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INTRODUZIONE

Breve storia della Fisica, ed esposizione della ipotesi del Cartesio sopra la natura della Luce e de' Colori.

Sopra la costiera di una piacevole monta

gnetta che tra Bardolino e Garda sorge alle sponde del Benaco, è posto Mirabello, luogo di delizia della Marchesa di F. . . . . dove è solita dimorare ogni anno buona parte della estate. Dall' un fianco guarda il bel piano che irrigato è dal Mincio; dall' altro le Alpi altissime e i colli di Salò lieti di fresca e odorosa verdura; e sotto ha il lago in cui si specchia, sparso qua e là di navigli e di care isolette. Quivi io mi ritrovava la state passata a villeggiar con la Marchesa, il cui aspetto ben risponde a tale amenità di luogo; e quivi mi convenne ragionar con lei di filosofia. Mi ridusse a questo l'acutezza del suo ingegno, non meno che della sua curiosità, la quale, secondo che porta il discorso, si risveglia a un motto, e non si sbrama così di leggieri. Più vaga di sapere, che volonterosa di parlare, non meno ella sa fare di belle domande, che ne voglia udire la risposta: e tali

per altro sono le maniere ond' ella suole accompagnare e condire ogni sua voglia, che quanto piace a lei, tanto solamente può piacere ad altrui.

Quando noi rimanevamo liberi dalle visite e dal gioco (trattenimento pur necessario dove molti convengano insieme), parte della giornata da noi si trapassava in una fresca saletta, intrattenendoci assai sovente con la lettura di varie cose: ma il più era di poesía; parendo che appunto alla poesía ne invitasse partico larmente la campagna, dov' ella già ebbe la origin sua, e dove meglio che in altro luogo si compiace di abitare. Secondo la disposizione d'animo che in noi era, veniva prescelto ora uno ed ora un altro de' nostri poeti. Ed anche talora venivano in campo i poeti di quella nazione da cui ci sono fornite tante gentilezze per lo spirito e per la persona. Parte si leggeva, parte si ragionava, dicendo noi liberamente quello che di ciascuno ci paresse. Nè mai ci pareva più armonioso un verso perchè antico, nè meno gentile un pénsamento perchè forestiero.

Un giorno che cadde il discorso sulla poesía inglese, io uscii a dire alcuna cosa del robusto pensare del Miltono, del Dryden, e singolarmente del Pope, in cui vede la Inghilterra il suo Orazio, e il cui stile è di tanto ingagliardito dalla filosofia. Di più non ci volle perchè si accendesse la Marchesa nel desiderio di assaggiarne alcuna cosa; tanto più che assai facilmente si persuadeva che quella nazione, la quale avea così amica Minerva, non avesse ad aver per nemiche le Muse. Io, che

nulla altro cercava che fare in ogni cosa la voglia sua, mandai tosto per un volume delle opere del Pope, che recato avea meco alla campagna nè attesolo gran fatto, potei introdurre alla presenza della più graziosa donna d'Italia le Muse inglesi. Scorsi i titoli delle poesie che in quel volume erano contenute, piacque alla Marchesa di udire in primo luogo un' oda in lode della musica, composta dal Pope per solennizzare quel giorno che così in Inghilterra come in Italia è sacro a' filarmonici: e sì io mi feci a recarla nel volgar nostro il meglio che per me si potea. Ella l'ascol tava con quell' attenzione che si accompagna solamente col diletto. Ma il silenzio apruppe pena che io ebbi finito di leggere quel luogo: «Mentre con note tarde e allungate spira l'organo profondo, maestoso e solenne. » Oh quanto vivamente, diss' ella, è espresso e caratterizzato quello istrumento! Io l'ho udito veramente suonare, e parmi averlo tuttavia negli orecchi. Non so se voi l'abbiate udito altresì; ma quasi che il credo da un certo atto che in leggendo fatto avete, e forse senza accorgervene. Madama, io risposi, voi v' intendete così bene di me, che, di me giudicando, non è pericolo voi prendiate inganno. E certo quel profondo, quel solenne, e gli altri aggiunti usati dal Pope, sono altrettanti colori, o piuttosto sono quegli ultimi tocchi che avvivano la poesía, e rendono veramente sensibili e presenti le cose. La mano bianca, la fronte serena, gli occhi soavi, e tali altri che s'odono tutto il dì qui da noi, appena che sono in paragone uno abbozzo di quello che

vorrebbe colorire il poeta. E che vorremo noi dire, ripigliò tosto la Marchesa, di un settemplice aggiunto alla luce che mi è occorso, non è molto, di leggere in una canzone fatta in lode della Filosofessa di Bologua? Vorreste voi dire, ripres' io con vivezza, di que' versi,

O dell' aurata

Luce settemplice

I vario-ardenti e misti almi color?

Appunto, rispos' ella. E se per voi e' sia abbozzo, o ultimo tocco, non so; so bene che Oscuro geroglifico riuscì a me, e a non so chi altri ancora, a cui ne chiesi la spiegazione. Ed io mezzo sorridendo: Oh grande più che non pensate, Madama, è la virtù di quel settemplice. Non può già sentirla chi non è iniziato ne' misteri della poesía filosofica. Che sì, che quei versi son vostri? disse la Marchesa; così bene gli sapete a memoria, e con tal calore voi gli avete presi a sostenere. Orsù fate ch' io vegga anch' io il quadro filosofico su quella tela poetica, che io altro non ci veggo che del confuso. Chè non seguitiamo piuttosto, io risposi, ad ascoltar la musica del Pope? Quale altra cosa potrebbe ora darvi maggior diletto? Il vostro quadro, ella rispose, se dato mi sarà di vederlo. Madama, ripigliai io, voi sapete come finalmente le fantasie de' chiosatori che veggono tali e tante cose per entro al testo de' loro autori, sogliano far ridere le persone. E perchè volete voi che io mi ponga a tal rischio, divenendo il chiosatore di me medesimo io? A buon conto, diss' ella,

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ne' vostri versi voi non ci dovreste vedere nè più nè meno di quello che ci è; e non vorrete poi aver lodato una donna per modo da non essere inteso forse da niun' altra donna. E così non potendomene schermire, incominciai a toccare alcuna cosa dell' Ottica, a cui fanno allusione quei versi: e le andava dicendo come la luce, secondo l'opinione del Neutono, o, per meglio dire, secondo la verità, non è altrimenti semplice e pura, quale apparisce agli occhi volgari; ciascun raggio di sole essere un fascetto, o composto di raggi rossi, dorè gialli, verdi, azzurri, indacht e violatí: e da questi sette colori mescolati insieme . . . . Piano a' ma' passi, senza lasciarmi dire più avanti, ripigliò qui la Marchesa, andiamo adagio. Troppo presto voi uscir ne vorreste, senza badare se altri vi possa, tener dietro sì, o no. Dichiaratemi un po' più diffusamente tutte queste cose; e non vogliate che la vostra chiosa abbia più bisogno di chiosa essa, che non ne avea forse il testo medesimo. Oh voi, diss' io allora, non sarete contenta che non vi abbiate un libro su quel settemplice! Perchè no? elia rispose. Tanto più che l'avervi udito metter del pari la opinione del Neutono con la verità, dee aver fatto non leggieri impressione nell' animo mio. Io ben so che questo Neutono empie ora il mondo del suo nome; ma sarebbe pur bello saper la ragione perchè e' sia salito in così gran fama. E chi potesse veder la luce non cogli occhi del volgo, ma cogli occhi di lui? In somma voi avete, soggiunse mezzo sorridendo, destato in me un gran desiderio, se

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