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che altro non era questo Comento, se non il lavoro di Jacopo dalla Lana, scritto originariamente in dialetto bolognese, indi rivolto con diligenza in toscano. Il Pinelli confermò questa opinione; ma, oltrechè il Dionisi nel Capitolo XVI del già detto Quinto Aneddoto l'ha dimostrata evidentemente falsa, basta leggere poche pagine dell' uno e dell' altro Comento per conoscerne la grandissima discrepanza.

Utile, quantunque assai laboriosa fatica sarebbe quella dell' illustrazione dei primitivi Interpreti di Dante; e meglio non potrebbe altrove farsi quanto a Firenze, dove copioso n'è il nu mero: e con ciò scoprirebbesi se v'ha qualche analogia fra i diversi antichi Comenti (molti dei quali anonimi), e particolarmente fra quello di Jacopo e l'altro che dicesi dell' Arcivescovo di Milano Visconti, che chiamò sei dotti del suo tempo a dettarlo; uno dei quali pare che fosse Jaco po stesso. Ora però che il Comento dell'Ottimo è stampato, e che può raffrontarsi con quelló posto dal Terzago all' edizione del Nidobeato (1), ch'è preso la più parte dal Lanèo, soverchia sarebbe qualunque altra discussione.

Ma se il Dalla Lana non fu, chi dunque scrisse questo Comento? E qui è dove le memorie mancano affatto. Pare che fosse un Ghibellino favorendo esso le opinioni del Poeta; non già perchè debba supporsi col Dionisi (2), che fosse sbandeggiato dalla patria, per essersi trovato, com' egli dice, a veder ardere in Padova ventidue eretici seguaci di fra Dolcino (3); giacchè potea trovarsi colà per suo diporto, e non

(1) Milano, 1478, in fog.
(2) Aned. V, pag. 87.
(3) Inf. pag. 184.

per bando. Ch'ei fosse di Toscana non ha dub. bio il Dionisi, poichè di provincia culta mostrasi alla lingua, che per quel tempo parve certamente ad alcuni mirabile. Le ragioni che allegammo in nota alla pag. 485 del Purgatorio, ci fan. no argomentare che fosse Claustrale, e forse Domenicano, attese le molte lodi e la particolare affezione con che parla più volte dell' Ordine dei

Predicatori.

Chiunque però siasi, è certo che fu contemporaneo del Poeta, dicendolo chiaramente in due luoghi (1): come appare altresì che cominciò da giovine il Comento; poichè scrive, chiosando il Canto VII dell'Inferno al verso 89, che dichiarerà quello che intende secondo la discrezione della sua giovinezza (2): e desumesi oltracciò che stavalo dettando nel 1324, dacchè ricorda come seguita nel 1323, anno prossimo passato, la caduta del Pontevecchio in Arno; se pure non avvi error di scrittura nella data, che peraltro nel nostro MS. è posta distesamente in lettere, come fu impressa, e non in cifre (3). In ogni modo l'antichità di questo Comento è autenticata ancora in tre passi; il primo dove si cita un privilegio dell'imperatore Ridolfo a favore di papa Niccola Or

(1) Inf. C. X, pag. 183, e C. XIII pag. 255. (2) Pag. 121.

(3) Inf. C. XIII, p. 255. Il Bandini reca questa identica data in numeri romani - MCCCXXIII; ma quand'anche, secondo i Deputa ti al Decamerone (Proemio alle Annotazioni, fac. Dd), si dovesse assegnare tale avvenimento all'anno 1333, come conciliare sia con questo, sia col 1323, l'espressione di anno prossimo passato, se il Comentatore soggiunge subito dopo, che la statua di Marte caduta nell'Arno col ponte a cui stava sopra, stette nel fiume per molti an. ni? Pensino i lettori, avvicinando alla chiosa del presente Canto quella al v. 146 del C. XVI Parad, pag. 382 e seg. Troviamo tuttavia in Giov. Villani (Lib. XI, Cap. I esser caduti per una piena nel 1333 i quattro ponti sull'Arno in Firenze; tha non vi è motto delle particolarità accennate dall' Anonimo riguardo al Pontevecchio.

sini del 1333, 17 Marzo (1); e gli altri ove l'Autore parla di due suoi coetanei viventi nello stesso anno 1333, cioè del celebre pittore Giotto (2) che si sa esser morto nell'anno successivo, e di frate Ugo da Valsamano, decimo de' Generali dell'Ordine di S. Domenico (3).

Di qualche accusa, di cui lo grava il Dionisi, diremo brevemente. Non sussiste ch' ei sia sterminatamente lungo, poichè d'assai più diffuso è Francesco da Buti; e, se non c'inganniamo alla mole del MS., tale ugualmente è Benvenuto da Imola: fu poco letto, perchè unica è la copia intera che si conosce: e in quanto ai varj errori che vi si notano, abbiamo già in parecchie occasioni osservato, che in esso, come nella più parte degli antichi Comenti di Dante, si trovano qua e là glossemi e interpolazioni di diversi chiosatori più o meno istruiti, che furono insieme poste senza discernimento dagli amanuensi.

Queste sono le poche cose che abbiam creduto di dover fare presenti, rendendo di pubblica ragione questo Classico Libro; per cui siamo in fiducia di meritare la riconoscenza di tutti gli studiosi della lingua, i quali vedranno per esso qual fosse ai tempi di Dante la scienza di coloro, che si chiamavano dotti in Italia.

ALESSANDRO TORRI,

(1) Inf., C. XI, pag.

255.

(2) Purg. C. XI, pag. 188.
(3) Parad. C. XII, pag. 295.

Dell' Ottimo Comento al Capitolo 1 mo dell' Inferno a fronte della stampa datane dal Can. Dionisi nel suo Aneddoto V, p. 128 e seg. (tutte insieme sorpassano il numero di 60 ).

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e parlare

16 Enea, figliuolo d' An-
chise

18 che vuol dire terra

21

torre

4 tutto gaudio

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7 ha avuto a lui ed ai
suoi libri, ec.

18 il mal cammino

21

è questa
22 impedire
4 questo
19 la sesta

21

5

la quale

; sotto la Luna poi ec.

11 poetando
mobile

12

19 terrà

22 lo mosse

12

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(Nota che dee dire la settima). (N.B. dee dire quale, cioè come) sotto la Luna. Poi ec. (e così procede retto il senso.) ponendo

(N. B. forse innobile, o ignobile) torni (V. nell' Ap. p. 604 altra variante tenni.)

la mosse (cioè l'Avarizia detta poc'anzi; e quindi vien me

no il bisogno della variante da noi proposta nell' App. p. 604; avvertendo però che dopo Inferno richiedesi virgola, invece di punto fermo.)

16 per naturale ragione

(V. Ap. p. 603, ov'è giustificata da questo passo la propostasi variante, invece di sensuale.)

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