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La prima imperfezione che io rilevo nel subbietto è la sua fine infelice.

Il subbietto di ogni poema è, secondo la divisione d'Aristotele, o semplice o composto. Semplice, quando non v'è cambiamento di fortuna; composto, quando la fortuna del principale attore cambia di cattiva in buona o di buona in cattiva. Il subbietto composto fu creduto il più perfetto; io lo credo, perchè egli è più proprio ad eccitare le passioni del lettore ed a sorprenderlo con la più gran varietà di accidenti.

Il subbietto composto è quindi di due sorte. Nella prima l'attore principale cammina per una lunga serie di pericoli e difficoltà finchè giugne ad onore e prosperità, come vediamo nella storia di Ulisse. Nella seconda l'attore principale nel poema cade da un alto grado di onore e prosperità in miseria e sventura. Così noi vediamo Adamo ed Eva precipitare da uno stato d'innocenza e felicità nella più abbietta condizione di colpa ed affanno.

Le più popolari tragedie fra gli antichi erano foggiate in quest'ultimo genere di subbietto composto, peculiarmente la tragedia di Edipo, che fonda sopra una storia, se vogliam credere ad Aristotele, la più propria che inventar si possa per tragedia. Questo genere di subbietto composto in cui l'esito è infelice e più acconcio a commuovere l'uditorio che il primo genere; non ostante che molte eccellenti tragedie fra gli antichi come pure molte di quelle che sono state scritte gli ultimi anni nell' Inghilterra sieno condotte con opposto sistema. Pur debbo dire che penso tale specie di subbietto, che è la più perfetta per la tragedia, non così propria pel poema eroico.

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Pare che Milton abbia sentito questa imperfezione nel suo argomento, ed ha perciò procurato di nascon

by several expedients; particularly by the mortification which the great adversary of mankind meets with upon his return to the assembly of infernal spirits, as it is described in a beautiful passage of the tenth book; and likewise by the vision wherein Adam, at the close of the poem, sees his offspring triumphing over his great enemy, and himself restored to a happier paradise than that from which he fell.

There is another objection to Milton's fable, which is almost the same with the former, though placed in a different light, the hero in the Paradise Lost is unsuccessful, and by no means equal to his enemies. This gave occasion to Dryden's reflection, that the devil was in reality Milton's hero. The Paradise Lost in an epic or a narrative poem, and he that looks for an hero in it, searIches for that which Milton never intended; but if the name of an here is to be applied to any person in it, it is certain the Messiah is the hero, both in the principal action, and in the chief episodes. Paganism could not furnish a real action for a fable greater than that of the Iliad or Æneid, and therefore an heathen could not for m a higher notion of a poem than one of that kind which they call an heroic. Whether Milton's is not of a sublimer nature I will not presume to determine; it is suffi cient to show there is in Paradise Lost all the greatness of plan, regularity of design, and masterly beauties which we discover in Homer and Virgil.

I must, in the next place, observe that Milton has interwoven, in the texture of his fable, some particulars which do not seem to have probability enough for an epic poem, particularly in the actions which he ascribes to Sin and Death, with other passages in the second book. Such allegories rather savour of the spirit of Spenser and Ariosto, than of Homer and Virgil.

derla con molti artifizi; segnatamente colla umiliazione che il grande avversaro dell' uman genere incontra quando ritorna all' assemblea degli spiriti infernali; quale vien descritta in un elegante tratto del libro decimo; e parimente colla visione dove Adamo, al chiudersi del poema, vede il suo seme trionfare del suo gran nemico, e se medesimo rilevato ad un paradiso più felice di quello da cui egli cadde.

V'è un' altra obbiezione al subbietto di Milton che è quasi la stessa, che la prima benchè posta in differente aspetto; l'eroe nel Paradiso perduto è disgraziato e minore in forze de' suoi nemici. Ciò die' occasione alla riflessione di Dryden che il diavolo fosse realmente l'eroe di Milton. Il Paradiso perduto è un poema epico o narrativo, e chi vi cerca un eroe, vi cerca quello che Milton mai non intese di porvi; ma se il nome di eroe vi debbe essere applicato a qualche persona, certamente il Messia è l'eroe sì nell' azion principale si nei principali episodi. Il paganesimo offrir non potea reale azione per più gran subbietto che quella dell'Iliadeo dell' Eneide, e però il gentile non potea farsi più alta idea del poema che in quel genere che essi chiamano eroico. Io non vo' definire se il tema di Milton sia più sublime; basta mostrare che nel Paradiso perduto v'è tutta la grandezza di orditura, la regolarità di disegno, e le maestrevoli bellezze che scopriamo in Omero e Virgilio.

Mi bisogna poi notare che Milton ha intrecciato nella tessitura del suo argomento alcune particolarità che non paiono avere bastevole probabilità per un epico poema, specialmente nelle azioni che egli attribuisce alla Colpa e alla Morte in altri luoghi del secondo libro. Siffatte allegorie ti sanno piuttosto il genio di Spenser e di Ariosto che di Omero e Virgilio.

In the structure of this poem, he has likewise admitted of too many digressions. It is observed, by Aristotle, that the author of an heroic poem should seldom speak himself, but advance his ideas through the medium of those who are his principal actors. Aristotle has given no reason for this precept; but I presume it is because the mind of the reader is more awed and elevated when he hears Æneas or Achilles speak, than when Virgil or Homer speak in their own persons; besides, assuming the character of an eminent man, has a tendency to fire the immagination, and raise the ideas of the author. Tully, mentioning his Dialogue of Old Age, in which Cato is the chief speaker, observes, that upon a review of it he was agreeably imposed upon, and fancied that it was Cato, and not himself, who uttered his thoughts upon that subject.

If the reader would be at the pains to observe how the story of the Iliad and Æneid is delivered by those persons who act in it, he will be surprised to find how little in either of these poems proceeds from the authors: Milton has, in the general disposition of his fable, very accurately observed this great rule; insomuch that there is scarce a third part of it which comes from the poet: the rest is spoken either by Adam and Eve, or by some good or evil spirit, who is engaged either in their destruction or defence.

From what has been here observed, it appears that digressions are by no means to be allowed in an epic poem. If the poet, even in the ordinary course of his narration, was to speak as little as possible, he should certainly never let his narration sleep for the sake of any reflections of his own. I have often observed, with a secret admiration, that the longest reflection in the Eneid is in that passage of the tenth book, where Turnus is repre

Nella struttura di questo poema egli ha del pari ammesso di troppe digressioni. È stato osservato da Aristotele che l'autore di un poema eroico rade volte parla egli stesso, ma espone le sue idee per mezzo di quei che sono i suoi primi attori. Aristotele non ha dato ragione per questo precetto; ma io credo che ciò sia perchè la mente del lettore è più attenta ed elevata quando ode parlare Enea od Achille, che quando Virgilio od Omero parlano di propria persona; inoltre vestendo il carattere di un uomo eminente, ha una tendenza ad infuocare l'immaginazione ed elevare le idee dell'autore. Tullio mentovando il suo Dialogo della Vecchiaia, in cui Catone è il primo interlocutore, osserva che in sul rivederlo vi fu preso da piacere, e credè che fosse Catone, non egli chi pronunziava il suo parere su quel subbietto.

Se il lettore volesse prendersi il fastidio di esaminare come la storia dell' Iliade e dell' Eneide è narrata da coloro che ne sono gli attori, resterebbe maravigliato in trovare come poco in ognun di questi poemi parlano gli autori: Milton nella generale disposizione del suo argomento, molto esattamente osservò questa gran regola; cosicchè ve n'è appena una terza parte che venga dal poeta: il resto è parlato o da Adamo ed Eva o da qualche buono o cattivo spirito che è intento o alla ruina o alla difesa loro.

Dal fin qui detto apparisce che le digressioni non dovrebbero tollerarsi a niun patto in un poema epico. Se il poeta, anche nell'ordinario corso di sua narrazione, debbe parlare il meno possibile, egli certamente non dovrebbe mai intermettere il suo racconto in grazia di alcune sue riflessioni. Io ho notato sovente con una segreta maraviglia che la più lunga riflessione nell' Eneide è in quel passo del libro decimo,

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