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Disse Sordello, a guardia della valle,
Per lo serpente, che verrà via via .
40 Ond' io, che non sapeva per qual calle,
Mi volsi 'ntorno, e stretto m'accostai,
Tutto gelato, alle fidate spalle.

43 E Sordello anche: Ora avvalliamo omai,
Tra le grandi ombre, e parleremo ad esse:
Grazioso fia lor vedervi assai.

46 Solo tre passi credo ch' io scendesse,

un, che mirava

E fui di sotto, e vidi un, Pur me, come conoscer mi volesse. 49 Temp' era già, che l'aer s'annerava,

Ma non sì, che tra gli occhi suoi e' miei Non dichiarasse ciò, che pria serrava. 52 Ver me si fece, ed io ver lui mi fei:

Giudice Nin gentil, quanto mi piacque, Quando ti vidi non esser tra i rei! 55 Nullo bel salutar tra noi si tacque:

Poi dimandò: Quant' è, che tu venisti Appiè del monte, per le lontan' acque ? 58 O, dissi lui, per entro i luoghi tristi

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Venni stamane, e sono in prima vita, Ancor che l'altra sì andando acquisti. 61 E come fu la mia risposta udita,

Sordello ed egli indietro si raccolse,
Come gente di subito smarrita.

64 L'uno a Virgilio, e l'altro a me si volse,
Che sedea lì, gridando: Su, Currado,
Vieni a veder, che Dio per grazia volse.
67 Poi volto a me: Per quel singular grado,
Che tu dei a colui, che sì nasconde

Lo suo primo perchè, che non gli è guado, 70 Quando sarai di là dalle larghe onde,

Di'a Giovanna mia, che per me chiami Là, dove agli 'nnocenti si risponde. 73 Non credo, che la sua madre più m'ami, Poscia che trasmutò le bianche bende, Le quai convien, che misera ancor brami. 76 Per lei assai, di lieve, si comprende,

Quanto in femmina fuoco d'amor dura,
Se l'occhio, o'l tatto spesso nol raccende.

79 Non le farà sì bella sepoltura

La vipera, che i Melanesi accampa,
Com'avria fatto il gallo di Gallura.

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82 Cosi dicea, segnato della stampa,

Nel suo aspetto, di quel dritto zelo, Che misuratamente in cuore avvampa. 85 Gli occhi miei ghiotti andavan pure al cielo, Pur là, dove le stelle son più tarde,

Sì come ruota più presso allo stelo. 88 E'l duca mio: Figliuol, che lassù guarde? Ed io a lui: A quelle tre facelle,

Di che 'l polo di qua tutto quanto arde. 91 Ed egli a me: Le quattro chiare stelle, Che vedevi staman, son di là basse; E queste son salite, ov' eran quelle. 94 Com'ï' parlava, e Sordello a sè 'l trasse, Dicendo: Vedi là il nostr' avversaro; E drizzò 'l dito, perchè in là guatasse. 97 Da quella parte, onde non ha riparo La picciola vallea, er' una biscia,

Forse qual diede ad Eva il cibo amaro. 100 Tra l'erba e i fior venía la mala striscia, Volgendo ad or ad or la testa, e 'l dosso Leccando, come bestia che si liscia. 103 I'nol vidi, e però dicer nol posso,

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Come mosser gli astor celestíali :

Ma vidi bene e l'uno e l'altro mosso. 106 Sentendo fender l'aere alle verdi ali,

Fuggio 'l serpente, e gli Angeli dier volta
Suso alle poste, rivolando, iguali.

109 L'ombra, che s'era a Giudice raccolta,
Quando chiamò, per tutto quell'assalto,
Punto non fu da me guardare sciolta .
112 Se la lucerna, che ti mena in alto,
Truovi nel tuo arbitrio tanta cera,
Quant'è mestiero insino al sommo smalto,
115 Cominciò ella: se novella vera

Di Valdimagra, o di parte vicina
Sai, dilla a me, che già grande là era.
118 Chiamato fui Currado Malaspina:
Non son l'antico, ma di lui discesi:
A' miei portai l'amor, che qui raffina .
121 O, dissi lui, per li vostri paesi

Giammai non fui: ma dove si dimora,
Per tutta Europa, ch' ei non sien palesi?
124 La fama, che la vostra casa onora,
Grida i signori, e grida la contrada,

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Sì che ne sa chi non vi fu ancora. 127 Ed io vi giuro, s'io di sopra vada,

Che vostra gente onrata non si sfregia, Del pregio della borsa, e della spada . 130 Uso e natura sì la privilegia,

Che perchè 'l capo reo lo mondo torca, Sola va dritta, e 'l mal cammin dispregia. 133 Ed egli: Or va; che 'l Sol non si ricorca Sette volte nel letto, che 'l Montone Con tutti e quattro i piè cuopre ed inforca,

136 Che cotesta cortese opinione

Ti fia chiovata in mezzo della testa,

Con maggior chiovi, che d'altrui sermone, 139 Se corso di giudicio non s'arresta.

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