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in Tarquinio Prisco, Cadice (città) in Adice (fiume), Pitatto in Pittaco, Solione in Solone, Stragero in Stagira, Pignaleone in Pigmalione, Estrulapo in Esculapio, Naximine in Anassimene, Si maschio in Simmaco, Tiocle in Eteocle, Ligurio in Licurgo, Jansone in Giasone, Ariete in Oriente, i Dio di mosche in Iddio Moloch, Boastar re di Batimani in Zoroastro re de' Battriani, sul Tamisandro in sul Tamigi andato, Elía (profeta) in Delia (la Luna), Coltas in Colco, Genoro in Agenore, Lidiamante (composto mostruoso) in Lidia ( provincia) e in Manto (indovina), figlia di Tiresia pure indovino, e non di Teresa, come scrissero gl'idioti copisti, con tante altre simili bruttissime sconciature.

Nessuno scrupolo parimente ci femmo di correggere le sconcordanze grammaticali d'ogni sorte, quando erano palpabili; indicando però nelle Note o nelle Appendici la lezione del Testo. Nè dal così fare ci rattenne l'esser privi dell' appoggio autorevole di altri Codici; poichè ne confortarono le dottrine de' Critici più distinti, e segnatamente d'un uomo fra' più sommi in ogni genere di sapere, vogliam dire dell immort ale nostro concittadino Scipione Maffei, il quale fermò questa massima, « che a mal partito sarebber le » buone lettere, se non si potessero emendar mai gli autori antichi se non per manuscritti ». (1)

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Oltre il dritto senso che a questo ne persuadeva, un' altra cagione importantissima veniva in sussidio dell'opinione nostra; che questo Codice della Laurenziana non fu certamente quello adoprato dagli Accademici della Crusca, onde spogliarlo. Una prova si è, che nel solo esempio di Socrate, a pag. 5 lin. 17 del presente volume, nel

(1) Verona Illustrata, Vol. a.

Testo mancano quattro parole: e basta gettare u no sguardo alle Note fra i volumi, o alle Appen dici in fine, per riconoscere quanta varietà si trova; giacchè sonosi rettificate più centinaja di abbagli, e notate non meno di 300 rimarchevoli differenze; senza parlare di presso a egual numero di citazioni errate sia di Cantiche, sia di Capitoli, da noi raddrizzate ai luoghi respettivi. E, per quanto parranno di piccola mole, non saranno trovate, speriamo, di piccola importanza le indicazioni da noi apposte a moltissimi passi nelle Appendici già dette; nè di lieve pregio si ripute. ranno le emendazioni proposte, riguardo all' Inferno, sia dall' egregio Sig. Luigi Muzzi Accad. della Crusca, sia dal Prof. Carlo Witte di Breslavia, nome tanto caro alle Lettere Italiane, e agli studiosi della Divina Commedia in particolare. In quanto alle altre due Cantiche, alcunchè ci han giovato le non poche varianti che trovammo negli Estratti dell'Ottimo Comento inseriti dal fu Abate Renzi nella edizione di Dante in foglio, detta dell' Ancora. Nè su ciò troppo ci dilungheremo, potendo ciascuno vedere e giudicare di per se stesso.

Oltre le Appendici, si è posto in fine di ciascuna Cantica l'Indice delle voci citate nel Vocabolario, da noi pazientemente riscontrate dopo la stampa a fronte degli esempj in esso allegatine; non senza segnarne le varie lezioni: nè omettem mo i vocaboli ei modi da registrarsi; il quale ultimo spoglio è stato con molta diligenza fatto per l'Inferno del soprallodato Sig. Luigi Muzzi, e dal chiarissimo Sig. Don Paolo Zanotti di Verona pel Purgatorio e Paradiso.

Erasi nel Manifesto promesso M Testo di Crusca nella ristampa del Poema; e quello si è seguito generalmente, perchè non convenevole, a

parer nostro, sarebbe stato il dare un Comento alla Divina Commedia citato dagli Accademici, e ristampare il Poema con la lezione non citata: ma non pertanto mancato abbiamo di notare tratto tratto le spiegazioni dell' Ottimo favorevoli ad alcuna delle varianti adottate dai diversi editori, e specialmente le moltissime concordi a quelle del Codice Bartoliniano, delle quali non meno di cento e cinquanta sono da noi state indicate nelle Note al Testo del Comento, o nelle Appendici; la lettura delle quali gioverà non disgiungere da quella delle chiose ai Canti respettivi.

Quale sia la trista condizione e l'ortografia del Codice tutto, può vedersi in un saggio a pag. 692 e seg. di questo volume. È un frammento del Proemio al Canto X dell' Inferno: e confidiamo che i lettori benevoli ci saranno indulgenti sul di più ch'era da farsi, considerando il moltissimo già fatto; e che vorranno condonarci i falli in cui fossimo caduti per difetto di cognizioni, d'alcuni dei quali ci ritrattammo ingenuamente, come ci fu dato di avvedercene. Quando Aldo stesso, quell'aquila degli editori, lasciò correre nel suo Teocrito gli errori a lui rimproverati dal Didot(1), conviene persuadersi dell'estrema difficoltà di trarre senza mende dagli antichi e scorretti manoscritti gli Autori, che si danno a stampa per la prima volta: nè presumiamo di aver tolte o additate tutte le imperfezioni del nostro; chè anzi non poche ci accorgiamo rimanerne, particolarmente quanto a citazioni non potute da noi riscontrarsi di antichi libri; nè forse difficile ci sarebbe scoprirne dell'altre in una nuova revisione. Parecchie sono le lacune riempiute per via di raziocinio, o col riscontro appunto degli Autori

(1) Bucoliques de Virgile, pag. 246 et suiv.

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citati, come all'occorrenza abbiamo accennato : e le chiose, che non di rado i copisti aveano anteposte o posposte con grande confusione, sono state debitamente riordinate.

L'ortografia moderna fu da noi adottata, com'è costume ormai stabilito; e quindi invece di hae, fae, dirae, hoe, andoe, diroe, dicie, fecie, sanza, sapienzia, ignioranzia, ec. si è stampato ha, fa, dirà, ho, andò, dirò, dice, fece, senza, sapienza, ignoranza, ec.: se non che qualche volta si lasciò al modo antico, piuttosto inavvertita mente, che a persuasione; chè anzi se ci fosse vënuta molto prima alle mani la Scelta di Novelle antiche ristampate a Modena nel 1826 per cura del chiariss. Sig. Prof. Ant. Parenti, volentieri avremmo seguito l'esempio di togliere ogni rancidume esteriore alle parole, niente aggiungendo esso al merito dell'originale dicitura. Nè già vale il dire di taluni, doversi rispettare quella ruggine della vecchia età, perchè serve alla storia dei principj e dei progressi della lingua; mentre può rispondersi, che di scritture così acconciate non mancano esemplari, a chi soprattutto fa caso di cosiffatti cimelii; e non fu nostra intenzione di aumentarli, ma sì di render più gradevole anche agli occhi e all'udito la lettura di quest' Opera .

Non parliamo della correzione tipografica, alla quale ognuno crederà facilmente aver noi prestata la debita attenzione, come potrà vedersi dai non troppi errori registrati nelle Appendici; e quantunque la maggior parte insignificanti, non abbiam però voluto ometterne la indicazione, memori di quanto dir soleva il celebre Gaetano Volpi, il quale tanto illustrò la stamperia Cominiana, che il libro cioè meno imperfetto è quello che ha l'Errata Corrige compilato con più

esattezza.

Assai più emendato delle due prime Cantiche ebbe a riuscire sott'ogni riguardo il Paradiso, per essere stato scoperto dal soprallodato Sig. Prof. Wit te, nel suo ultimo passaggio in Toscana, un Te sto di esso in fine del Codice Laurenziano N. 2. del solito Pluteo XL. Si vedranno le varianti poste a piè di pagina, che sono pressochè infinite, come pure le importantissime aggiunte al Canto XI pag. 262, ed al fine degli ultimi sei Canti. Quello però, che non si saprebbe agevolmente spiegare, è la diversità che regna fra il Testo del primo Canto dell' Inferno qual trovasi nel Codice Laurenziano, e la stampa datane dal Canonico Dionisi nel V de' suoi Aneddoti, come scorgerassi in parte dalla pagina di confronto che si darà qui in calce (1): e si è già ricordato di sopra, quante lezioni discordi dal Codice nostro rinvengonsi nelle chiose di esso al Purgatorio e al Paradiso trasportate per estratto nella già citata Edizione fiorentina in fol.; di guisa che converrebbe dirsi, che a chi legge o trascrive gli antichi Testi, avviene come a coloro che veggono variamente colorato un oggetto medesimo, secondo la differenza delle lenti che stanno loro dinanzi agli occhi,

Rimane adesso a parlarsi dell' Autore dell' Opera. Il già lodato Salviati asserì, ma senza prove,

(1) Dal Bandini, loc. cit., potria forse dedursene una ragione, poichè dopo aver portato per saggio il cominciamento del Proe. mio dell' Inferno, dice che le due prime pagine del Codice essendo logore per la troppa età, vietano di seguir più oltre; e salta a dirittura al secondo Canto recandone il principio, con altri passi di questa e delle seguenti due Cantiche, i quali non sempre corri. spondono esattamente all'esemplare della nostra stampa. E fra le altre ci piace notare due varianti; una al C. X dell' Inf. pag. 183, lin. 17, ove invece di erano.... usati, come stampò al luogo medesimo anche l' Annotatore al Dante dell' Ancora, legge al singolare era... usato; l'altra al C. XIII, pag. 255, lin. 22, leggendo io scrittore domandandonel, liele udì ec., anzichè io scrittore domandandoneliele, udii ec.

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