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balisi intatti per volgere di tanti e tanti secoli, i cadaveri tuttora conservati e maraviglia delle nostre scienze, che noi pure diciamo perfette, ne rendono testimonianza dell'eccellenza degli Egiziani in alcuni rami della Chimica e dell'Anatomia.

La loro stessa religione era un derivato di conoscenze scientifiche. involute ne' miti delle loro divinità. Amon-re, il Sole, era l'ente supremo e primordiale che s'incarnava sulla terra sotto le forme di esseri materiali. In Saide se ne adorava la sapienza sotto il nome di Neit, e in Elefantina se ne venerava la bontà sotto quello di Cnef, il serpente in sè ravvolto, che era simbolo di questa divinità, e denotava lei essere la origine e la fine di tutte le cose.

In Osiride e in Iside è rappresentato il principio della fecondazione, della fertilità e dell' abbondanza; in Tifone, loro nemico, il principio della distruzione, della sterilità e della morte.

L'Ermete trismegisto, ossia Tot, figurava la sapienza divina rivelata alla casta sacerdotale, ed era il simbolo de' Tesmofori educatori civili dell'Egitto.

La testa di ariete, e il disco con le corna di Giove Ammone non erano che una forma di Osiride rappresentante l'equinozio d'autun no, quando è al suo colmo l'accrescimento delle acque del Nilo, che rendono fertili le terre sulle quali si spandono; come il bue Api (Apis,. Osorapis, Serapis), altra forma di Osiride, rappresentava l'utilità apprestata dal bue all'agricoltura. Indicava l'ibis l'escrescenza annuale del. Nilo; lo scarabeo la potenza creatrice; il coccodrillo l'acqua potabile, etc. La palma era simbolo dell' anno, a cagione delle foglie che annualmente essa rinnova. La scilla era onorata per la sua efficacia nella guarigione delle idropi cosi frequenti in terreni paludosi, ed il loto come la pianta favorita delle divinità.

E se veneravasi ne'templi tutto quello che alludesse alla escrescen-za del Nilo, inesausta sorgente di abbondanza per l'Egitto, egli era naturale che anche per quel fiume si conservasse una religiosa riverenza, onorandosi financo il navilio Baris, che rappresentava certamente la navigazione che facevasi sopra le sue acque.

Nulla o quasi nulla ci rimane delle opere letterarie degli Egiziani, e i soli documenti che ci avanzino della lor letteratura sono scritti in caratteri per noi incomprensibili, de' quali, non ostante i pertinaci studi de' moderni, null' altro si è potuto interpetrare con certezza, se non pochi nomi di re e di dinastie.

Ma ad attestare la magnificenza delle arti belle presso l'antico popolo egiziano sono rimasti non pochi monumenti innanzi a'quali si è arrestato il dente roditore de' secoli. Reliquie di vasti templi e di mausolei piramidali sono sparse sul suolo che vide fiorire la più antica civiltà dell'Universo. Dall'Isole di Phile e di Elefantina fino a Denderah il numero e le grandezza sterminata di questi monumenti ci riempiono la mente di sorpresa e di maraviglia. Là si elevano i gruppi de'templi di Soleb, d'Ipsambul d'Ibrim, di Derr, di Sebua, di Dekka ;

più lungi quelli di Phile, di Elefantina, d'Ombos, di Silsilis, d'Elithya e di Edfu sul quale si è costruito un nuovo villagio arabo. Questa linea di monumenti continua sulle due rive del Nilo per Esné ad Ermutis fino alle ruine dell'antica Tebe, la città dei Re, e termina verso il norte a Denderah col tempio d'Iside sulla volta del quale è scolpito il famoso zodiaco. Se si discende il fiume questi monumenti scompaiono di più in più, ma viene allora il paese de' canali, la cui sistematica costruzione eccita ancora la nostra ammirazione, e ci rivela (benchè oggi non sieno che rovine) l'antica loro importanza.

Nelle vicinanze della bifurcazione del fiume, presso la vetusta Memfi, sonvi altri monumenti, i monumenti della morte. Ivi s'innalzano fra Gizeh ed il Cairo, sopra un'area di otto miglia, le piramidi giganti che si elevano lungo il Nilo a 400 e più piedi di altezza; talora aggruppate, tal altra isolate. Esse sorgono sul campo de' morti, sulle rocce piene di tombe che si estendono da lungi pel deserto di Libia (1).

E pure di tanti monumenti non rimangon ora che mute rovine, perocchè il tempo ha spazzato con le sue fredde ali in quelle contrade ogni memoria della vetusta e veneranda grandezza! — Degli Etiopi non s'intese più il nome cancellato da quello di nazioni più possenti che annullarono gli Etiopici primitivi. Gli Abissini, da gente ignota che erano, si elevarono a gran rinomanza di arditezza e di bravura.Durano tuttavia gli Egiziani, ma decaduti dalla loro possanza ed immersi in ignoranza e barbarie. Noi descriveremo in poche parole tanto gli Egiziani odierni, quanto i Nubi abitatori di quella parte dell'Etiopia ch'or chiamasi Nubia, e gli Abissini incoli della rimanente parte della medesima Etiopia che ora porta il nome di Abissinia.

§. 1. Egiziani.

Poco è da aggiungere a quello che abbiamo detto sui caratteri fisici degli Egiziani moderni. I più diretti discendenti degli Egizi monumentali sono la classe de'lavoratori, che nel paese si chiamano Fellahs. Han viso tondo con le guance proeminenti, le labbra grossette e gli occhi tagliati a mandorla i loro capelli sono lisci, abbondanti, quasi sempre neri; scura la carnagione, e tanto più bruna, quanto più esposta a' raggi del sole.

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I Copti sono anch'essi discendenti degli antichi Egiziani, ma, come abbiamo detto, con proporzione variabile di sangue negro. Eglino sono quasi tutti cristiani delle sette giacobita, eutichiana, monosofita, monotelita, condannate dal concilio di Calcedonia del 451. Alcuni sono anche cattolici, ed il loro numero complessivo non eccede i 150,000, di cui 10,000 circa risiedono in Cairo.

Vero è che non tutti i Copti presentano tracce di sangue negro allo stesso grado: ma quei che più si avvicinano al tipo negro hanno le

(1) Ritter, Erdkunde, cit. p. II. sez. 5. §. 29.

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guance proeminenti, le labbra grosse, il naso leggermente schiacciato, e gli occhi un poco incavati nell'orbita, con barba scarseggiante, nera e crespa come i capegli. Quelli poi che meno risentono della influenza del connubio de' Negri hanno caratteri fisici quasi allo intutto somiglianti a quelli de'Fellahs. « Eglino sono (così li descrive un attento osservatore) di una taglia superiore alla media con forme nettamente rilevate, e di un colore rosso-scuro: larga hanno la fronte, tondo il mento, le gote mediocremente piene, il naso diritto, le ali nasali molto sinuose, gli occhi grandi e bruni, la bocca stretta, le labbra grosse, i denti bianchi, le orecchie alte e molto distaccate, i sopraceigli e la barba estremamente neri.

« Nulla è più notevole che il contrasto fra le forme gracili e magre degli Arabi, e le grandi e belle proporzioni de'Copti. All'esterno sparuto e misero dei primi oppongono questi un'aria di maestà e di potenza; alla rozzezza de' loro tratti un' affabilità sostenuta; al loro aspetto inquieto e pensieroso una figura aperta ed intelligente (1) ».

S. 2. Nubi.

I Nubi odierni si distinguono con varie appellazioni secondo i luoghi ne quali soggiornano. Ritengono ancora il nome di Nubî o Barabra gli abitanti nella valle del Nilo. Le popolazioni erranti che sono fra il Nilo ed il Mare Eritreo si chiamano Ababdes, Bishari e Suakini. Gli Ababdes sono allogati nella regione settentrionale che dal Deserto si estende fino a Cosseir, e verso il parallelo di Derr confinano co' Bishari, i quali da questo punto si allargano fino alle frontiere delF'Abissinia, e sono assai numerosi verso il monte Olfa, che è a quindici giornate di distanza da Assuar. I Suakini sono ancora più ad ostro, e giungono fino a Suakin sul Mar Rosso. Noi descriveremo separatamente i Nubi del Nilo e quelli viventi fuori la valle di questo fiume, e diremo per ultimo de' Nubi del Kordofan fra la Nubia e il Dar-fur (sebbene più vicini a'tipi sudanici, che a' veri popoli della Nubia), e de' Nubi del Sennaar fra l'Abissinia ed il Kordofan.

A. Barabra, o Nubi della valle del Nilo.

I Nubi o Barabra si dividono in tre gruppi (di cui ognuno ha il proprio dialetto), in Nuba, in Kennù e in Dongolesi. I Nuba soprattutto sembrano essere molto affini ai Negri Koldagi coi quali, a quanto pare, han comunanza ancora di linguaggio. Forse a questo gruppo di Nubi si saranno potuti mescolare i Nobati che Diocleziano fe' venire, egli è già quindici secoli, sul Nilo, traendoli probabilmente dal Kordofan.

(1) Aperçu du Sayd. - Memoires sur les fièvres pestilentielles, p. M. Pugnet. Paris, 1804.

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