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< Là dove indarno superar gl' incanti Tentaro i più feroci e i più gagliardi, La Croce scaccerà mostri e giganti; La Croce fia che t' assicuri o guardi Da le schiere d'inferno e quindi e quinci, In questo segno pur combatti e vinci. » 12. v. 1-4. Staz., Achill., IV: « Exuit implicitum tenebris humentibus orbem Oceano prolata dies, genitoque corusca Lucis adhuc hebetem vicina nocte levabat, Et mundum excusso rorantem lampada ponto. || 4. Conq.: « E l' al

tro ciel. >

>

13. v. 2.- Lucrez.: Et cœli lucida templa: Coeli templa serena. Conq.: .... il tempio del ciel sparge e raguna! || 3-5. Dante, Purg., XIV, 147: « Chiámavi il cielo e intorno vi si gira, Mostrandovi le sue bellezze eterne; E l'occhio vostro pure a terra mira. ›

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14. v. 8. San Paolo, Coloss., III, 9: « Expo- 8: Tanti e sì vari suoni. »

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< L'un margo e l'altro di quel rivo adorno Spira soavi odori e lieto ride:

Conq.:

Ei distende il suo torto e freddo corno D'intorno al bosco che nel grembo asside: Nè pur gli fa quasi corona intorno, Ma i verdi colli un suo ruscel divide. » 21. <Mentre mira il guerrier dove si guada, Gli apparve un ponte, ch'è d'intagli e d'oro Maraviglioso in vista; e larga strada Par che prometta a più ascoso tesoro. Passa; e passato a pena, avvien che cada Da gli archi il ruinoso aureo lavoro; Onde sel porta via l'onda repente, Fatta d'un picciol rivo ampio torrente. > 23. v. 1-3. Claud., in lode di Serena, 89: quocumque per horbam Repta res, flu

......

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E di sè stesse una corona ordiro,
E cinsero il guerrier, siccome suole
Esser punto rinchiuso entro 'l suo giro.
Cinser la pianta ancora; e tai parole
Nel dolce canto lor da lui s'udiro:
Ben caro giungi in queste chiostre amene,
O della donna nostra amore e spene.
29.

Giungi aspettato a dar salute all'egra,
D'amoroso pensiero arsa e ferita.
Questa selva, che dianzi era sì negra,
Stanza conforme alla dolente vita,
Vedi che tutta al tuo venir s'allegra,
E'n più leggiadre forme è rivestita.
Tale era il canto: e poi dal mirto uscia
Un dolcissimo suono; e quel s'apria.

30.

Già nell'aprir d'un rustico Sileno Meraviglie vedea l'antica etade: Ma quel gran mirto dall'aperto seno Immagini mostrò più belle e rade: Donna mostrò, ch'assomigliava appieno Nel falso aspetto angelica beltade. Rinaldo guata, e di veder gli è avviso Le sembianze d'Armida e'l doce viso.

31.

Quella lui mira in un lieta e dolente: Mille affetti in un guardo appaion misti. Poi dice: lo pur ti veggio; e finalmente Pur ritorni a colei da cui fuggisti. A che ne vieni? a consolar presente Le mie vedove notti e i giorni tristi? O vieni a mover guerra, a discacciarme, Chè mi celi il bel volto, e mostri l'arme?

32.

Giungi amante, o nemico? Il ricco ponte Io già non preparava ad uom nemico; Ne gli apriva i ruscelli, i fior, la fonte, (co. Sgombrando i dumi e ciò ch'a' passi è intriTogli quest' elmo omai; scopri la fronte,

| 4:

<Com'è rinchiuso il centro in ampio giro. >>

|| 6: « .... risonar s'udiro. » || 7: « . . . . in queste selve amene. > 8: «O de la Diva nostra. >

29. v. 1-2. Virg., En., IV, 1: « At regina gravi jamdudum saucia cura Vulnus alit venis, et coco carpitur igni. »

30. v. 1-2. Allude a quelle piccole imagini in forma di Sileni, le quali si ponevano sulle strade, fuori di città, accanto alle statue di Mercurio. Erano rozzamente costrutte al di fuori, ma aprendosi, mostravano nella cavità del loro seno maravigliosi e venerandi simulacri d'Iddii. A questi fu da Alcibiade, nel Convivio di Platone, assomigliato Socrate, il quale tutto differente da quello che appariva al di fuori era di dentro, ossia nell'animo, conosciuto da quelli che intrinse

camente erano soliti di seco usare.» || 4-8. Conq.:

<< Imagini gli mostra e belle e rade:
Donna dimostra, il cui splendor sereno
Quasi parea d' angelica beltade,

E gli occhi agli occhi miei, se arrivi amico; Giungi i labbri alle labbra, il seno al seno; Porgi la destra alla mia destra almeno.

33.

Seguia parlando, e in bei pietosi giri Volgeva i lumi, e scoloria i sembianti, Falseggiando i dolcissimi sospiri, Ei söavi singulti, e i vaghi pianti; Tal che incauta pietade a quei martiri Intenerir potea gli aspri diamanti. Ma il cavaliero, accorto sì, non crudo, Più non v' attende, e stringe il ferro ignudo.

34.

Vassene al mirto: allor colei s'abbraccia Al caro tronco, e s' interpone, e grida: Ah non sarà mai ver che tu mi faccia Oltraggio tal, che l'arbor mio recida! Deponi il ferro, o dispietato, o 'l caccia Pria nelle vene all' infelice Armida: Per questo sen; per questo cor la spada Solo al bel mirto mio trovar può strada.

35.

Egli alza il ferro, e 'l suo pregar non cura; Ma colei si trasmuta (oh novi mostri!). Siccome avvien che d'una, altra figura, Trasformando repente, il sogno mostri, Cosi ingrossò le membra, e tornò scura La faccia, e vi sparir gli avori e gli ostri: Crebbe in gigante altissimo, e si feo Con cento armate braccia un Briareo. 36.

Cinquanta spade impugna,e con cinquanta Scudi risuona, e minacciando freme. Ogni altra Ninfa ancor d'arme s'ammanta, Fatta un Ciclope orrendo: ed ei non teme; Ma doppia i colpi alla difesa pianta, Che pur, come animata, ai colpi geme. Sembran dell'aria i campi i campi stigi: Tanti appaiono in lor mostri e prodigi.

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Vassi all'antica selva; e quindi è tolta

37. v. 1-2. - Virg., En., V: « . . . . Tonitruque tremiscunt Ardua terrarum et campi.» Conq.: <Trema sotto i suoi piè l'orrida terra;

Sovra fulmina il cielo e par ch'avvampi. » 7-8: Talor si volge a'mostri, e 'ndarno ei batte L'aria leve e fugace e nulla abbatte.

Ond' ei disse fra sè: Vaneggio ed erro
Qui con la spada, onde convien ch'adombre,
Ma questo scudo, ond' io mi copro e serro
Con la Croce i fantasmi omai disgombre.
E la Croce innalzò, chinando il ferro,
Lucida fiammeggiando, opposta a l'ombre.
Ratto allora sparir l'orride larve,
E la noce troncò che mirto parve. >

38. v. 2.- Conq..... al suo primiero stato. 7: Nè trova incontro, e fra sè dice. > 39. v. 2. Conq. Colà predice.» || 5-6: < Eccolo: e come un sol ch' indora il manto Di bianca nube, umilemente altero. >

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43. v. 5. Esattissima è la descrizione che fa qui il Poeta delle ingegnose torri inventate dall' Embriaco. Essa è tolta da' cronisti e dagli storici, che nominano quella di Goffredo, e quelle di Tancredi e di Raimondo. [M.]

44. v. 1. - Conq.: « Si commette la torre. »

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45. v. 1-4. Virg., En, II, 235: « . pedibusque rotarum Subjiciunt lapsus.... Scandit fatalis china muros Feta armis. | Conq.:

«Per le sublimi vie spedita e destra, Sovra rote volubili e correnti.

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Correr tosto potrà la terra alpestra
Gravida d'arme e gravida di genti.
Maravigliosi allor d'arte maestra
Erano tutti a le grandi opre intenti;
Altre torri sorgeano al tempo istesso,
Pur come suole il poggio al poggio appresso.
Altri frattanto avean condotto a riva
D'ampie e profonde fosse alto lavoro;
E precisa la strada onde s' arriva,
Giù da l'acqua escludean l' Egizio e 'l Moro,
Emiren mal le turbe omai nudriva;
E di fredd' acque avea scarso ristoro.
Anzi la terra i vivi umori ha secchi,
Ed arbori spogliati, ignudi stecchi.

Nè può tra l' ime valli e gli erti monti
A sua voglia spiegar cotante squadre;
E biasma il piano angusto e i scarsi fonti
De la città, de' regi antica madre.
E perchè quei paesi a lui son conti,
Sa dove meglio i suoi raggiri o squadre;
E vuol sito cangiar d'orrida guerra,
Scegliendo presso il mar più larga terra. >

48. v. 1-2. Asfalto o Bitume giudaico. Ha l'aspetto della pece nera, e ne abbiamo dato

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