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anch'essi la ragion dell' uomo libera dal giogo dell' autorità, e degli Aristotelici dispregiatori eran solenni; il che già era di moda. Di fare tante sperienze e osservazioni, onde venire in chiaro de' naturali effetti, non si davano gran travaglio. Si davano bensì vanto di spiegare ogni cosa con grande speditezza, e per modo che senza gran fatica potesse intenderli ognuno. Ponevano alcuni pochi e semplici principj, e singolarmente che le specie delle cose non differiscono sostanzialmente tra loro, ma soltanto per la varia disposizione e modificazione delle parti della materia, che è in tutte la stessa, simile, diciam così, a quel legno che diviene uno scanno un Dio, secondo la forma che gli dà l'artefice. Quindi per via solamente di certi movimenti e di certe figure che sapevano immaginare, giusta il bisogno, ne' corpi e nelle parti di quelli, terminavano ogni quistione. Nè era cosa in natura, che in certo modo non operassero a mano, quasi testimonj di veduta della creazione del mondo. E perchè la pronta fantasía di costoro andava di primo lancio alle cause più occulte delle cose, intanto che il Galilei dopo molte considerazioni e molto studio, dopo molte prove e riprove, si contentava solamente di stabilire una qualche legge della natura, divennero ben presto signori delle scuole, e sortirono al pari di Aristotele di caldi e zelanti sostenitori. Almeno, disse la Marchesa, è forza confessare che il meritarono assai meglio. Chè certo, per quanto dite, è da credere grandissimo fosse l'ingegno

di costoro, e dovea giustamente levare in ammirazione ogni gente. Sì, rispos' io; ma non di rado avveniva che gli effetti che si osservavano dipoi in natura, smentivano i bei ragionamenti che acquistati si erano applauso e fede presso i più: ed egli era proprio una compassione vedere i più ammirabili sistemi del mondo risolversi in niente al cimento di una sola esperienza. E così va chi troppo s'affretta; voglio dire, chi vuol far mostra d'ingegno, prima ch' egli abbia adoperato gli occhi abbastanza. E per verità niun ascolto noi non daremmo a un meccanico il quale presumesse indovinare la costruzione del famoso orologio di Argentina, senza aver cognizione nè degli aspetti ch' egli mostra, nè di quelle tante cose che e' sa fare, oltre il batter l'ore. Non è così? Così è, disse la Marchesa. E che dovremmo noi pensare, io continuai a dire, di un filosofo che vorrà descriverne la interna fabbrica dell' Universo, come innanzi tratto egli non abbia posto grandissimo studio per conoscere le operazioni varie, gli effetti, le molle e gl' ingegni della natura? Ciò non ostante, il Cartesio, capo di questa setta di filosofi, compose un suo sistema di Ottica; si mise cioè a ragionare e dommatizzar della luce, senza prima certificarsi con accurate sperienze, s'ella sia sostanza semplice, o composta, senza conoscere le principali affezioni e qualità sue: e un tale suo modo di filosofare pur levò tanto applauso nel mondo. Ben è però vero che in questi ultimi tempi si è forte intiepidito

quell' applauso. Chiaro si conosee più che mai, che dove per troppa lentezza in prender partito corrono assai volte pericolo gli affari di Stato, il contrario appunto succede delle spe culazioni della filosofia. E presentemente tutte le Accademie di Europa vanno notando ciascuna particolarità che la industria o la for tuna presenta loro tanto nell'Ottica, quanto nelle altre parti della fisica; e vanno così ammannendo di che forse ordire un giorno il vero sistema

dell' Universo.

Quando però bisogni, soggiunse la Marchesa, ad aver un vero sistema, sapere tutte le particolarità, come voi dite, non è credibile che noi siamo per averlo così di breve. E se altre volte conveniva aspettare un secolo perchè ricorressero certe tali feste che si celebravano in Roma, converrà forse ora aspettare le migliaja di secoli perchè venga a illuminare il mondo questo vero sistema. Intanto mi par cosa pur ragionevole esser contenti a quelli che meritarono più applauso ed ebbero più voga. E chi non avrebbe vaghezza di sentire quanto di più ardito e di grande seppe riuscire dalla fantasía dell' uomo? Comprendere il magistero della natura, penetrare le cagioni delle cose, è lo stesso che salire in cielo e sedere alla beata mensa deg!' Iddii. Che se i filosofi non colgono in tutto nel vero, sarà, mi penso, che pur sentono del mortale anche gli occhi loro. Starà poi a noi a discernere dove hanno dato nel segno, e dove no; e a far giusta ragione de' loro sistemi. Non furono nai dette, io risposi, più sensate ragioni per

udir delle follie. Come è del piacer vostro. Ma vedete, Madama, il bel campo che mi apriste per pigliarmi di voi un po' di vendetta che mi fate stare a questo nobil sì, ma sottil cibo della filosofia. Io potrei prendere il principio da alto, come si suol fare in somiglianti casi, e dirvi, come alcuni hanno affermato, la luce esser l'atto del pellucido, in quanto egli è pellucido; altri, lei esser l'anima onde il mondo sensibile viene ad esser collegato con l'intelligibile; i colori essere una certa fiammolina che svapora dai corpi, le cui parti hanno proporzione con l'organo del vedere. Tutto ciò potrei dirvi, non senza toccare alcuna cosa del furto mistico di Prometeo, o che so io. E pensate pure che in somiglianti concetti stavasi altre volte racchiusa la scienza dell'uomo. Non fate voi ora meco, disse la Marchesa, come i tiranni che il male che non han fatto, lo mettono in conto di benefizio? Ma a ogni modo gran mercè che voi entrar non vogliate in mondi inintelligibili, in furti mistici, e in così fatte altre cose; che io per me non ne verrei a capo in un anno a intenderne parola. Qual maraviglia, rispos' io quando che forse quegli che ne furono gli autori, non le hanno intese eglino stessi? Ben voi, Madama, intenderete con facilità grandissima il sistema del Cartesio, che vi mostrate tanto desiderosa di averne contezza.

Ora figuratevi tutta quanta la materia, di che fatto è il mondo, non altro essere stata da principio, che una massa informe, e la medesima in tutto e per tutto. Tale immensa

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materia, quanta ella è, figuratevela divisa in particelle della figura di un dado, picciolissime ed eguali tra loro. Di quelle particelle figuratevi che una grandissima moltitudine qua giri intorno ad un punto, là un'altra moltitudine intorno ad un altro,.e nel tempo stesso girino tutte in sè medesime; e ciò in guisa di ruota, che nel correre ch'ella fa, vassi tuttavia volgendo sopra di sè. In tal modo, Madama, immaginerete pieno di vortici ogni cosa: chè vortice si chiama uno ammassamento di ma teria, qual ch'ella sia, che vada intorno a un punto o centro comune come si vede far acqua ne' gorghi di un fiume, o la polvere raggirata dal vento. E tutto questo, Madama, è ben facile ad esser compreso. Facilissimo ella rispose. Or bene, io soggiunsi; e VOI vedrete per via di così semplici e pochi ordigni formarsi il sole, le stelle, la luna, i colori. E che cosa non vedrete mai? Il sistema de' vortici è quasi un palazzo magico, dove uno ha solamente la briga di chiedere ciò ch' e' vuole, che sel vede comparire innanzi di presente. Si avrà dunque da credere, ripigliò la Marchesa, che da sì picciola cosa conceduta al Cartesio abbiano da seguitare tante maraviglie ? Madama, io risposi, voi non sapete che ogni tantino che si conceda a' filosofi e' procedono a modo degli amanti; e passo passo là recano le persone, dove esse non avrebbon pensato giammai. lo m'intendo, rispose la Marchesa, così poco d'amore, come di filosofia. Ma non saprei vedere a che cosa possa riuscire il lavoro o

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