti primusque malorum Caussa fuit.

V. 221.

....et oblitos famae melioris amantes.
.... e a'sviliti inaugurati amanti.

L'inaugurato per me sta in senso di non augurato (o mal augurato), come pel Segneri immisto in quel di non misto; perchè abbiamo augurare e mescere, non già inaugurare e immescere; onde da' positivi augurato e misto nascono i negativi inaugurato e immisto. L'immisto in tal senso fa già parte delle giunte alla Crusca. Sarebbe facile sostituire sciagurato, infortunato, ec.

Tra versi 255 e 256

Vi si sogliono incastrare tre versi, non certo di gusto Virgiliano, per applicare a Mercurio la parità di augello aquatico, quasi nou basti aver detto: avi similis. Vedili colla lor traduzione a pag. 350.

v. 326.

Parvulus AEneas, qui te tantùm ore referret:

Pargolo Enea, tua sol di volto imago:

È in voga la variante tamen in vece di tantùm: Pargolo Enea, ma tua di volto imago. Mi pare il tantùm più espressivo coll'escluderne la somiglianza di cuore, cagion d'ogni angustia a Didone.

v. 432 e 433.

Extremam hanc oro veniam, (miserere sororis) Quam mihi quum dederis, cumulatam morte remittaṁ. Suora, pietà: l'estrema grazia imploro,

Cui s'otterrai, colma al morir ti renda.

Ecco l'unico passo del L. IV che entri in contrasto. Si questiona 1o se in luogo di dederis giovi leggere dederit ( Æneas). 2o come abbia a spiegarsi cumulatam morte remittam. Quanto al primo dubbio, il miserere sororis mi fa preferire il dederis. Quanto al secondo, amo prenderla naturale. Assai confida Didone nelle maniere di Anna efficaci sul cuor d'Enea. Per impegnarla adunque a metterle tutte in opra, le promette un cospicuo guiderdone: Se m'impetri, le dice, quest'ultima grazia, te la saprò in morte ricambiare a gran colmo, v. g. con regio aumento d'eredità.

v. 468.

scenis agitatus Orestes, il pien di larve Oreste ec. Armatam facibus matrem et serpentibus atris Quum fugit, ultricesque sedent in limine Dirae Comenta Servio famosus, celebratus scenis; al che va dietro il Caro: Per le scene imperversa. Io prendo scene per immaginarie rappresentazioni, che ad Oreste fan vedere la madre armata d'angui e di faci: onde la fugge cercando di ritirarsi al tempio d'Apolline, unico asilo in cui goda pace: ma lo spaventa la vista di furie ultrici assise all'entrata in atto feroce di volergliela impedire.

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