Page images
PDF
EPUB

ARGOMENTO

Destato il Poeta da un tuono, e seguendo oltre colla sua guida, discende nel Limbo, che è il primo cerchio dell'Inferno, dove trova l'anime di coloro che erano colaggiù pel solo originale peccato. Indi è condotto da Virgilio per discendere al secondo cerchio.

Ruppemi l'alto sonno nella testa

Un greve tuono, sì ch' io mi riscossi, Come persona, che per forza è desta: E l'occhio riposato intorno mossi Dritto levato, e fiso riguardai,

Per conoscer lo loco, dov' io fossi.

[ocr errors]

4

I alto per profondo, ch'è l'epiteto che suol darsi al grave sonno; nella testa, pleonasmo, non però inutile, perocchè indicante che nella testa, cioè nel cerebro, formasi quel sopimento che sonno appelliamo. Sta sul filo della similitudine presa da chi dorme; onde chiama sonno quello che in realtà era smarrimento di spiriti e svenimento. MAGALOTTI. ←

2 Un greve tuono, il tuono d'infiniti guai, che dirà nel v. 9. 45 E l'occhio ec. Costruz. E diritto levato (corrisponde a ciò che disse nel fine del canto preced. E caddi, come l'uom, ec.) mossi, girai, intorno l'occhio riposato, nel sonno, e riguardai fiso, fissamente, attentamente. →→ Dritto levato, intendi non l'occhio, ma Dante. TORELLI.

6 Là'v' i' fossi ha il cod. Vat. 3199,-ed il loco, invece di lo loco, con miglior suono legge coll'Ang. la 3. rom. ediz.←→←

Vero è che 'n su la proda mi trovai
Della valle d'abisso dolorosa,

Che tuono accoglie d'infiniti guai.
Oscura, profond' era, e nebulosa
Tanto, che ficcar lo viso al fondo,

per

Io non vi discernea veruna cosa.
Or discendiam quaggiù nel cieco mondo,
Incominciò 'l Poeta tutto smorto:
Io sarò primo, e tu sarai secondo.

7

ΙΟ

13

7 Vero è, val quanto la verità si è, fatto sta, e simili. - proda, riva, sponda. Vedi il Vocab. della Crusca.

valle d'abisso appella l'infernale buca, perocchè fatta, come in progresso apparirà, a guisa di rotonda valle, larga nella cima e stretta nel fondo.

9 Che tuono accoglie ec., che unisce nella sua cavità uno strepito di guai infiniti. →trono ha il cod. Vat. 3199,-e l'Ang. pur trono, e di più, e infiniti guai. E. R.

ha

11 per invece di quantunque, cioè quantunque ficcassi ec.: piglia ficcar la vista per fissar gli occhi; maniera assai bizzarra. MAGALOTTI. —a fondo ha il cod. Stuard., l'Ang. e il Caet. E. R. ←

12 → veruna cosa; alcuna legge Lombardi colla Nidobeat., chiosando: «intendi massimamente nel fondo di essa valle infer»nale; imperocchè in non molta distanza dal luogo ove stava » v'era un foco, - Ch'emisperio di tenebre vincia (v. 68. e » seg.), e qualche lume per vedere le vicine cose sempre Dante » lo suppone.-veruna cosa piacque agli Accad. della Cr. di » leggere coll'autorità di pochissimi testi. » Il Biagioli legge pure veruna ; e parendo a noi ch'egli noti opportunamente essere questa lezione voluta dal sentimento e dall'orecchio, l'abbiamo introdotta nel nostro testo.-Il Vat. 3199 legge alcuna.

ככ

ככ

[ocr errors]

13 cieco, per buio, catacresi molto usata. Vedi il Vocab. della Crusca.

14 Cominciò il Poeta, tutto smorto: il Vat. 3199. * 15 →→→ Verso assai chiaro quanto alla lettera, dice Magalotti, ma vuol fors' anche significare che a descrivere l'Inferno Virgilio fu il primo, e Dante il secondo. ←

Ed io, che del color mi fui accorto,

Dissi: come verrò, se tu paventi,

16

Che suoli al mio dubbiare esser conforto? Ed egli a me: l'angoscia delle genti,

19

19 Ed egli a me: ec. Qui Dante entra a parlare del vero Limbo da lui figurato; ed a questo luogo meritano d'esser lette le Note dello Scolari. Noi ci limiteremo a qui darne un estratto, giacchè l'offrirle in disteso nol consente il metodo di brevità voluto dalle nostre aggiunte.

Si fa egli a parlare: 1.0 dell' intenzione di Dante nel far parola delle anime di coloro che vissero avanti Cristo in relazione al suo poema; 2.0 dell'opinione di Dante intorno alla possibile futura liberazione di esse; 3.0 del suo pensiero di dividere il Limbo in due differenti stati.

1.o Osserva che Dante, essendosi prefisso di scrivere un poema pe' suoi tempi, a renderlo efficace cercò ritrarne forza di effetto e probabilità d'invenzione col regolarne il disegno sulle basi di nostra religiosa credenza, e che volendovi far per entro risplendere la nobiltà e sapienza del divino consiglio nel premiare e punire, sostituì nelle sue finzioni un sistema teologico a quello della mitologia.

2.o Dalla condizione medesima in cui Dante raffigura poste tali anime, e dai discorsi ch'egli va tenendo a Virgilio, desume che, rapporto ai buoni e savj delle generazioni anteriori a G. C., non che ai bambini morti senza battesimo, Dante opinasse poter la grazia ed onnipotenza divina condonar loro quel danno che (data nei primi un'assoluta integrità di vita) avevano incontrato senza loro colpa, come senza colpa, tranne l'originale, lo incontrano li secondi.

:

3.0 Osserva per ultimo, che nel Limbo immaginato da Dante (che quello non può non può essere della religiosa nostra credenza) le anime vivonvi in uno stato non avvivato da una speranza assoluta, ma neppur rintuzzato da una certezza contraria; il che lo stato costituisce di vera sospensione: che a far risplendere ognora più la sapienza della sua mente divina, Dante rappresentò dipartiti dal volgo degl' innocenti morti prima di G. C. e dopo senza battesimo, tutti coloro, di cui suona ancora rinomata onoranza fra noi: che se ciò non fosse, l'anima di Soderini (soggetto del noto epigramma del Machiavelli) non Vol. I. 6

Che son quaggiù, nel viso mi dipinge
Quella pietà, che tu per tema senti.
Andiam, chè la via lunga ne sospinge.

Così si mise, e così mi fe' 'ntrare
Nel primo cerchio, che l'abisso cinge.
Quivi, secondo che per ascoltare,

Non avea pianto, ma che di sospiri,

22

25

avrebbe avuto a dolersi della ripulsa di Pluto, il quale, non volendola all'Inferno, la mandò al Limbo dei bambini; e che a rendere un omaggio alla virtù eminente immaginò che la divina grazia abbia colà avanzate le ombre degli antichi Saggi sino ad occuparvi una sede luminosa, alta ed aperta, formata da un castello cerchiato di alte mura, cinto da un fiumicello, e allegrato all'interno da verde smalto ec. ←

21 pietà, compassione. —per tema senti, apprendi per timore; ovvero giudichi per timore, in senso dell'ita sentio de' Latini, così giudico. Vico. Così nota Biagioli. - Il Torelli spiega: per tema, quella pietà che tu argomenti esser timore. 22 ne sospinge, ne fa fretta, non ci permette di perder tempo.

[ocr errors]

23 Così, ellissi, intendi, dicendo; si mise, entrò egli. 24 Nel primo cerchio, che ec., nel primo circolar ripiano, che l'infernal buca circonda. Chi sa com'erano disposti i gradi intorno agli antichi anfiteatri, non ha, per formare idea dei cerchi del Dantesco Inferno, a far altro, che concepire divisa in soli nove altissimi e larghissimi circolari ripiani, a guisa di gradi d'anfiteatro, tutta l'infernale discesa; e sopra dei ripiani medesimi intendervi ripartite le anime de' dannati.

per

25 secondo che per ascoltare. Così, ellissi adoperando, invece di secondo che per ascoltare pareva, secondo che l'udito si potea raccorre, MAGALOTTI;-secondo che mi parve di comprendere ascoltando, E. F. - Quivi, secondo ch'io pote'ascoltare, troviamo notato nel ms. Torelli: bellis sima lezione da lui riscontrata nel codice di Frate Stefano, e che non senza qualche ripugnanza ci siamo trattenuti d'inserire nel nostro testo. ←4

26 Non avea (per non era) pianto, ma che di sospiri, cioè, se non di sospiri; ed è modo di parlare piuttosto lom

Che l'aura eterna facevan tremare. E ciò avvenia di duol senza martiri,

[ocr errors]

28

bardo, che fiorentino, perchè dicono: questo non è ma che bene, cioè, questo non è se non bene. LANDINO, seguito da altri, e dal Venturi specialmente. Se però non è in altre parti della Lombardia, nel Milanese parmi di poter assicurare che cotal modo di parlare, almeno a' dì nostri, non sia. Sarebbe egli mai questo ma che il mas què degli Spagnuoli, lo stesso che il magis quam dei Latini? Egli certamente sembra che anche a questo senso torni bene: Non avea pianto, ma che di sospiri, non era significazione di dolore più che, maggiore che, di sospiri; cioè non erano lì, come altrove, gemiti e strida, ma solamente sospiri. Prima del Lombardi fu già sospettato dal Magalotti derivare il ma che dal magis quam dei Latini.-Il Perazzini lo ripete dal lombardo doma [a], ed il Conte Galeani Napione di Cocconato dal ma ch' d' piemontese [b], l' uno e l'altro significanti solamente. Il Perticari estima derivato il ma che dal maque o machè dei Romani, che veramente usarono di questo avverbio allo stesso modo di Dante in significato di piucchè [c]; nel qual senso l'usò pure il Poeta nostro nel canto XXVIII. verso 66. di questa cantica: E non avea ma ch'un' orecchia sola. Vuole il Biagioli che ma qui valga quanto più, osservando con esempi, che in tal senso fu usato anche in prosa. Il cod. Cass. legge, mai che; lezione accettata dall'E. R. nella seconda e terza sua edizione, chiosando : se non sospiri, e cavandone questo senso: si sospirava, e non si piangeva. Questa lezione fu ricevuta dagli Edit. Bolognesi nella moderna ediz. 1819.-II Vat. 3199 legge, ma' che.

27 ľ aura eterna: estende ed applica all' aura, ossia all'aria dell'infernale prigione, l'epiteto che alla prigione stessa più propriamente si conviene.

28 di duol senza martiri, da puro interno dolor d'animo, senza cagione d'alcuno esterno tormento: dal solo rammarico d'esser privi della beatifica vision di Dio: non dal fuoco, o altro esteriore tormentoso mezzo: dalla pena del danno, in una parola, non da quella del senso.

[a] Correct. in Dant. Com. Veronae 1775. [b] Vedi le Note a questo canto della E. F. [c] Prop. vol. 2. fac. 166.

« PreviousContinue »