Page images
PDF
EPUB

Qual è quel cane, ch' abbaiando agugna,
E si racqueta poichè 'l pasto morde,
Chè solo a divorarlo intende e pugna;
Cotai si fecer quelle facce lorde

1

Dello demonio Cerbero, che 'ntrona L'anime sì, ch' esser vorrebber sorde. Noi passavam su per l'ombre ch'adona

:

La greve pioggia, e ponevam le piante
Sopra lor vanità che par persona.

Elle giacean per terra tutte quante,

Fuor ch' una, ch'a seder si levò, ratto.
Ch'ella ci vide passarsi davantė.
O tu, che sc' per questo Inferno tratto,
Mi disse, riconoscimi, se sai :

Tu fosti, prima ch' io disfatto, fatto.
Ed io a lei: l'angoscia che tu hai,
Forse ti tira fuor della mia mente,
Sì che non par, ch' io ti vedessi mai... ⠀
Ma dimmi chi tu se', che 'n sì dolente

28. Qual è ec. Questa seconda similitudine avvalora quanto si è detto nella nota al v. 13. Imperoc chè dicendo che quel dimonio Cerbero divorava quella terra a guisa di un cane, ben dimostra, ch'esso Cerbero non era un cane. Altrimenti si avrebbe qui la ridicola similitudine di un cane che mangia come un cane. Agugna. Agugnare o agognare, vale desiderare con avidità.

30. E pugna, combatte. Il Poeta si vale qui di questa espressione a

[ocr errors][merged small][merged small]

significare l'estremo della solleci-
tudine e della forza con che un
cane affamato distrugge e divora il
pasto.

31. Facce, altri legge fauci o foci.
32. Introna, stordisce.
34. Adona. Adonare, vale do-

mare.

36. Sopra lor ec. sopra la loro incorporalità che par corpo. 42. Tu fosti prima fatto, cioè, tu nascesti prima ch'io fossi disfatto, prima ch' io morissi.

44. Mente, per memoria.

Luogo se' messa, ed a sì fatta pena, Chè s'altra è maggio, nulla è sì spiacente. 48 Ed egli a me: la tua Città, ch'è piena D'invidia, sì che già trabocca il sacco, Seco mi tenne in la vita serena. Voi, cittadini, mi chiamaste Ciacco : Per la dannosa colpa della Gola, Come tu vedi, alla pioggia mi fiacco: Ed io anima trista non son sola

Chè tutte queste a simil pena stanno à Per simil colpa; e più non fe' parola. lo gli risposi : Ciacco, il tuo affanno

Mi pesa sì, ch'a lagrimar m'invita :
Ma dimmi, se tu sai, a che verranno
Li cittadin della Città partita :

S'alcun v'è giusto; e dimmi la cagione,
Perchè l' ha tanta discordia assalita.
Ed egli a me: dopo lunga tenzone

48. Maggio per maggiore usarono molti buoni antichi Autori in verso ed in prosa. V'ha chi legge maggior. 49. La tua Città, Firenze.

51. Vita serena è questa nostra vita mortale appetto a quella infelicissima dei dannati.

52. Ciacco. Il Boccaccio dice che Ciacco fu costumato uomo, secondo la sua condizione, ed eloquente ed affabile e di buon sentimento; per le quali cose era assai volontieri da qualunque gentiluomo ricevuto. Queste qualità indussero per av

51

54

52

60

63

ventura il nostro Poeta a introdur-
lo in questo Canto dove si ragio-
nano le cose della politica, e i vizii
dei ricchi e dei grandi coi quali
Ciacco era solito di vivere ; e quin-
di gesserebbe l'accusa che in que-
sta parte gli mosse il Ginguené -
Ciacco suona lo stesso che porco.
54. Mi fiacco, mi struggo.
60. A che verranno, a qual fine si
condurranno.

61. Città partita, Firenze divisa nelle due fazioni de' Neri e dei Bianchi.

Verranno al sangue, e la parte selvaggia
Caccerà l'altra con molta offensione.
Poi appresso convien che questa caggia
Infra tre Soli, e che l'altra sormonti
Con la forza di tal, che testè piaggia.
Alto terrà lungo tempo le fronti,
Tenendo l'altra sotto gravi pesi,
Come che di ciò pianga, e che n'adonti.
Giusti son due, ma non vi sono intesi :
Superbia, invidia, ed avarizia sono
Le tre faville ch' hanno i cori accesi.
Qui pose fine al lagrimabil suono;

Ed io a lui: ancor vo' che m'insegni,
E che di più parlar mi facci dono.
Farinata, e'l Tegghiai', che fur sì degni,

[merged small][ocr errors][merged small]

66

69.

72

75

78

72. Come che ee.: sebbene la parte Bianca pianga e si adiri di quei pessimi trattamenti.

73. Giusti son due. Chi siano questi due giusti, qui non si dice, nè lo sanno indovinare i Comentatori. Alcuni si accordano a dire che il Poeta qui parlò di Guido Cavalcanti e di sè medesimo. 76. Suono, per parlare lagrimabile perchè tocca i vizii e lé sventure della patria.

79-80. Farinata ec. Illustri cittadini di Firenze. Il Poeta dice che costoro fur sì degni quantunque poi li ponga nell' Inferno, avendo riguardo per avventura alla loro emi nente virtù e perizia nelle cose spettanti alla città.

Iacopo Rusticucci, Arrigo, e 'l Mosca,

E gli altri, ch' a ben far poser gl' ingegni, 8. Dimmi ove sono, e fa ch' io gli conosca;

Chè desio mi stringe di sapere,

gran

87

Se'l Ciel gli addolcia, o lo 'nferno gli attosca. 84
E quegli ei son tra l' anime più nere:
Diversa colpa giù gli aggrava al fondo.
Se tanto scendi, gli potrai vedere.
Ma quando tu sarai nel dolce mondo,
Pregoti, ch' alla mente altrui mi rechi:
Più non ti dico, e più non ti rispondo.
Gli diritti occhi torse allora in biechi:

Guardommi un poco, e poi chinò la testa:
Cadde con essa a par degli altri ciechi.
E'l Duca disse a me: più non si desta
Di qua dal suon dell' angelica tromba,
Quando verrà lor nimica podesta:
Ciascun ritroverà la trista tomba,
Ripiglierà sua carne, e sua figura,
Udirà quel, che in eterno rimbomba.

84. Se'l Ciel gli addolcia ec., se il Ciel li pasce di dolcezza, o l'In ferno di amaro tossico.

A

90

93

96

99

tenza : nessun maggior dolore ec. 93.Cicchi sono i dannati che non videro la luce della verità e della

·86. Diversa colpa, cioè diversa virtù. dalla golosità.

88. Dolce mondo, il mondo nostro. 90. Più non ti dico ec. Siffatta protesta di Ciacco procede probabilmente o dal dispiacere che gli cagionava il parlare delle afflizioni della patria, o dal dolore che gli recò l' essersi ricordato della vita e degli amici, secondo quella sen

95. Di qua, prima.

val quanto dinanzi,

96. Lor nimica podesta, Gesù Cristo avverso ai dannati, che discenderà nel dì del giudizio universale.

99. Quel, che in eterno rimbomba, l'eterna, immutabile sentenza di Dio.

Sì trapassammo per sozza mistura
Dell'ombre, e della pioggia, a passi lenti,
Toccando un poco la vita futura;
Perch'io dissi: Maestro, esti tormenti
Cresceranno ei dopo la gran sentenza,
O fien minori, o saran sì cocenti?
Ed egli a me: ritorna a tua scienza,

Che vuol, quanto la cosa è più perfetta,
Più senta 'I bene, e così la doglienza.
Tuttochè questa gente maledetta

In vera perfezion giammai non vada, Di là, più che di qua, essere aspetta. Noi aggirammo a tondo quella strada, Parlando più assai, ch' io non ridico: Venimmo al punto dove si digrada ; Quivi trovammo Pluto il

102.Toccando, per menzionando. 105. Si, così, come sono di pre

sente.

106-108. A tua scienza, alla tua Aristotelica filosofia, la quale insegna, che quanto l'uomo ha più della perfezione, tanto è più atto a fruir la beatitudine, ed a sentir la miseria.

gran

nemico.

102

105

108

114

111. Di là, più che ec. Aspetta di essere più perfetta di là, cioè dopo il giudizio, che di qua, cioè prima. 114. Si digrada, si discende. 115. Pluto, diverso da Plutone, era presso gli antichi mitologi il Dio o distributore delle ricchezze. Perciò Dante lo pone a presiedere il cerchio degli Avari.

FINE DEL CANTO SESTO

« PreviousContinue »