Nè dei preghi materni; onde nudrita Pagana fosti, e 'l vero a te celai. Crescesti; e in arme valorosa e ardita Vincesti il sesso e la natura assai ; Fama e terra acquistasti: e qual tua vita Sia stata poscia, tu medesma il sai; E sai non men che servo insieme e padre Io t'ho seguíta fra guerriere squadre.
Jer poi su l'alba alla mia mente, oppressa D'alta quïete e simile alla morte, Nel sonno s'offerì l'immago stessa; Ma in più turbata vista, e in suon più forte, Ecco, dicea, fellon, l'ora s' appressa Che dee cangiar Clorinda e vita e sorte; Ma sarà mal tuo grado, e tuo fia il duolo. Ciò disse, e poi n' andò per l'aria a volo.
Or odi dunque tu, che 'l ciel minaccia A te, diletta mia, strani accidenti. Io non so; forse a lui vien che dispiaccia Ch' altri impugni la fe de' suoi parenti; Forse è la vera fede. Ah! giù ti piaccia Depor quest' arme e questi spirti ardenti. Qui tace, e piange: ed ella pensa e teme; Chè un altro simil sogno il cor le preme.
Rasserenando il volto, alfin gli dice: Quella fe seguirò che vera or parme; Che tu col latte già della nutrice Sugger mi festi, e che vuoi dubbia or farme: Nè per temenza lascerò (nè lice
A magnanimo cor) l'impresa e l'arme; Non, se la morte nel più fier sembiante Che sgomenti i mortali, avessi innante.
Poscia il consola; e, perchè il tempo giunge Ch'ella deve ad effetto il vanto porre, Parte, e con quel guerrier si ricongiunge Che si vuol seco al gran periglio esporre. Con lor s'aduna Ismeno, e instiga e punge Quella virtù che per sè stessa corre; E lor porge di zolfo e di bitumi
Due palle, e 'n cavo rame ascosi lumi.
Escon notturni e piani, e per lo colle Uniti vanno a passo lungo e spesso; Tanto che a quella parte, ove s'estolle La macchina nemica, omai son presso. Lor s'infiamman gli spirti, e 'l cor ne bolle, Nè può tutto capir dentro a sè stesso: Gl'invita al foco, al sangue un fero sdegno. Grida la guardia, e lor dimanda il segno.
Essi van cheti innanzi; onde la guarda All' arme all' arme in alto suon raddoppia : Ma più non si nasconde, e non è tarda Al corso allor la generosa coppia. In quel modo che fulmine o bombarda Col lampeggiar tuona in un punto e scoppia, Movere ed arrivar, ferir lo stuolo Aprirlo e penetrar, fu un punto solo.
E forza è pur che fra mill' arme e mille Percosse il lor disegno alfin riesca. Scopriro i chiusi lumi, e le faville S'appreser tosto all' accensibil esca, Ch' ai legni poi le avvolse, e compartille. Chi può dir come serpa e come cresca Già da più lati il foco? e come folto Turbi il fumo alle stelle il puro volto?
Vedi globi di fiamme oscure e miste Fra le rote del fumo in ciel girarsi. Il vento soffia, e vigor fa ch' acquiste L'incendio, e in un raccolga i fochi sparsi. Fere il gran lume con terror le viste De' Franchi, e tutti son presti ad armarsi. La mole immensa, e sì temuta in guerra, Cade; e breve ora opre sì lunghe atterra.
Due squadre de' cristiani intanto al loco Dove sorge l'incendio, accorron pronte. Minaccia Argante: Io spegnerò quel foco Col vostro sangue; e volge lor la fronte. Pur ristretto a Clorinda, a poco a poco Cede, e raccoglie i passi a sommo il monte. Cresce, più che torrente a lunga pioggia, La turba, e li rincalza, e con lor poggia.
Aperta è l'aurea porta, e quivi tratto È il re, ch' armato il popol suo circonda, Per raccorre i guerrier da sì gran fatto, Quando al tornar fortuna abbian seconda. Saltano i duo sul limitare; e ratto Diretro ad essi il Franco stuol v' inonda : Ma l'urta e scaccia Solimano; e chiusa È poi la porta, porta, e sol Clorinda esclusa.
Sola esclusa ne fu, perchè in quell' ora Ch' altri serrò le porte, ella si mosse; E corse ardente è incrudelita fuora A punir Arimon, che la percosse. Punillo; e 'l fero Argante avvisto ancora Non s'era ch'ella si trascorsa fosse; Chè la pugna e la calca e l'aer denso Ai cor togliea la cura, agli occhi il senso.
Ma poichè intepidì la mente irata Nel sangue del nemico, e in sè rivenne, Vide chiuse le porte, e intornïata Sè da' nemici; e morta allor si tenne. Pur, veggendo ch'alcuno in lei non guata, Nov' arte di salvarsi le sovvenne:
Di lor gente s'infinge, e fra gl'ignoti Cheta s'avvolge; e non è chi la noti.
Poi, come lupo tacito s'imbosca Dopo occulto misfatto, e si desvía; Dalla confusion, dall' aura fosca Favorita e nascosa ella sen gía. Solo Tancredi avvien che lei conosca : Egli quivi è sorgiunto alquanto pria; Vi giunse allor ch'essa Arimone uccise: Vide e segnolla, e dietro a lei si mise.
Vuol nell' armi provarla: un uom la stima Degno, a cui sua virtù si paragone. Va girando colei l'alpestre cima
Verso altra porta, ove d'entrar dispone. Segue egli impetüoso; onde assai prima Che giunga, in guisa avvien che d'armi suone, Ch'ella si volge, e grida: O tu, che porte, Che corri sì? Risponde: Guerra e morte.
Guerra e morte avrai, disse; io non rifiuto Dárlati, se la cerchi: e ferma attende. Non vuol Tancredi, che pedon veduto Ha il suo nemico, usar cavallo, e scende. E impugna l'uno e l'altro il ferro acuto, Ed aguzza l'orgoglio, e l'ire accende; E vansi a ritrovar, non altrimenti Che duo tori gelosi e d'ira ardenti.
Degne d'un chiaro Sol, degne d'un pieno Teatro opre sarían si memorande. Notte, che nel profondo oscuro seno Chiudesti e nell'obblío fatto sì grande, Piacciati ch'io nel tragga, e 'n bel sereno Alle future età lo spieghi e mande. Viva la fama loro; e tra lor gloria Splenda del fosco tuo l'alta memoria.
Non schivar, non parar, non ritirarsi Voglion costor, nè qui destrezza ha parte. Non dánno i colpi or finti, or pieni, or scarsi : Toglie l'ombra e 'l furor l'uso dell'arte. Odi le spade orribilmente urtarsi
A mezzo il ferro; il piè d'orma non parte: Sempre è il piè fermo, e la man sempre in moto; Nè scende taglio invan, nè punta a yoto.
L'onta irrita lo sdegno alla vendetta; E la vendetta poi l'onta rinnova : Onde sempre al ferir, sempre alla fretta Stimol novo s'aggiunge e cagion nova. D'or in or più si mesce, e più ristretta Si fa la pugna: e spada oprar non giova; Dansi co pomi, e, infelloniti e crudi, Cozzan con gli elmi insieme e con gli scudi.
Tre volte il cavalier la donna stringe Con le robuste braccia; ed altrettante Da que'nodi tenaci ella si scinge, Nodi di fier nemico, e non d'amante. Tornano al ferro; e l'uno e l' altro il tinge Con molte piaghe e stanco ed anelante E questi e quegli alfin pur si ritira, E dopo lungo faticar respira.
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