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ARGOMENTO

In questo ultimo canto si tratta della quarta ed ultima sfera del nono ed ultimo cerchio appellato Giudecca, dove si puniscono coloro che hanno fatto tradimento a lor benefattori, e sono tutti coperti dal ghiaccio: e nel mezzo di essa v'è posto Lucifero, per lo dosso del quale descrive Dante com'essi passarono il centro della terra, ed indi salirono a riveder le stelle.

Vexilla Regis prodeunt Inferni
Verso di noi; però dinanzi mira,

I

1 2 Vexilla Regis prodeunt è il primo verso del sacro inno che dalla Chiesa si canta al vessillo di G. C., cioè alla croce ; e lo incastra qui Dante a scherno, dee credersi, del superbo attentato di Lucifero d'uguagliarsi a Dio, e per far maggiormente risaltare il di lui avvilimento, e non già per mancanza di rispetto alle sacre parole, come scrupoleggia il Venturi. — prodeunt verso di noi, si sporgono ver noi. Intende per questi vessilli le grand' ali di Lucifero. Quelli a cui non piacessero le parole latine, che qui ed altrove Dante usa nel suo poema, leggano ciò che ne scrisse il fiero critico anche de' più celebrati autori, Giuseppe Baretti, nella sua Dissertazione inglese intorno l'italiana poesia contro il Saggio di Voltaire su i poeti epici: «È d'uopo por mente (dic' egli nella versione che di » questo passo ne fece il ch. sig. Ab. Portirelli) ad un'altra » delle particolari bellezze sue (parla di Dante), la quale è » d'aver egli sparse nel suo poema parecchie parole e frasi, ed » anche intiere linee e terzine in puro latino. La qual cosa,

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Disse 'l Maestro mio, se tu 'l discerni.
Come, quando una grossa nebbia spira,
O quando l'emisperio nostro annotta,
Par da lungi un mulin che 'l vento gira,
Veder mi parve un tal dificio allotta:

Poi, per lo vento, mi ristrinsi retro

Al Duca mio; chè non v'era altra grotta.

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» da lui fatta con infinita grazia e convenevolezza, sembre» rebbe forse ridicola in ogni altra lingua vivente; ma nel» l'italiana, e particolarmente nel poema di Dante, produce » un vago effetto, e aggiugne molta forza e dignità al suo sti» le, non solo perchè Dante seppe benissimo scegliere quelle parole e frasi latine che hanno una somiglianza di suono » colle toscane, ma ancora perchè niun'altra vivente lingua » ha tanta affinità colla latina, quanta ne ha la nostra. Di più » è da notare, che tutto il latino ch'egli seminò qua e là nel » suo poema, è tutto preso dai sacri libri, nello stile de' quali » ha procurato sempre di scrivere. » ←#

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3 se tu'l discerni, se tu vedi lui, cioè il Re infernale, Lucifero.

4 grossa nebbia spira. O dice spira in luogo di esala, intendendo essere la nebbia, come la è di fatto, una esalazione di vapori dalla terra e dall'acqua, ovvero appropria lo spirare che è dell'aria alla nebbia, perciocchè è dall'aria por

tata e mossa.

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67 Par, comparisce, -un mulin che'l vento gira, un mulino a vento, che ha ali grandissime. — dificio per edificio, o per uso o per aferesi, detto anche in prosa vedilo nel Vocab. della Cr. allotta per allora pur anche in prosa detto vedi nello stesso Vocabolario.

8 9 per lo vento, intendi, per mettersi al coperto del venmi ristrinsi retro - Al Duca mio, mi misi dietro alla schiena di Virgilio. chè vale poichè.

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non v'era altra grotta. Grotta per ripa adopera Dante altrove [a]; qui per riparo contro del vento. → che non lì er'altra grotta, legge il cod. Vat. 3199.

[a] Inf. xxi. 110. Purg. x. 45.

Già era, e con paura il metto in metro,
Là dove l'ombre tutte eran coverte,
E trasparean come festuca in vetro.
Altre son a giacere, altre stanno erte,
Quella col
capo, e quella con le piante,
Altra, com'arco, il volto a' piedi inverte.
Quando noi fummo fatti tanto avante,

Ch'al mio Maestro piacque di mostrarmi
La creatura ch'ebbe il bel sembiante,
Dinanzi mi si tolse, e fe' restarmi;

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II tutte eran coverte. Vale tutte quanto totalmente, senza l'avevano avere veruna parte del corpo fuor del ghiaccio; come ciascuna delle tre sopraddescritte classi de' traditori. Queste anime sono rinchiuse affatto nel ghiaccio a differenza di tutte le altre; e ciò per adeguare col maggior peccato il tormento maggiore. E qui s'ammiri ancora l'arte del Poeta d'aver sapudiversificare, mezzo, to nel luogo stesso, e con un più e il meno, i dolorosi effetti di quel supplizio. BIAGIOLI.← 12 come festuca in vetro, come talvolta nel tro vedesi racchiuso qualche fuscellino di legno, di paglia, o d'altra simil cosa.

sol

corpo

giusta

il

del ve

13 son a giacere, la Nidobeatina e il Vat. 3199; ← stanno a giacere, l'altre edizioni » e l'Ang. E. R.← e quella con le 14 Quella col capo, intendi sta erta. - e piante, parimenti intendi sta erta, cioè sta coi piedi in alto. Qual va col corpo, qual va con le piante, variante del cod. Ang. E. R.

15 inverte, rivolta.

16 → parve, invece di piacque, legge il cod. Poggiali. 18 La creatura ch' ebbe il bel sembiante, Lucifero, perocchè fu Angelo, e tale che, dice il Maestro delle sentenze, non era in Paradiso Angelo più di lui eccellente [a].

19 Dinanzi mi si tolse, perchè, com'è detto, se gli era Dante posto dietro le spalle per coprirsi dal vento. - e fe'restarmi, perocchè andavano.

[a] Lib 2. dist. 6.

Ecco Dite, dicendo, ed ecco il loco,
Ove convien che di fortezza t'armi.
Com'io divenni allor gelato e fioco,

Nol dimandar, Lettor, ch'i' non lo scrivo,
Però ch'ogni parlar sarebbe poco.

Io non mori', e non rimasi vivo:

Pensa oramai per te, s'hai fior d'ingegno, Qual io divenni, d'uno e d'altro privo. Lo'mperador del doloroso

regno

Da mezzo 'l petto uscia fuor della ghiaccia;
E più con un gigante i' mi convegno,
Che i giganti non fan con le sue braccia :
Vedi oggimai quant'esser dee quel tutto
Ch'a così fatta parte si confaccia.

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20 Dite appella Lucifero, riconoscendo in esso il Plutone, Re dell'Inferno, da' Gentili appellato anche Dite [a].

24 Però ec. Perciocchè, siccome dice nel suo Convivio, la lingua non è di quello, che lo 'ntelletto vede, compiutamente seguace. BIAGIOLI. ←

26 Pensa omai tu per te, la Nidobeatina; Pensa oramai per te, l'altre edizioni, e noi coi codd. Vat. 3199, Ang. e Caet., e colla 3. romana edizione, ad oggetto di evitare quel disgustoso tu per te. fior, avverbio, vale un tantino. Vedi Inf. c. xxv. 144. →→ Ma il Biagioli lo vuole un sustantivo, che significa una minima particella del tutto onde si parla, e quasi un suo elemento.

27 d'uno e d'altro privo; di morte e di vita. Privo di morte, perchè coll' anima non ancora disgiunta dal corpo; privo di vita, perchè rimaso senza l'uso de'sentimenti. VENTURI.

28 al 33 Lucifero sta in un pozzo, il cui centro è quello dell'universo. La circolar parte interna d'esso pozzo è sino al centro d'un sol masso di ghiaccio, dal quale Lucifero è cinto intorno intorno; l'altra metà è tutta di pietra. Da mezzo il petto

[a] Vedi tutti i Mitologi.

S'ei fu si bel, com'egli è ora brutto,
E contra 'l suo Fattore alzò le ciglia,
Ben dee da lui procedere ogni lutto.

pure

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in su, che è la quarta parte superiore di quell'enorme corpo, avanza Lucifero fuori dall'orlo del pozzo, nel nostro emispequarto della parte rio; e dalle ginocchia alle piante, che è il inferiore del corpo stesso, avanza fuori del pozzo, nell'altro emisperio. Lucifero è alto braccia 3000; adunque la parte del corpo suo, che sta nascosta nel pozzo, sono i due quarti di l'altezza mezzo del tutto, ossia braccia 1500; e tanta è del pozzo. Il centro del corpo di Lucifero, determinato dal pozzo, Ossia Poeta ai vv. 76. e 77., sta appunto nel centro del dell'universo, e però ivi è quello smisurato corpo sospeso. BIAGIOLI. L'altezza di statura sopra assegnata dal sig. Biagioli a Lucifero, ci sembra esagerata, e desunta da calcoli meramente ipotetici ed arbitrarj. Egli è vero però che dal poefissarla con esattezza. Il ma non si hanno i dati necessarj per Manetti trovò corrispondere quella di Nembrot a braccia fiorentine 44; eda essa quella di Lucifero ne desunse di braccia 2000. - Il Poggiali non assegnò a Nembrot che braccia 26 di altezza; per cui, seguendo i computi del Manetti, Lucifero non sarebbe alto che braccia 1182. Queste differenze fanno pertanto conoscere la difficoltà di poter soddisfare con precisione a siffatta ricerca. Da ciò che è detto ai vv. 58. al 66., e 113. e seg. del ed ai vv. 30 e 31. del presente, ci sembra passato c. XXXI., che non si possa determinare (e ciò anche in via di semplice approssimazione) che il limite in più dell' altezza di Nembrot, ed il limite in meno di quella di Lucifero: l'uno così troviamo risultare di braccia 33 ed un terzo, e l'altro di simili 1000 circa calcolo che anche il lettore mediocremente in arimmetica esercitato potrà da sè istituire e verificare.

:

E più ec.

Più io m'accosto alla grandezza di un gigante, che non s'accostino i giganti alla grandezza delle sole di lui braccia. Che giganti, senza l'articolo, legge il cod. Vat. 3199.oggimai lo stesso che oramai [a].-quel tutto, quel corpo intero. Ch'a così fatta parte, a così grande braccio, — si confaccia, corrisponda.

34 al 36 S'ei fu si bel ec. La particella se dee qui valere

[a] Vedi Cinunio Partie. 133. 3.

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