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stro parere ogni volta che poteva insorgere il più lieve dubbio intorno la preferenza da accordarsi alle nuove lezioni; perciocchè, cosi adoperando (1), non avremmo sostituito nel testo, al v. 60. del canto II. dell'Inferno, al mondo della Nidobeatina la voce moto della lezione di Crusca, adottata dal Vellutello, seguita e spiegata sì bene dal Magalotti e dal Poggiali, e si caldamente sostenuta dal Biagioli e dallo Scolari. E, a dir vero, tale lezione parve a noi pure più filosofica; e trovandola avvalorata pur anche dal codice Vaticano, la credemmo la vera ed originale. Ma il passo era già fatto quando comparve in luce il quinto volume della Proposta, in cui trovammo la lezione Nidobeatina rivendicata e difesa dal ch. cav. Monti con tale apparato di belle ragioni da non lasciare più alcun dubbio intorno alla preferenza. Altrettanto dobbiamo dire della voce eterna del v. 8. del canto III. dell'Inferno, da noi pure introdotta nel testo invece della eterno, che vuolsi intendere detta avverbialmente, sebbene anche la prima, riferita alla porta dell'Inferno, e convenga egualmente bene a tutto il concetto della intera sentenza, e si possa difendere con sode e forti ragioni. Ma fatti per ciò più cauti, nel progresso del nostro lavoro ci siamo astenuti quasi sempre dall'alterare la lezione seguita dal Lombardi, anche ove il nostro giudizio ci suggeriva di poter renderla migliore; restringendoci

(1) Noi abbiamo tolte queste due correzioni, restituendo con la Nidobeatina al testo le voci mondo ed eterno. (Gli Editori fiorentini.)

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a que' soli cambiamenti che si reputarono assolutamente necessarj per la maggiore intelligenza del testo, e registrando nelle nostre note tutte quelle varianti lezioni che possono essere utili per qualche modo agli studiosi.

Tali varianti, oltre quelle del testo di Crusca notate dallo stesso P. Lombardi, si trassero per noi dalle seguenti edizioni della divina Commedia, cioè da quella procurata dal Poggiali, Livorno 1807, dalle due del De-Romanis, Roma 1815-17 e 1820 in corso, e da quella del Biagioli, Parigi 1818; e provengono tutte da sette codici riputatissimi, de' quali diamo qui breve notizia.

Il primo si è lo Stuardiano, appartenente a Milord Stuart, segnato del 1300, esaminato dal sig. Biagioli, che più e più varianti di sommo pregio ne trasse, le quali sulla fede di lui si sono a'loro luoghi da noi riportate.

Il secondo è quello che fu del sig. Gaetano Poggiali, anteriore, per quanto egli ne scrisse, al 1330, o di quel torno. Abbonda di lezioni assai commendabili, e potrebbe servire a migliorare molti luoghi del Poema, così riguardo al sentimento che alla versificazione.

Il terzo si è il Cassinese, ossia della biblioteca di Montecassino, anteriore al 1368, e però scritto prima del comento di Benvenuto da Imola. È pregiatissimo, e venne illustrato dal P. Abate di Costanzo con una lettera che si vedrà riprodotta nel quinto volume della presente edizione.

Il quarto è l'Angelico, e trovasi nella biblioteca Angelica di Roma, T. 6. 22. Esso è in carattere semigotico, e piega all'ortografia del dialetto romanesco, o pugliese, senza alterare punto la vera lezione toscana. Manca (ignorandosi per qual vicenda) dell'intera seconda cantica, e, per quanto ne dice il sig. De-Romanis, è antichissimo e correttissimo; e certamente le sue varianti sono molto pregevoli.

Il quinto è il Caetani, posseduto da S. E. il sig. Don Enrico Duca di Sermoneta, del quarto o quinto lustro del secolo decimoquinto, e postillato in margine, per quanto si crede, da Marsilio Ficino, leggendovisi, come afferma il De-Romanis, scritto nell'ultimo foglio: Hoc comentarium est Marsilii Ficini; e molte ragioni concorrono a metterne fuori di dubbio l'autenticità.

Il sesto è l'Antaldino, così nominato dall'illustre suo possessore il nob. sig march. Antaldo Antaldi di Pesaro. Non è molto antico, ma è così ricco di belle varianti, che si reputa qual copia fedele di un assai vecchio e prezioso manoscritto. Le varianti di questo codice furono trasmesse all'editore De-Romanis dalla nobile sig. contessa Costanza Monti-Perticari, la quale, tenera ed intelligente com'è delle cose di Dante, si adopera a favorirne lo studio e a dilatarne la gloria. Ma le Poste avendo sgraziatamente ritardato di trasmettere i cartolari a Roma, queste varianti, riportate dal De-Romanis nella suddetta edizione in corso, non vanno oltre il canto XXI. dell'Inferno. Ha però egli promesso di dare le man

canti alla prima Cantica in fine della citata edizione, e di apporre ai respettivi loro luoghi quelle del Purgatorio e del Paradiso; e, ov'egli tenga la sua promessa, non mancheremo noi pure di fregiarne questa nostra edizione.

Il settimo finalmente si è il famigerato codice Vaticano, segnato col numero 3199, del quale fino dal caduto anno fu pubblicata la sola prima Cantica mercè le amorevoli cure del novello tipografo il colto sig. Luigi Fantoni di Rovetta. Contiene molte e singolari varianti, e noi vorremmo pure assentire all'opinione di quelli che lo reputano scritto di mano del Boccaccio, offerto da questi in dono al Petrarca, e dal Petrarca medesimo in alcuni luoghi postillato; ma gli errori de'quali va deformato, le false lezioni che spesso contiene, i versi che tratto tratto vi s'incontrano di non giusta misura e più poi l'osservare che la sua lezione non corrisponde a quella de' versi che si citano per entro il comento a Dante, attribuito comunemente allo stesso Boccaccio, sono i principali motivi che ci fanno grandemente dubitare della sua autenticità; e concorreranno forse facilmente nel nostro parere quegli at tenti Lettori che vorranno esaminare alcune delle varianti lezioni che da quel codice si riportarono nelle nostre note.

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Data così notizia de' codici sopraddetti, dobbiamo anche avvertire che per le abbreviature usate nelle nostre note di cod. Stuard., Cass., Ang.,

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Caet., Antald., Vat., s'intenderanno indicati gli stessi codici Stuardiano, Cassinese, Angelico, Caetano, Antaldino, Vaticano. Ed avendo proceduto nel detto modo per tutto ciò che riguarda le varianti lezioni, diremo ora del metodo da noi seguito nella interpunzione.

Per giovar meglio alla chiarezza e alla più facile intelligenza del testo si è da noi creduto ben fatto di riformare quasi interamente quella adottata già dal P. Lombardi. Ci siamo attenuti invece, come a guida più sicura, all'uso che ne fece il diligentissimo sig. Poggiali, allontanandocene però qualche volta o quand'egli pure si scostò dalla solita uniformità, o quando ci parve che la troppa frequenza delle virgole potesse nuocere alla chiarezza ed al sentimento.

Non occorre di far parola intorno le poche mutazioni da noi introdotte nella ortografia, giacche l'accorto Lettore potrà conoscerne la ragione esposta nelle nostre note.

Per quanto concerne alle dichiarazioni del testo, due vie diverse ci erano parimente aperte: o l'una di compilare un tutto nuovo comento, profit ́tando di quelli che vennero finor pubblicati, e di quanto si avesse potuto raccogliere sull'argomento dalle altre opere che di proposito o per incidenza spiegano ed illustrano la divina Commedia; o l'altra di scegliere quello tra i comenti che ci fosse sembrato il migliore, riprodurlo per intero, ed arric

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