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Agli occhi di ciascuno, il cui ingegno Nella fiamma d'amor non è adulto. 61 Veramente, però ch'a questo segno Molto si mira, e poco si discerne, Dirò perchè tal modo fu più degno. 64 La divina bontà, che da sè sperne

Ogni livore, ardendo in sè sfavilla, Si che dispiega le bellezze eterne. 67 Ciò, che da lei senza mezzo distilla,

Non ha poi fine, perchè non si muove La sua imprenta, quand'ella sigilla, 70 Ciò, che da essa sanza mezzo piove, Libero è tutto, perchè non soggiace Alla virtute delle cose nuove.

73 Più l'è conforme, e però più le piace: Che l'ardor santo, ch'ogni cosa raggia, Nella più simigliante è più vivace. 76 Di tutte queste cose s'avvantaggia L'umana creatura, e s'una manca, Di sua nobilità convien che caggia. 79 Solo il peccato è quel, che la disfranca,

SESSA

69 Imprenta. v. r.
DA FINO

64 Sperne, scaccia.

65 Livore, invidia.

68 Non ha poi fine, è e

terno.

69 Imprenta, imagine. 71 Libero è tutto, com'è l'anima.

76 Awantaggia, privilegia.

79 La disfranca, di libera la fa serva.

E falla dissimile al sommo Bene,

Perchè del lume suo poco s' imbianca. 82 Ed in sua dignità mai non riviene, Se non riempie, dove colpa vòta, Contra mal dilettar con giuste pene. 85 Vostra natura quando peccò tota Nel seme suo, da queste dignitadi, Come di Paradiso, fu remota:

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88 Nè ricovrar poteasi, se tu badi
Ben sottilmente, per alcuna via,
Senza passar per un di questi guadi:
91 O che Dio solo, per sua cortesía,

Dimesso avesse, o che l'uom, per se isso, Avesse soddisfatto a sua follía. 94 Ficca mo l'occhio perentro l'abisso Dell' eterno consiglio, quanto puoi Al mio parlar distrettamente fisso. 97 Non potea l'uomo ne' termini suoi

Mai soddisfar, per non poter ir giuso, Con umiltate, obbediendo poi, 100 Quanto disubbidendo intese ir suso :

E questa è la ragion, perchè l' uom fue Da poter soddisfar, per sè, dischiuso. 103 Dunque a Dio convenía, con le vie sue, Riparar l'uomo a sua intera vita,

SESSA

87 Di Paradiso. v. r. 99 Obediendo. v. r.

Dico con l'una, o ver con ambodue. 106 Ma perchè l'ovra tanto è più gradita Dell'operante, quanto più appresenta Della bontà del cuore, ond' è uscita: 109 La divina bontà, che 'l mondo imprenta, Di proceder, per tutte le sue vie,

A rilevarvi suso fu contenta:

112 Nè tra l'ultima notte e 'l primo die Si alto e sì magnifico processo,

O per l'uno, o per l'altro fue, o fie.
115 Chè più largo fu Dio a dar se stesso,
In far l'uom sufficente a rilevarsi,
Che s'egli avesse sol da sè dimesso.
118 E tutti gli altri modi erano scarsi
Alla giustizia, se 'l Figliuol di Dio
Non fosse umiliato ad incarnarsi.
121 Or per empierti bene ogni disio,

Ritorno a dichiarare in alcun loco,
Perchè tu veggi lì così, com'io.

124 Tu dici: Io veggio l'aere, io veggio'l foco, L'acqua, e la terra, e tutte lor misture Venire a corruzione, e durar poco:

127 E

queste cose pur fur creature:

Perchè se ciò, che ho detto, è stato vero,

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Esser dovrian da corruzion sicure. 130 Gli Angeli, frate, e 'l paese sincero, Nel qual tu se', dir si posson creati,

Si come sono in loro essere intero: 133 Ma gli elementi, che tu hai nomati, E quelle cose, che di lor si fanno, Da creata virtù sono informati. 136 Creata fu la materia, ch'egli hanno: Creata fu la virtù informante

In queste stelle, che 'ntorno a lor vanno. 139 L'anima d'ogni bruto e delle piante Di complession potenziata tira

Lo raggio e 'l moto delle luci sante. 142 Ma nostra vita, senza mezzo, spira La somma beninanza, e la 'nnamora Di sè, sì che poi sempre la disira. 145 E quinci puoi argomentare ancora Vostra resurrezion, se tu ripensi, Come l'umana carne fessi allora,

148 Che li primi parenti intrambo fensi.

SESSA

130 Paese sincero. v. r.
139 Bruto. v. r.
145 a 148 Argomenta Dan-
te l'eternità della carne da
questo, cioè che procedesse
da Dio immediatamente. Ma
come procedè immediata-
mente, se la compose di ter
ra? Non la produsse imme-

diatamente, se si riguarda la
cagione immateriale, ma si
chi riguarda l'efficiente.
DA FINO

140 Di complession po-
tenziata, di elementi.
143 Beninanza, bontà.

148 Essendo fatti di cosa non creata, debbono resuscitare.

CANTO VIII.

ARGOMENTO

Ascende il Poeta dal cielo di Mercurio a quel di
Venere, nel quale trova Carlo Martello Re di
Ungheria: dal cui parlare essendogli nato un
dubbio, come di buono e virtuoso padre pos-
sa nascer reo e vizioso figliuolo, quello da es-
so Martello gli è risolto.

1 Solea creder lo mondo in suo periclo,
Che la bella Ciprigna il folle amore
Raggiasse, volta nel terzo epiciclo;
4 Perchè non pure a lei faceano onore
Di sacrificj, e di votivo grido,

Le genti antiche nell'antico errore; 7 Ma Dione onoravano, e Cupido,

Questa per madre sua, questo per figlio, E dicean, ch'ei sedette in grembo a Dido: 10 E da costei, ond' io principio piglio, Pigliavano 'l vocabol della stella,

Che'l Sol vagheggia or da coppa, or da ciglio.

SESSA

Periclo. v. r.

12 Coppa. v. r.

DA FINO

Quando era l'Idolatria.

2 Ciprigna, Venere.

3 Epiciclo, cerchio. 12 Or da coppa, or da ciglio, o da sera o da mattina.

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