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mano. L'ordine ha questo di proprio, che ogni parte sembra tanto spontaneamente al luogo suo collocata da non lasciarvi intravedere o sospettare la trepida fatica dell'artefice, le lunghe veglie, gli studi ostinati, i pentimenti e il tardo martirio della lima. Perlocchè l' uomo nuovo nel santuario delle arti, tutto compreso dall' armonia, rispondente a capello a quel tipo ideale, che ciascuno ha nella propria mente, non è maraviglia, se pari a colui che ammirava per la prima volta le loggie vaticane, rompa in quel detto: Son pittore anch' io!

Ciò è bastante per chiarirvi della dura condizione d'un maestro in belle lettere. Egli, che non può lasciarsi illudere dall' apparente facilità, e che vede ben addentro nei difficili misteri dell' arte, si trova in certa maniera costretto a distruggere questo incanto, a capovolgere ogni cosa, per insegnare pazientemente agli alunni la via tenuta, gli apparecchi fatti, le noie durate, le malagevolezze superate prima di toccare la meta, e per discoprire quelle regole generali, che conducono al bello, sono norma infallibile per non forviare; il quale lavoro è per se medesimo pieno di aridità e di pericolo. Quindi è che i periti raccomandarono così sovente con Orazio per una parte di giovarsi degli esempi, e per l'altra di essere brevi nei precetti e parchi, per quanto fosse dalla materia consentito :

Quidquid praecipies, esto brevis; ut cito dicta
Percipiant animi dociles, teneantque fideles.

Avvi oltre a ciò una seconda ragione, che rende meno gradevole ai giovani la precettistica, consistente nella natura medesima delle cose insegnate ; essendo che i precetti e le sentenze siano come il

riassunto di tarde e costanti meditazioni; le quali quanto dilettano i dotti o come richiamo, o come materia di nuovi studi e pensamenti, tanto riescono a quelli oscuri o gravi. La famosa Epistola ai Pisoni, per cagion d'esempio, non contiene più di dieci o dodici canoni intorno alle belle arti; ma questi sono così gravidi di altissime dottrine, che raccolgono in se quanto di meglio venisse mai detto fin qui agli antichi ed ai moderni intorno all' estetica. Ora questi canoni essendo come il sugo e l'ultimo risultamento di lunghe considerazioni, pochi giovani sono al fatto di comprenderne tutta I'ampiezza, quando non abbiamo premessa la preparazione di accurate e varie letture, e la disamina coscienziosa di molte opere d'arte. Queste due osservazioni bastino da se sole a farvi comprendere perchè da una parte gli elementi riescano tanto duri, e perchè dall' altra il metodo seguito nelle scuole o sia da modificarsi come vizioso, o come nimico alla logica da ripudiarsi.

Osservate quel che si fa nelle scuole. Un giovane, il quale inelegantemente e a fatica saprà esprimere in carta i propri pensieri, e dovrà tuttavia lottare colla grammatica, come appena giunga in rettorica, viene d' uno tratto come trasmutato in poeta, in oratore, in filosofo, e consuma la vergine fantasia nello abborracciare dei componimenti o anche meglio delle informi rapsodie, nel cucire insieme delle splendide frasi rapite qua c là senza grande discernimento; educando se medesimo a scrivere di pratica e presto, a schivare la lima, e (che peggio è) alla vanagloria d'una gloria non meritata se non avendo mente alla ctà dello scrittore. In questo mezzo il maestro è nella

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necessità d'incorarlo per non condurlo a disperare di se medesimo, e insieme a ragionarli delle più sublimi perfezioni e delle sfumature della lingua e dello stile, a presentargli dei lunghi e tediosi cataloghi di regole e di tropi, a dargli d'un colpo i precetti della lirica, della tragedia, della commedia, del poema epico, e così via di questo tenore, senza che per avventura ne abbia letto un solo per intiero; mentre dal canto loro i discenti divenuti indocili, osano perigliarsi ad imprese che riuscirono gravi agli omeri dei più provetti. Qual giovane alunno di rettorica venne a termine del suo corso senza avere immaginata o scritta una tragedia, una commedia, o sognato un romanzo e un poema epico? Si narra che Pittagora educasse per cinque anni i giovani alla meditazione ed al silenzio; considerando queste due doti come essenzialissima preparazione ad avanzare in meglio, e a lavorare in seguito con cognizione di causa. In questo l'antico filosofo era più logico di noi, parendo ridicola cosa il por mano ad una fabbrica prima d'aver in pronto all'uopo i materiali, e tener conto dei fregi e delle dorature delle sale, mentre si desiderano e mancano ancora i fondamenti.

A questa ovvia instanza contra il metodo antico si risponde; essere utilissima cosa pei giovani l'esercizio dello scrivere, per usarsi a quella manegevolezza di espressione, che in un età più matura anche più malagevolmente si acquista. L'osservazione è tanto vera che farebbe, a parcr nostro, pessima prova chi si avvisasse di non tenerne conto alcuno; sì bene par necessario cangiar norma e proposito, usando i giovani a scrivere, non

per lavorare e dar di proprio, o, diremo, come autori; ma formando dei compendi, de' ragguagli di libri ed opere, giudizi, e impressioni ricevute, leggendo e studiando; per lo qual mezzo puossi conseguire lo scopo, evitando lo sconcio di empiere il paese di scrittorelli tanto importuni, quanto arroganti. Il giovane, che per la pochezza delle cognizioni può fornir poco del proprio fondo, deve innanzi a tutto far tesoro dell' altrui, per dare più tardi dei frutti bene stagionati e saporosi.

Tuttavia malgrado l' aridità delle materie, non vogliam con ciò asserie, che debba omettersi la teorica dell'arte, e il dare precetti nelle scuole; imperocchè sarebbe, a vero dire, non meno ridicolo che assurdo il volersene al tutto passare. A qual uopo gioverebbero senza di questo i licei ed i ginnasi? Il difetto non è nel cibo in se medesimo, bensì nel modo di ammannirlo, ed imbandirlo agli alunni. Si stimò più breve il ridurre a pochi canoni generali gli accorgimenti dell' arte; ed era in fatto, quando si avesse in animo di raccomandarli solamente alla memoria; chè del resto a volere che si convertissero bene in succo ed in sangue, era da far sì che il precetto nascesse da per se stesso e da precedenti disamine, non che fosse dato a modo di oracolo o di dogma cattedratico. Questa via sembra apparentemente più lunga, eppure tenete per certo, che un precetto appreso così, riuscirà più fecondo e fruttifero dei dodici libri delle Instituzioni di Quintiliano raccomandati per filo alla memoria. Immaginate a cagion d'esempio ch' io mi proponga di ragionarvi della tragedia sarà egli più logico l'espilare la

rettorica di Aristotile, l'epistola di Orazio, e il trattato del Gravina, o recarvi all' uopo l' Edipo di Sofocle e il Saul di Alfieri? Quando avrete intesa e gustata una di quelle stupende scene, non vi verrà fatto immantinenti di formolare alcune leggi sul dialogo, sulla natura dello stile tragico, sui caratteri degli attori diversi ? Allora l'alunno stesso diventa il compilatore del precetto, e si diletta di questa, direi quasi, sua creazione, e le regole hanno vita perchè si congiungono ad un tipo noto e piacevole. D'altra parte il riandare le impressioni ricevute è cosa per se medesima piena di ricreamento, come ad un viaggiatore che ritorna in patria dopo un lungo cammino, il ricordare i casi e le scene diverse che gli occorsero per via.

Una seconda instanza, rampollata da vecchi pregiudizi, pare che ad onta di questo giustificasse il metodo opposto, e si osservò, che i precetti ricavati via via da una lettura qualunque, non si presentano ordinati quanto nei libri della rettorica; ma si bene confusi, e come il caso li porge; e ciò dovere immancabilmente produrre nelle menti giovanili una tal quale incertezza e tentennamento disaggradevole. La cosa sembrò tanto più vera a quei maestri, che usi ad aver a mano il catalogo delle domande, sono presi di compassione per un giovane di buon senso, il quale, pur sentendo di gustare le bellezze d'un Classico, non saprà poi d'un tratto categoricamente rispondere ad un quesito, o ripetere la definizione della metafora e della sinedoche, o recitarvi per ordine le tre qualità che ad un esordio ben congegnato sono volute da Quintiliano. Costoro però non dovrebbero dimenticare

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