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Là 've 'l tacer mi fu avviso il peggio,

E dissi: Padre, da che tu mi lavi

Di quel peccato, ov'io mo cader deggio, 109
Lunga promessa con l'attender corto
Ti farà trionfar nell'alto seggio.

chi sa che da' copiatori non sia stata mutata la p in g. Gravi, dice il Daniello, perchè di tanto e si grave uomo. Ma se Guido gli ebbe per tali veramente, come divenn'egli innanzi a Dio colpevole nell' ubbidire? Spiegando questi due versi il Landino e il Vellutello, Le argumentazioni, dicono, di Bonifazio pinsero et indussero costui a dargli il fraudolente consiglio, temendo altramente di far peggio, perchè avria mostrato dubitar della sua autorità, e che l'avesse come eretico potuto punire. Secondo questa interpretazione potrebbersi da Guido appellar cotali argomenti gravi per le gravi conseguenze che da essi traeva. — mi pinser là 've 'l (sinalefa per là ove il) tacer mi fu avviso il peggio. Accenna, così parlando Guido, di esser fino allora stato titubante e sospeso tra due pareri: uno de' quali suggerisse peggiore il parlare che il tacere; l'altro, all' opposto, peggiore il tacere che il parlare, e che per gli argomenti gravi spinto fosse ad abbracciare quest'ultimo.

108 da che tu mi lavi, giacchè tu dici di lavarmi, di assolvermi.

109 110 ov'io, la Nidobeatina; ove, l'altre edizioni e il Vat. 3199. mo, ora, accorciamente del latino modo.-Lunga promessa, prometter molto. -attender corto, mantener poco la parola data. attener corto, legge il cod. Poggiali, lezione che rende più chiaro e naturale il sentimento predetto.

111 trionfar, intendi de' Colonnesi. Essendo, come di sopra è detto, rimasta a'Colonnesi sola Preneste molto forte città, la quale avendo Bonifazio assediata, e non vedendo forma di poterla avere per forza, mandò per quello conte Guido già, reso frate Minore, e domandogli sopra di ciò consiglio. Il Conte gli rispose, che promettesse assai e attendesse poco. Onde Bonifazio finse di moversi a pietà, e per comuni amici fece intendere a'Colonnesi, che venendosi ad umiliare, sarebbe lor perdonato. E così venuti a lui Iacopo e Piero Cardinali in abito nero, umilissimamente chiamandosi peccatori e domandando per

Francesco venne poi, com'io fui morto,
Per me; ma un de' neri Cherubini
Gli disse: nol portar, non mi far torto.
Venir se ne dee giù tra' miei meschini,
Perchè diede 'l consiglio frodolente,
Dal quale in qua stato gli sono a' crini;
Ch'assolver non si può chi non si pente,
Nè pentere e volere insieme puossi,

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dono, Bonifazio promise di perdonar loro e reintegrarli di tutti i beni; ma che prima voleva Preneste. La quale ottenuta, la fece disfare, e poi rifare al piano, e domandolla la città del Papa [a]. E così steron le cose finattantochè Sciarra Colonnese fece in Alagna Bonifazio prigione, e che poco da poi si morì. VELLUTELLO.

Conviene con Dante a raccontar queste medesime cose di Bonifazio VIII. e di Guido di Montefeltro anche l'antico, e a Dante vicinissimo scrittore, Ferretto Vicentino nel libro 2. della sua Storia, sotto l'anno 1294. Vedila tra gli Scrittori delle cose d'Italia del Muratori, tom. 9, e vedi nel tempo stesso la critica che a cotale racconto fa il medesimo Muratori savia

mente.

112 113 com'io fui, la Nidob.; com' i' fu', l'altre edizioni. ―venne per me, per condurmi qual suo figlio in Paradiso. neri Cherubini per neri Angeli, appella i Demonj, allusivamente allo stato loro primiero avanti che da Dio si ribellassero.

115 meschini, servi, schiavi. Vedi meschine Inf. ix. 43. 117 Dal quale in qua, dal qual tempo fino ad ora. -statogli sono a'crini, l'ho sempre tenuto pe' capelli ed in poter mio.

119 pentere per pentire, adoprato da altri buoni antichi scrittori, vedilo nel Vocabolario della Crusca; e dovrebb'essere il primo italiano, formato per sincope dal latino poenitere. Vedi Mastrofini, Teoria e Prospetto de verbi italiani, pagina 417.-pentere e volere, pentirsi del peccato e volerlo.

[a] Cosi riferisce il contemporaneo storico Tolomei da Lucca, anno 1297. Conviene però credere che un tal nome non prendesse voga, ma ritor nasse il primiero.

Per la contraddizion che nol consente. O me dolente! come mi riscossi

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Quando mi prese, dicendomi: forse Tu non pensavi ch' io loico fossi. A Minos mi portò, e quegli attorse Otto volte la coda al dosso duro; E, poichè per gran rabbia la si morse, Disse: questi è de' rei del fuoco furo; Perch'io là, dove vedi, son perduto, E si vestito andando mi rancuro: Quand'egli ebbe 'l suo dir così compiuto, 130 La fiamma dolorando si partio,

Torcendo e dibattendo il corno aguto.

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Noi passammo oltre, ed io e 'l Duca mio, 133
SIL per lo scoglio infino in su l'altr' arco,
Che cuopre 'l fosso, in che si paga il fio

121 mi riscossi, rimasi sopraffatto e pieno di paura. 122 123 Quando, abbandonandomi s. Francesco, mi prese quel demonio per seco condurmi. Tu non pensavi ch'io loico fossi: credevi tu colla coperta di quella assoluzione d'ingannarmi.

-

127 del fuoco furo, del fuoco che fura, che nasconde agli occhi altrui gli spiriti che tormenta. Vedi canto preced. v. 41.

e segg.

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mi rancu

128 là, dove, detto in luogo di dove ed ove semplicemente, vedi il Cinonio, Partic. cap. 148. 1. 129 si vestito, sì avvolto da fiamma. questa ro, m'attristo, mi rammarico. Verbo provenzale dicelo il Varchi, citato dal Vocabolario della Crusca. Questo verbo non ha sinonimo, esprimendo lo attristarsi e dolersi per cupo e profondo dolore, che non si può con pianti nè con parole esalare. BIAGIOLI. Da questo verbo forse deriva il moderno vocabolo rancore, POGGIALI. ←

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il Duca mio ed io, ha l'Ang. E. R. 135 si paga il fio per si dà il dovuto gastigo. Dal pri

A quei che, scommettendo, acquistan carco.

miero uso, al quale adoperata fu questa maniera, significante pagare il debito tributo al signor del feudo, si è dedotta al sentimento generale di far pagare o sopportar la debita pena del commesso delitto. BIAGIOLI.

136 scommettendo, acquistan carco: disunendo, mettendo divisione, e seminando discordie tra parenti o amici, o per altro titolo tra sè congiunti, si caricano con ciò la coscienza d'un gravissimo peccato. VENTURI. A me però sembra inoltre che circoscriva Dante quest'altra spezie di cattivi con sì fatti termini per formarcene un paradosso, un avvenimento cioè in costoro affatto particolare e contrario a quanto intendiamo accadere in chiunque altro acquisti carico di qualsivoglia genere, acquistandolo anzi questi commettendo ed ammucchiando, legno esempigrazia a legno, pietra a pietra, delitto ec., non già scommettendo e separando.

ARGOMENTO

Arrivano i Poeti alla nona bolgia, dove sono puniti i seminatori degli scandali, delle scisme e delle eresie; la pena de' quali è lo aver divise le membra. E tra quelli trovano Macometto, Bertram dal Burnio ed alcuni altri.

Chi

hi poria mai, pur con parole sciolte,
Dicer del sangue e delle piaghe appieno,
Ch'i'ora vidi, per narrar più volte?

1 al 3 Chi poria mai, ec. Congiungi: Chi poria...dire appieno per narrar più volte; cioè, perchè si narrasse più volte. TORELLI. Due cose facilitano a ben rappresentare con parole alcun fatto, cioè il raccontare il fatto più volte (giovando ciò a correggere ogni mancanza o nella enumerazione delle circostanze, o nella espressione), ed il raccontarlo con parlare sciolto da ogni briga di metro e di rima, che spesso n'escludono que' termini che sarebbero i più adatti. Queste due cose tocca il Poeta nostro nella presente sinchisi, di cui eccone la costruzione: Chi mai per narrar più volte pur (eziandio) con parole sciolte, poria (per potrebbe [a]) dicer (per dire [b]) appieno del sangue e delle piaghe ch'io vidi ora? Alla significazione, a cui è qui adoprata la particella ora, ch'è certamente la stessa che della qui, in questo luogo (nel luogo cioè appena nel fine del precedente canto commemorato), nessuno

[a] Vedi Mastrofini, Teoria e Prospetto de'verbi italiani, sotto il verbo Potere, n. 19. [b] Vedi il Vocabolario della Crusca.

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