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Facea le stelle a noi parer più rade,

Fatta com' un secchion, che tutto arda: 79 E correa contro'l ciel, per quelle strade,

Che'l Sole infiamma allor, che quel da Roma Tra' Sardi e Corsi il vede, quando cade: 82 E quell'ombra gentil, per cui si noma Pietola più, che villa Mantovana,

Del mio carcar diposto avea la soma. 85 Perch' io, che la ragione aperta e piana, Sovra le mie questioni, avea ricolta, Stava, com' uom, che sonnolento vana. 88 Ma questa sonnolenza mi fu tolta Subitamente da gente, che dopo Le nostre spalle a noi era già volta . 91 E quale Ismeno già vide ed Asopo, Lungo di sè di notte furia e calca, Pur che i Teban di Bacco avesser uopo; 94 Tale, per quel giron suo passo falca, Per quel ch'io vidi di color, venendo, Cui buon volere, e giusto amor cavalca. 97 Tosto fur sovra noi; perchè, correndo, Si movea tutta quella turba magna; E duo dinanzi gridavan, piangendo:

SESSA

87 Vana. v. r.
94 Falca. v. r.
DA FINO

81 In occidente.

83 Pietola, villa.

84 Avendomi soluto il dubbio.

94 Falca, volge.

100 Maria corse con fretta alla montagna: E Cesare, per suggiugare Ilerda,

Punse Marsilia, e poi corse in Ispagna. 103 Ratto ratto, che 'l tempo non si perda, Per poco amor, gridavan gli altri appresso, Che studio di ben far grazia rinverda. 106 O gente, in cui fervore acuto adesso Ricompie forse negligenza e'ndugio

Da voi, per tiepidezza, in ben far messo; 109 Questi, che vive (e certo io non vi bugio) Vuole andar su, purchè 'l Sol ne riluca; Però ne dite, ond' è presso 'l pertugio. 112 Parole furon queste del mio duca: E un di quegli spirti disse: Vieni Diretr' a noi, che troverrai la buca. 115 Noi siam di voglia a muoverci sì pieni, Che ristar non potém; però perdona, Se villania nostra giustizia tieni. 118 I'fui Abate in san Zeno a Verona,

Sotto lo 'mperio del buon Barbarossa, Di cui dolente ancor Melan ragiona: 121 E tale ha già l'un piè dentro la fossa, Che tosto piangerà quel monistero,

SESSA

100 Quel che è notato di sopra, come sempre accoppia le cose sacre con le Gentili.

109 E certo i'non vi bugio.

Bugio, verbo.

DA FINO

105 Sentenza,

109 Non vi bugio, non dico bugia.

E tristo fia d'avervi avuta possa: 124 Perchè suo figlio mal del corpo intero, E della mente peggio, e che mal nacque,

Ha posto in luogo di suo pastor vero. 127 Io non so, se più disse, o s'ei si tacque, Tant' era già di là da noi trascorso:

Ma questo 'ntesi, e ritener mi piacque. 130 E quei, che m' era ad ogni uopo soccorso, Disse: Volgiti in qua, vedine due

All' accidia venir dando di morso.

133 Diretro a tutti dicén: Prima fue

Morta la gente, a cui il mar s'aperse, Che vedesse Giordan le rede sue. 136 E quella, che l' affanno non sofferse, Fino alla fine col figliuol d'Anchise, Se stessa a vita sanza gloria offerse. 139 Poi quando fur da noi tanto divise

Quell'ombre, che veder più non potersi, Nuovo pensier dentro da me si mise, 142 Del qual più altri nacquero e diversi : E tanto d'uno in altro vaneggiai, Che gli occhi per vaghezza ricopersi,

145 El pensamento in sogno trasmutai.

SESSA

133 Diretro. v. r.
137 Sacra profanis.
145 Sogno. v. r.

DA FINO

123 Possa, possesso.
130 E quei, Virgilio.
145 Come si cagioni il so-

gno.

CAN Tо XIX.

I

ARGOMENTO

Contiensi dopo certa vision di Dante la salita
sua sopra il quinto girone; dove egli trova Pa-
Adriano Quinto, dal quale intende, che
ivi si purga il peccato dell Avarizia.

pa

Nell'ora, che non può'l calor diurno
Intiepidar più'l freddo della Luna,
Vinto da Terra, o talor da Saturno;
4 Quando i Geomanti lor Maggior Fortuna
Veggiono in oriente, innanzi all' alba,
Surger per via, che poco le sta bruna;
7 Mi venne in sogno una femmina balba,

Con gli occhi guerci, e sovra i piè distorta,
Con le man monche, e di colore scialba.

10 Io la mirava: e come 'l Sol conforta

Le fredde membra, che la notte aggrava,
Così lo sguardo mio le facea scorta

SESSA

7 e seg. Sogno.

8 Sovra i piè distorta. Così disse: Sovra i piè leggiero. (Inf. c. xxi. v. 33 ).

9 Scialba. v. r.

DA FINO

I e 6 Descrive l'Aurora. 7 Balba, scilinguata. 9 Scialba, brutto colore. La falsa felicità.

10 e 11 Comparazione.

13 La lingua, e poscia tutta la drizzava, In poco d'ora; e lo smarrito volto,

Come amor vuol, così le colorava. 16 Poi ch'ell' avea'l parlar così disciolto, Cominciava a cantar, sì che con pena Da lei avrei mio intento rivolto. 19 Io son, cantava, io son dolce Serena, Che i marinari, in mezzo'l mar, dismago; Tanto son di piacere a sentir piena. 22 Io trassi Ulisse del suo cammin vago, Al canto mío: é qual meco s'ausa, Rado sen' parte, sì tutto l'appago. 25 Ancor non era sua bocca richiusa, Quando una donna apparve santa e presta Lunghesso me, per far colei confusa. 28 O Virgilio, Virgilio, chi è questa? Fieramente dicea: ed ei veniva

Con gli occhi fitti pure in quella onesta: 31 L'altra prendeva, e dinanzi l'apriva, Fendendo i drappi, e mostravami'l ventre: Quel mi svegliò col puzzo, che n'usciva.

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