Sovra al collo di latte il biondo crine Avea disteso, e d'oro un lento nastro
Cli facea sotto e fregio insieme e nodo. Ismaro, e tu fra sì famosa gente
Con l'arco saettar ferite e tosco Fosti veduto, generosa pianta Del Meonio paese, ove fecondi
Sono i campi di biade, e i fiumi d'oro. Memmo v'era ancor egli, a cui la fuga Dianzi di Turno avea gloria acquistata, Ond' era fino al ciel sublime e chiaro. Eravi Capi, onde poi Capua il nome E l'origine ha presa. Avean costoro Tra lor diviso il carico e 'l periglio Di sì dura battaglia. E 'n questo mentre Solcava Enea di mezza notte il mare. Egli, poichè d' Evandro ebbe lasciato
Lucet ebur; fusos cervix cui lactea crines Accipit, et molli subnectens circulus auro. Te quoque magnanimae viderunt, Ismare, gentes Vulnera dirigere, et calamos armare veneno, 140 Maeonia generose domo : ubi pinguia culta Exercentque viri, Pactolusque irrigat auro. Adfuit et Mnestheus, quem pulsi pristina Turni Aggere murorum sublimem gloria tollit;
Et Capys: hinc nomen campana e ducitur urbi. 145 Illi inter sese duri certamina belli
Contulerant: media Eneas freta nocte secabat.
L'amico albergo, e che nel campo giunse 230 De' Toschi, al tosco rege appresentossi. E con lui ristringendosi il suo nome, Il suo legnaggio, la sua patria, in somma Chi fosse, che chiedesse, che portasse
Gli espose; e qual Mezenzio appoggio avesse, 235 E l'orgoglio di Turno, e l'apparecchio E l'incostanza de l' umane cose
Gli pose avanti. A le ragioni aggiunse Esempi e preci sì, ch'immantinente Tarconte acconsentì. Strinser la lega, Unir le forze, ed apprestar le genti In un momento. Di straniero duce Provvisti i Lidii, e già dal Fato sciolti Salir sovra l'armata. E pria di tutti Uscío d' Enea la capitana avanti.
Questa avea sotto al suo rostro dipinti, Quai sotto al carro de la madre Idea,
Namque, ut ab Evandro castris ingressus etruscis, Regem adit, et regi memorat nomenque genusque ; Quidve petat, quidve ipse ferat; Mezentius arma Quae sibi conciliet, violentaque pectora Turni Edocet ; humanis quae sit fiducia rebus Admonet, immiscetque preces. Haud fit mora; Tarcho Iungit opes, foedusque ferit: tum libera fati Classem conscendit iussis gens lydia Divum, Externo commissa duci. Eneia puppis
Prima tenet, rostro phrygios subiuncta leones:
Due che legno traean frigii leoni, E d'Ida gli pendea di sopra il monte, Amaro suo disio, dolce ricordo Del patrio nido. In su la poppa assiso Stava il Duce Troiano; e da sinistra Avea d'Evandro il figlio, che tra via L'interrogava or del viaggio stesso E de le stelle, ed or de gli altri suoi O per terra o per mar passati affanni. Apritemi Elicona, alme Sorelle,
E cantate con me che gente e quanta D'Etruria Enea seguisse, e di che parte,
E con qual' armi, e come il mar solcasse. 260 Massico il primo in su la Tigre imposto
Avea di mille giovani un drappello, Che di Chiusi e di Cosa eran venuti
Con l'arco in mano e con saette a' fianchi.
Imminet Ida super, profugis gratissima Teucris. Hic magnus sedet Eeneas, secumque volutat Eventus belli varios; Pallasque sinistro Affixus lateri iam quaerit sidera, opacae Noctis iter, iam quae passus terraque marique. Pandite nunc Helicona, Deae, cantusque moveie; Quae manus interea tuscis comitetur ab oris Enean, armetque rates, pelagoque vehatur. Massicus aerata princeps secat aequora Tigri, Sub quo mille manus iuvenum, qui moenia Clusi, Quique urbem liquere Cosas, queis tela, sagittae,
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