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E Pirro, e Menelao, con lo scaltrito
Fabbricator di questo inganno Epèo.
Assalîr la città, che già ne l'ozio,
E nel sonno e nel vino era sepolta.
Ancisero le guardie; aprìr le porte;
Miser le schiere congiurate insieme;
E dier forma a l'assalto: Era ne l'ora,
Che nel primo riposo hanno i mortali

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Quel ch'è dal cielo a i loro affanni infuso,

Opportuno è dolcissimo ristoro:

Quando ecco in sogno (quasi avanti gli occhi

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Mi fosse veramente) Ettor m'apparve

Dolente, lagrimoso, e quale il vidi
Già strascinato, sanguinoso, e lordo

Il corpo tutto, e i piè forato e gonfio.
Lasso me! quale, e quanto era mutato

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Da quell' Ettor, che ritornò vestito

De le spoglie d'Achille, e rilucente

Del foco, ond' arse il gran navile argolico!
Squallida avea la barba, orrido il crine

E rappreso di sangue; il petto lacero

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Di quante unqua ferite al patrio muro
Ebbe d'intorno. E mi parea che 'l primo
Foss' io, che lagrimando gli dicessi:
O splendor di Dardania, o de' Trojani
Securissima speme, e quale indugio
T'ha fin qui trattenuto? Ond' or ne vieni
Tanto da noi bramato? Ahi dopo quanta
Strage de' tuoi, dopo quanti travagli
De la nostra città, già stanchi e domi
Ti riveggiamo! E qual fero accidente
Fa si deforme il tuo volto sereno?

E che piaghe son queste? Egli a ciò nulla
Rispose, come a vani miei quesiti.
Ma dal profondo petto alti sospiri

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uopo,

Traendo, oh! fuggi, Enea, fuggi, mi disse
Togliti a queste fiamme. Ecco che dentro
Sono i nostri nemici. Ecco già ch' Ilio
Arde tutto, e ruina. Infino ad ora
E per Priamo, e per Troja assai s'è fatto.
Se difendere omai più si potesse,
Fora per questa man difesa ancora:
Ma dovendo cader, le sue reliquie
Sacre, e gli santi suoi Numi Penati
A te solo accomanda; e tu li prendi
Per compagni a' tuoi fati; e come è d'
Cerca loro altre terre; ergi altre mura;
Chè dopo lungo e travaglioso esiglio,
L'ergerai più di Troja altere e grandi.
Detto ciò, da le chiuse arche reposte
Trasse, e mi consegnò le sacre bende,
E l'effigie di Vesta, e'l foco eterno.
Spargonsi intanto per diverse parti
De la presa città le grida, e'l pianto,
E'l tumulto de l'armi; e rinforzando
Via più di mano in man, tanto s'avanza,
Che a l'antica magion del padre Anchise
(Come che fosse assai remota, e chiusa
D'alberi intorno ) il gran rumore aggiunge.
Allor dal sonno mi riscuoto, e salgo
Subitamente d'un torrazzo in cima,
E porgo per udir gli orecchi attenti.
Così rozzo pastor, se da gran suono
È da lunge percosso, in alto ascende,
E mirando si sta confuso e stupido,
O foco, che al soffiar d'un torbid'austro
Stridendo arda le biade e le campagne;
O tempestoso e rapido torrente,
Che dal monte, precipiti, e le selve
Ne meni e i colti e le ricolte e i campi,

Allor tardi credemmo: allor le insidie

Ne fur conte de' Greci. E già 'l palagio

Era di Déïfóbo arso e distrutto;

Già suo vicino Ucalegon ardea,

E l'incendio di Troja in ogni lato
Rilucea di Sigèo ne la marina;

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E s'udian gridar genti, e sonar tube.
lo m' armo, e forsennato anco ne l'armi
Non veggio ove m'adopri. Al fin risolvo,
Raunati i compagni, avventurarmi,
Menar le mani, e ne la rocca addurmi.
Mi fan l'impeto, e l'ira ad ogni rischio
Precipitoso; e solo a mente vienmi,
Che un bel morir tutta la vita onora.
Eravam mossi; quando ecco tra via
Ne si fa Panto d'improvviso avanti;
Panto figlio d'Otrèo, che de la Rocca
Era custode, e sacerdote a Febo.
Questi scampato da' nemici appena,
Inverso il lito attonito fuggendo,
I sacri arredi e i santi simulacri

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De gli Dei vinti, e'l suo picciol nipote

Si traea seco. O Panto, o Panto (io dissi)

A che siam giunti? Ove ricorso abbiamo,
Se la rocca è già presa? Ei sospirando,
E piangendo rispose: È giunto, Enea,
L'ultimo giorno, e'l tempo inevitabile
De la nostra ruina. Ilio fu già;
E noi Trojani fummo. Or è di Troja
Ogni gloria caduta. Il fero Giove

Tutto in Argo ha rivolto; e tutti in preda
Siam de' Greci, e del foco. Il gran cavallo,

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Ch'era a Pallade voto, altero in mezzo

Stassi de la cittade, e d'ogni lato

Arme versa ed armati. Il buon Sinone

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Gode de la sua frode, e d'ogni intorno
Scorrendo si rimescola, e s'aggira
Gran maestro d'incendj e di ruine.
A porte spalancate entran le schiere
Senza ritegno ed a migliaja, quante
Nè d'Argo usciron mai, nè di Micene.
Gli altri, che prima entraro, han già le strade
Assediate e stan con l'armi infeste

Parate a far di noi strage e macello.
Soli son fino a qui sorti in difesa
I corpi de le guardie: e questi al bujo
Fanno con lievi e repentini assalti
Tale una cieca resistenza appena .
Dal parlar di costui, dal Nume avverso
Spinto mi caccio tra le fiamme e l'armi,
Ove mi chiama il mio cieco furore,
E de le genti il fremito e le strida,
Che feriscono il cielo. E per compagni
Primieramente al lume de la luna,
Mi si scopron Rifèo, Ifito il vecchio
Ed Ipane, e Dimante: indi comparve
Il giovine Corebo. Era costui

Figlio a Migdone, insanamente acceso
De l'amor di Cassandra; e come fosse
Già suo consorte, pochi giorni avanti
In soccorso del suocero, e de' Frigi
S'era a Troja condotto: infortunato,
Che non avea la sua sposa indovina
Bene anco intesa! A questi insieme accolti
Per accendergli più mi volgo, e dico:
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Omai fia la fortezza e 'l valor vostro ;
Poichè perduti siamo e che Troja arde,
E gli Dei tutti, a cui tutela e cura
Si reggea questo impero, in abbandono

Lasciano i nostri tempj e i nostri altari.
Ma se voi così fermi, e così certi

Siete pur,

com' io veggio, a seguitarmi;

Ancor che a morte io vada, in mezzo a l'armi
Avventianci, e moriamo. Un sol rimedio
A chi speme non have è disperarsi.
Così l'ardir di quelli animi accesi

Furor divenne. Usciam di lupi in guisa,
Che rapaci, famelici e rabbiosi

Col ventre voto, e con le canne asciutte
Sentan de' lupicini urlar per fame

per mezzo

Pieno un digiun covile. Andiam
De' nemici e de l'armi a morte esposti
Senza riservo, e via dritti fendiamo
La città tutta, a la buja ombra occulti,
Che l'altezza facea de gli edifici.

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Or chi può dir la strage, e la ruina

Di quella notte? E qual è pianto eguale

A tanta uccisione, a tanto eccidio ?
Troja ruina. La superba, antica,
E glorïosa Troja, che tant' anni
Portò scettro e corona. Era, dovunque
S'andava, di cadaveri, di sangue,

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D'ogni calamità pieno ogni loco,

Le vie, le case, i tempj. E non pur soli
Caddero i Teucri: chè l'antico ardire

Destossi, e surse alcuna volta ancora
Ne gli lor petti. I vincitori e i vinti
Giacean confusamente, e d'ogni lato
S'udian pianti e lamenti; e questi e quelli
Eran da la paura e da la morte

In mille guise aggiunti. Androgeo il primo
De' Greci fu, che avanti ne s'offerse
Condottier di gran gente. Egli avvisando
Parte sollecitar de la sua schiera :

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