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secondo elemento, è occasione che si risveglia in noi il sentimento della luce; e quella ond' essi sanno brandire e ondeggiar l'aria sino al timpano dall' orecchio, il sentimento del suono. Similmente una certa figura di particelle, o pure certi piccioli animaletti che sono ne' corpi, stuzzicando in una maniera, o in un' altra i nervetti della lingua, sono occasione, che in noi si desti l'idea di quello, o di quell' altro sapore. E l'istesso avviene dell'odore e delle altre qualità somiglianti. E così da noi chiamasi impropriamente qualità della materia quello che in realtà è soltanto percezione della nostra mente. Io già intendo, disse la Marchesa; noi siamo i conquistatori del mondo che ci è dattorno, e divenghiam ricchi alle spese altrui. Il filosofo non lascia a' corpi che a mala pena lo scheletro, dirò così, della estensione, e il resto, di che e' pajono rivestiti, lo dà all' anima nostra. E con ragione, io soggiunsi. Quando uno si trova al bujo, faccia di premere col dito l'un canto o l'altro dell'occhio, girandolo a uno stesso tempo alla parte opposta, e vedrà tosto un cerchietto di colori simile in certo modo a quelli che veggiamo nella coda del pavone. Onde questo? mentre certamente al di fuori non ha nè colore, nè luce. Non da altro, salvo che dalla pressione del dito, il quale opera così grossamente nell'occhio quello che i raggi di luce vi fan fare con tanto maggiore isquisitezza. Veramente veggo anch' io, disse la Marchesa, che non può stare altrimenti la cosa da quel che voi dite. Ma come è mai, che in virtù di un certo moto di rotazione io apprenda

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il rosso, l'azzurro? Qual corrispondenza, ci può egli essere tra i corpi in qualunque modo disposti, e un concerto di colore, una idea che l'anima forma dentro a sè stessa; chè pur parmi che i sentimenti dell' anima sieno una faccenda diversa in tutto da qualunque movimento si sia. Comprendete voi meglio, Madama, io risposi, qual corrispondenza ci sia tra il dolore, che é pur dell'anima nostra, e la puntura di un ago, che altro non fa che lacerare alcuna fibra della persona; tra un certo moto di ventaglio maneggiato da dotta mano, e il sentimento ch'e' fa nascere in altrui della speranza? Ed ella accennando di no; Pur nondimeno, io soggiunsi, tali cose, benchè di differentissima natura, vanno di compagnia; e l'una è cagione, o per lo meno occasione dell'altra. Si dovrà dunque dire, ripigliò la Marchesa, che tra i movimenti della materia e le idee dell'anima ci sia quella corrispondenza che era negli Elisj tra Enea e l'ombra del padre Anchise? Conferiscono insieme, ragionano, rispondono l'uno all'altro: ma quante volte Enea tentò di abbracciare Anchise, altrettante se ne tornò con le man vote al petto. Questi pur sono, io ripigliai a dire, i misteri della fiosofia, alla quale, Madama voi domandate assai più ch'ella non può veramente rispondere. Chi potria dirvi come lo spirito sia legato in questi nocchi della materia? Come gli oggetti corporei cagionino certe idee nell'anima, ella all'incontro certi moti nel corpo? Come senza estensione ella sia in ogni parte di noi, invisibil vegga, e intangibil tocchi? Sebbene non è punto da credere che si

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rimanessero muti i filosofi, se noi gli domandassimo del come tutto ciò succeda. Ci metterebbono in campo gli spiriti animali che scorrono per la cavità dei filamenti sottilissimi dei nostri nervi, e portano le sensazioni degli oggetti corporei al cervello, ed esso poi le imprime nell' anima; le cause occasionali; l'armonia prestabilita: ci farebbono dei laghi di filosofia che noi poco intenderemmo, e che nulla conchiudono. E già cotesti grandi ragionatori furono paragonati co' ballerini, i quali dopo gli più studiati passi del mondo e le più belle cavriole, si trovano alla fine del ballo nello stesso sito per appunto che il cominciarono. Ma comunque sia del come e del perchè, egli è indubitabile, io seguitai a dire, esservi più specie di cose, le quali in noi ne producono di certe altre di ben diversa natura. Onde non maraviglia che certi movimenti ne' globetti di luce eccitandone degli altri, nella retina, che è una pellicella nel fondo dell'occhio, e questi comunicandosi, in qualunque modo ciò avvenga, al cervello; non maraviglia, dico, che questi tali movimenti possano creare in noi certe idee di colore. E già dell'istesso occhio, e delia maniera con che si formano dentro di esso le immagini delle cose, sarebbe ora forse da parlare: se non che ecco, Madama, che veggo comparire lo scalco, quale viene ad avvertirvi esser già messe le tavole: ed egli è oggimai tempo di vedere che qualità di sapore noi riferiremo coll' animo alla zuppa. Non so, disse la Marchesa, se colui che tutta mattina ci ha studiato su, e crede

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di averglielo realmente dato, si accorderebbe così di leggieri con voi altri filosofi che ridur vorreste ogni cosa all'apparenza. Ch' ei non risappia giammai, io risposi, de' nostri ragionamenti. Egli non persona da disgustare per così poco, come è una opinione di filosofia. E il dir questo e il levarmi su fu una cosa, stimando che così ancora far dovesse la Marchesa. Ella al contrario volea pure che io le dicessi più avanti, e non così tosto si tralasciasse l'incominciato nostro ragionamento. Sopra di che io la pregai a volersi ridurre a memoria e ponderare il detto di quel poeta francese, nominato il poeta della ragione, come vivande riscaldate buon sapore non resero giammai. Della qual verità pur convenne dopo qualche contrasto la Marchesa; e finalmente a' piaceri della tavola ebbe a cedere il campo la filosofia.

Si espongono i principj generali dell' Ot

tica, si dichiara la struttura dell' occhio e la maniera onde si vede; e si confutano le ipotesi del Cartesio e del Malebranchio intorno alla natura della luce e dei colori.

Nel tempo che durò la tavola, ora andava immaginando la Marchesa certe particolari specie di animaletti, da' quali le venisse destato quello o quell' altro sapore; ed ora raggirar faceva in uno o in altro modo i globetti della luce secondo la diversità dei colori delle cose che se le presentavano innanzi. E mostrava avere non picciol obbligo al Cartesio, da cui riconosceva d'essere messa a parte de' segreti della natura. Se non che una qualche noja parea pur darle che de' suoi colori ei ne l'avesse spogliata. Dove io pur la veniva certificando che con una semplice disposizione di particelle ella avrebbe seguitato ad operar quello che per l'addietro operar credeasi col coloré medesimo, e ch'ella poteva starsene sicura nel suo regno contro a tutti i macchinamenti della più sottile filosofia.

Levate le tavole, e preso il caffè, ella si ritirò nelle sue stanze e dopo avere nelle ore

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