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LIBRO QUINTO.

Sono piene di naturalezza e di amore le parole con che Adamo vuole svegliare Eva; come pure è naturale il turbamento di Eva. Il sogno di Eva è un capolavoro di arte maestra che senza anticipare l'avvenimento del poema ne fa intravedere la uscita. La discesa di Rafaele e la figura presa da lui è rappresentata con tocchi singolari di sceltissime idee. Ma la dottrina in cui Rafaele dice che le materie si mutano in ispiriti, è disdicevole cotanto che io non saprei perdonarla a Milton. Questa dottrina è uno stolido materialismo. Come? La materia che ha per sue proprietà essenziali la estensione e la inerzia si muterà in ispirito che ha per sue proprietà essenziali la semplicità e l'attività? È questo un punto inconcusso di sana filosofia. Nè mai la materia potrà divenire spirito senza mutare la sua essenza. Ora le essenze degli esseri sono immutabili, dunque la materia non può divenire spirito giammai. Se egli di sua bocca avesse detto cotale sproposito, pur pure: ma metterlo in bocca di un Arcangelo è fatto imperdonabile in un poeta informato dell'idea cristiana.

Pieno di grazie è l'accoglimento fatto da Adamo ed Eva all'Arcangelo Rafaele e la descrizione di Eva occupata in faccende domestiche. Lo scoppio della ribellione degli angeli cattivi è variato a maraviglia, e stupore e diletto viene al lettore dall' intrepida fedeltà di Abdiele.

LIBRO SESTO

Questo libro non può essere lodato abbastanza. Milton qui supera se medesimo. Pare impossibile come l'umano ingegno abbia potuto parlare così sublime e chiaro di cose oltramondane. Egli procede sempre da grandi cose a maggiori; e quando pare venuto a tale da non poter più aggiungere, allora con nuova uscita vince l'animo del lettore trasportandolo di maraviglia in maraviglia. Non accenno a bellezza particolare; chè egli è una bellezza continuata. Noterò solamente che insulso è il motteggiar di Satano e di Belial: e che il dire egli, là dove descrive la costernazione degli angeli buoni a fronte degli ordigni infernali, che niuno degli angeli buoni potè tenersi in piedi, specialmente per le armi loro, e che senz' armi avrebbono potuto evadere ai turbini de' feroci globi, ingenera una confusione nella mente del lettore, il quale non sa come indossare armi materiali agli spiriti. Sarebbe stato meglio se Milton avesse tacciuto questa circostanza. Ciò nullaostante é questo un libro che empie l'anima di terrore, e solamente per esso hanno ragione gli Inglesi (come diceami un mio amico) di chiamare questo poema

divina tragedia in opposizione a noi Italiani che diciamo divina comedia il poema di Dante. Ripetutamente chiama cubica la falange, forse a far risaltare di più la gran statura degli angeli e la saldezza della falange istessa.

Pur non oprò metà di suo potere.

Lazaro papi dice che questo passo è in certo modo contradditorio ad un altro del libro 5.0 dove gli angeli cantando le lodi del Figlio di Dio, dicono: Thou that day

Thy Father's dreadful thunder didst not spare;

Nor stop thy flaming chariot wheels......

cioè: tu in quel giorno non risparmiasti il tremendo tuono di tuo padre; né arrestasti le rote del tuo fiammante carro. E che per evitare questa contraddizione egli si scostò alquanto dall'originale, voltando in italiano questo passo così

in quel gran giorno

Di sue tremende folgori ministro.

Se nulla veggo l'espressione didst not spare, non risparmiasti, è sìnonima di usasti, trattasti, e simili; ed anco se si vuole, scagliasti in gran numero, senza risparmio il tremendo tuono di tuo padre; ma non può significare giammai che il Figlio abbia scagliate tutte le folgori in guisa da consumarle tutte. Molto meno poi significa che il Figlio non risparmiòù la folgore nel senso di avere usata la sua potenza nel maggiore grado di intensità; giacchè chiaramente dicesi in ambedue i passi che gli angeli furono solamente cacciati dal cielo, non distrutti. Or chi non sa che la potenza di distruggerli è infinitamente maggiore della potenza di cacciarli ? Ottimamente dunque stanno quei due passi. E il primo vuole intendersi che il Figlio non risparmiò la folgore del padre, si a mostrare la sua onnípetenza eguale al padre, si a mostrare la terribile punizione degli angeli, cioè non risparmio la folgore massima nè suoi effetti di castigo, rispetto agli angeli: ma non massima in se stessa; poichè ella considerata in se è atta a produrre altri più tremendi fatti, quale sarebbe la distruzione, come si vuol intendere l'altro passo di questo libro.

LIBRO SETTIMO

Placida ed insieme nobile maestà di avvenimenti succede in questo libro, la quale fa un bellissimo contrasto colla tumultuosa e terribile grandezza del precedente. La creazione del mondo in sei giorni come narrasi nel primo del Genesi, v'è pennelleggiata a maraviglia con sentita varietà di colorito.

Egli procede cauto in nominare i sei giorni; e con accorgimento degno di lui non determina che cosa intendasi per quelli sei giorni, se epoche indeterminate di tempo oppure spazi di 24 ore. Ma quanto dice della luce che

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Dall'orto suo natio per l'äer bruno

Sferica in radiante nube (il sole

Ancor non era), e in padiglione intanto

Di nube stea.....

mi pare sua licenza poetica. Non dirò io che sentano della creazione della luce i moderni cosmogoni, chè la brevità di una nota non mel consente, dirò solamente che ciò non pare secondo la narrazione mosaica.

Dice poi

e volge tosto

Scienza a stoltizia come cibo a vento.

Mi pare vile questa similitudine e indegna della bocca di un angelo.

LIBRO OTTAVO.

Sono naturalissime le dimande di Adamo, e le risposte dell' Angelo sono trattate con arte di finissimo ingegno senza decidere la gran lite, che a tempi di Milton fervea caldissima, tra i sistemi di Tolomeo e di Copernico. Checchè altri ne dica, a me non piace la ragione che adduce Rafaele dell'essere stato assente dalla creazione. La mi pare una ragione insipida, non degna di Dio, nè bastevole a privare un angelo di così alto grado, dello spettacolo dato dalla onnipotenza di Dio nella creazione. Ciò mi si conferma dall' aver Rafaele ne' libri preceduti narrata ad Adamo l'opera della creazione con minute circostanze. Che Rafaele non sapesse gl' interni sentimenti eccitatisi in Adamo appena creato, è verosimile; ma che dopo averlo già narrato ad Adamo non sapesse come ei fu creato e dove fu collocato, non è per veruna guisa credibile. Il racconto che Adamo fa di sua creazione, dello stupore di se, del provare sé a diversi usi delle sue membra, del suo appello alle creature, del suo primo sonno e sogno, del suo primo incontro e colloquio con Dio, del suo amore e della sua innocente passione per Eva, è pieno di tutte le grazie che possede la poesia. Notisi come l'amore di Adamo bene si addica allo stato suo d'innocenza, come sia amore casto e scevro d'ogni macchia. Ma contuttociò è condotto con tale maravigliosa destrezza da lasciare intravedere un non so che di debolezza che sgridata dall'Angelo accenna quasi

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alla lontana la futura cagione del suo peccare. Non saprei trovare parote adeguate a lodare l'inaspettata interrogazione che Adamo fa all'Arcangelo,

Non amano i celesti, e come esprimono

Il loro amor?

e il riso dell' Angelo che subito come toccato al vivo

raggiò un celeste

Roseo vermiglio, almo color d'amore,

e dopo poche parole si licenzia da Adamo per tornarsene al paradiso come per soddifare il suo amore.

LIBRO NONO.

Di questo libro dirò solamente che vi sono molte bellezze specialmente li dove dicesi che Satano a vista di Eva

si stette astratto

Da sua propria empietà, e rimase allora

Stupidamente buon,

,..

ma in generale sembrami che in questo libro e ne'seguenti siasi affievolita in più luoghi quella singolare vena Miltoniana.

LIBRO DECIMO.

Pieno di amore è il giudizio che il Figlio di Dio fa de' primi padri, e l'atto di coprirli di vesti. È ben significante la simpatia di Colpa con Satano; e maravigliosa la scena in cui mutansi in serpenti tutti gli angeli cattivi. Il cambiamento della natura tutta non è privo di bellezza, e gran compassione destano le rabbie, le disperazioni e le umiliazioni de' primi padri. È degno di essere avvertito come gradatamente e naturalmente trapassino i primi padri in vart affetti: perplessità, dubbio, timore prima del delitto, letizia e giubilo subito dopo il delitto, quindi rimorso, vergogna, rabbia, disperazione, pentimento, speranza, preghiera, umiliazione e perfetta rassegnazione.

LIBRO UNDECIMO.

L'intercessione del Figlio presso il Padre reca consolazione carissima în mezzo alla triste fortuna avvenuta. Il colloquio di Adamo con Eva e il suo saluto a Lei è un bel tratto di un buon conoscitore della natura umana la quale inclina a troppa fidanza sempre che gli pare alquanto lontano il pericolo. Belli e inaspettati vengono i pronostici della natura. Pieno di tenerezza

convenevole al sesso femminile è il lamento di Eva. La visione di Adamo è bastantemente variata; ma se debbo dire la verità, non mi pare troppo animata del genio de' primi libri, Eccettuo la descrizione del diluvio che e compita in ogni sua parte.

LIBRO DUODECIMO.

I critici inglesi medesimi riconoscono un po' di languidezza in questo libro, sebbene l'attribuiscano a che Milton ebbe troppo fissa la mente alla sua Teologia. É pur bello quel passo ove descrive gli angeli che s' inoltrano quale cometa scorrendo la superficie della terra.

Milton inveisce contro la Chiesa Cattolica Romana attaccandone il prin cipio d'infallibilità e dice

in terra

Chi contro fé e coscienza udito fia

Infallibil?

E poco sopra avea detto che è

lo spirto

Di Dio promesso a ogni credente e dato

Al pari.

Ora è passato il tempo di lasciarsi abbagliare, e di tutto si vuol sapere la ragione; però io domando: lo spirito che è stato dato del pari a tutti e che guida tutti, guida con certezza o con incertezza? Se guida con certezza, dunque niun de' guidati può errare in conoscere la verità, quindi ognun de'guidati é infallibile in conoscere la verità. Se é così, come può dire Milton che njuno è infallibile? Anzi io dico tutti devono essere infallibili. Che se mi dite che lo spirito guida con incertezza allora dirò pure io che niuno è infallibile. Ma io chiederò che spirito sia cotesto che guida, ma che guida con incertezza. É spirito di Dio o di uomini? Anche nelle cose umane vediamo che i ciechi prendendo una guida, la prendono sicura; e i forestieri che passeggiano in città sconosciute, prendono non solo guide sicure, ma ancora ben pratiche de' luoghi. Or come credere che Iddio che è tanto buono, tanto giusto, tanto sapiente, tanto providente, tanto misericordioso, mandi a' suoi fedeli uno spirito che guidi con incertezza? Che abbia mandato al mondo il suo Figliuolo a morirvi per gli uomiui, e poi lasci questi uomini stessi in balìa di uno spirito che guida con incertezza? Niun savio ragionatore potrà mai persuadersene. Egli dirà sempre: se niuno è infallibile dunque tutti possono errare; se tutti possono errare, dunque non v'è

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