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Ad artigliar ben lui; ed amendue

Cadder nel mezzo del bollente stagno.

Lo caldo sghermitor subito fue:

Ma però di levarsi era niente,

Sì avieno inviscate l'ali sue.

142

Barbariccia con gli altri suoi dolente,

145

Quattro ne fe' volar dall'altra costa,

148

Con tutti i raffi, ed assai prestamente

Di di là discesero alla posta:

qua

140 Ad artigliar ben lui, a prender fortemente lui cogli artigli.

141 bogliente, legge il Vat. 3199. ←☛

142 Lo caldo sghermitor ec., così (e non schermitor o schermidor, come in tutte l'edizioni trovo) legge il Buti ms. nella Corsini, e riportato nel Vocab. della Cr. alla voce Sghermitore, e chiosa: Lo caldo della pegola bogliente sghermitor subito fue; cioè, che sentendo il caldo si sghermirono di subito, e così lo caldo fu sghermitore; e male a proposito il medesimo Vocab. sotto la voce e definizione di schermitore pone questo stesso verso di Dante, sgremitor, ha l'Ang. E. R. schermitor nel testo, e schermidor in postilla legge il Vat. 3199. - sghermidor, va letto così, e non schermidor, come nella Cominiana. Sghermire è contrario di ghermire, e vale separare, dividere. Vedi il Vocab, della Cr. TORELLI. ↔

143 era niente vale quanto era nissun modo, com'è detto Inf. ix. 57.

144 Si avieno inviscate l'ali sue, la Nidob.; Si aveano inviscate l'ale sue, l'altre edizioni, e col Vat. 3199 la 3. rom. edizione. ◄◄

146 dall' altra costa, perocchè supponesi, come di sopra è detto, sceso cogli altri compagni nella falda dell'argine allo stagno della pece opposta.

147 Con tutti i raffi. Tutti è qui particella riempitiva [a], Raffi, sinonimi d'uncini, è già detto di sopra.

148 discesero alla posta dee valer quanto discesero ad [ɛ] Vedi il Vocab, della Cr. alla voce Tutto, §. 9.

Porser gli uncini verso gl'impaniati,

Ch'eran già cotti dentro dalla crosta, E noi lasciammo lor così 'mpacciati.

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appostarsi, cioè alla estremità della ripa, vicini alla pegola il più che potevano. Posta è termine di caccia, ed esprime il posto assegnato dal capocaccia. POGGIALI; ma più generalmente il luogo dove si apposta il cacciatore per attendere la preda. Qui sappia il lettore che il Poeta ha immaginato questo incidente non solo per darne diletto e per dimostrarci la natura de' barattieri e l'indole dei diavoli, ma per aver il più naturale e il più semplice modo di sbrigarsi da loro, profittando del presente impaccio, per non esser vittima delle loro vendette, che non avrebbe potuto schivare altrimenti senza divino aiuto. BIAGIOLI. 8

149 impaniati, impegolati.

150 crosta, per similitudine, appella la fecciosa superficie di quello stagno. Ch'erano cotti, legge l'Ang. E. R. ◄◄

ARGOMENTO

In questo canto tratta il nostro Poeta della sesta bolgia, nella quale pone gl'ipocriti; la pena de'quali è l'esser vestiti di gravissime cappe e cappucci di piombo, dorati di fuori, e di gir sempre d'intorno la bolgia. E tra questi trova Catalano e Loderingo frati Bolognesi. Ma prima poeticamente descrive la persecuzion ch'egli ebbe dai demonj, e come fu salvato da Virgilio.

Taciti, soli, e senza compagnia

N'andavam l'un dinanzi, e l'altro dopo,
Come i frati Minor vanno per via.

Volto era in su la favola d'Isopo

Lo mio pensier, per la presente rissa,

1 al 3 Meditando i Poeti su le cose testè vedute, con che Dante vuol invitare il lettore a far lo stesso, si avviano al seguente ponte in gran silenzio; e soli, per esser rimasi tutti i diavoli nell'anzidetto impaccio. Il primo ed il secondo verso dipinge; il terzo è natura. BIAGIOLI. Come i frati Minor ec. Dovette ai tempi del Poeta essere universal costume de' Francescani di viaggiare un dopo l'altro. Se questo avesse Dante inteso, meschino sarebbe, al dir del Biagioli, il concetto, e la similitudine affatto inutile. Onde spiega il verso così: col capo basso, come fanno, per umile modestia, i Francescani, quando vanno per via. ←

5 presente rissa, tra Calcabrina ed Alichino.

Dov'ei parlò della rana,

e

del topo:

7

Chè più non si pareggia mo ed issa,

6 ei, Isopo, il quale, tra l'altre favole, racconta che una rana esibissi una volta ad un topo di recarselo sul dosso e passarlo di là da un fosso, con animo di annegarlo; ma che quando stava per eseguire il malvagio disegno, veduti da un nibbio, furono amendue rapiti da esso e divorati. →→ L'antico, citato nella E. F., dice essere questa favola invece quella in cui la rana, legato un filo al suo piede, e l'altro capo a quello del topo per tragittarlo di là dall'acqua, temendo il topo di annegarsi, tirava verso la terra, e la rana verso l'acqua. L'uno cosi tirava l'altro, come facevano quei due demonj.

7 più non si pareggia, non si eguaglia ( intendi nel significato) mo ed issa; significando entrambe queste due particelle lo stesso che ora. Mo, voce sincopata del latino modo, trovasi usata non solo dal Poeta nostro, ma da molti altri buoni scrittori. Vedi il Vocab. della Cr. Issa (forse dal tedesco itzt) dicela il Buti [a] voce lucchese; e se non fu lucchese, toscana certamente la dee essere stata; chè troppe volte adoprala Dante e qui in rima, ed altrove [b] fuor di rima; ciò che delle voci veramente forestiere non suol fare, come non fa nè di a pruovo, nè di borni, nè di giuggiare, nè di roffia, nè di tant' altre.

Il Venturi, al canto xxiv. del Purg. v. 55., ci assicura che è isa voce usata da'marinari e da altri faticanti attorno a un gran peso, per animarsi l'un l'altro a far forza unitamente; nel qual senso (aggiunge) è usata in molte parti ancora di Toscana. Ciò essendo, avremmo una riprova che issa pareggisi in tutto al mo, che invece d'issa o d'isa adoperano i faticanti di concerto in altre parti d'Italia, quasi dir volendo: mo tiriamo, mo alziamo ec. Questa voce issa deriva dall' issamente, vocabolo provenzale, che fu adoperato per significare anche ora. Così il chiarissimo sig. conte Perticari [c], ritenendo che Dante adoperasse qui ed altrove (Purg. canto 24 verso 55.) questa voce issa perchè era del romano comune; anzi l'ipsa dei Latini, e non tolta dai Lucchesi, come male c'insegnò il Buti, issa ed isso trovandosi in tutte le scrit

[a] Citato nel Vocab. della Cr. alla voce Issa. [b] Inf. c. xxvII. v. 21. Purg. c. xxiv. v. 55. [c] Prop. vol. 2, P. 11. fac. 122.

Che l'un con l'altro fa, se ben s'accoppia
Principio e fine, cou la mente fissa:
E come l'un pensier dall'altro scoppia,
Così nacque di quello un altro poi,
Che la prima paura mi fe'doppia.
I'pensava così: questi per noi

Sono scherniti, e con danno e con beffa

Sì fatta, ch'assai credo che lor noj.

Se l'ira sovra 'l mal voler s'aggueffa,

Ei ne verranno dietro più crudeli,

ture siciliane e romanesche. Angelico, E. R. ←

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-

10

13

16

appareggia, legge il codice

89 Che l' un con l'altro fa: di quello che si pareggino, si rassomiglino tra di loro, il fatto de' due demonj ed il fatto della rana e del topo. se ben s'accoppia, ben si confronta, con mente fissa, attenta, principio e fine; imperocchè il principio fu il macchinare ugualmente un contro dell' altro, Calcabrina contro di Alichino, e la rana contro del topo; ed il fine fu che ugualmente pure capitarono male e gli uni e gli altri per una terza cagione: la rana e il topo furono ghermiti dal nibbio, e i due demonj furono presi dalla pece.

10 scoppia per nasce, scaturisce; o piuttosto rapidamente procede. E. B.

13 per noi, cioè da noi. E. B. ◄◄

15 noj, da noiare, annoiare, rincrescere.

16 Se l'ira ec. Costruzione: Se sovra il mal voler, sopra' la perversa volontà, che sempre costoro hanno, s' aggueffa, s'aggiunge, l'ira. Aggueffare, dice a questo passo il Buti [a], è filo a filo aggiungere, come si fa ponendo lo filo dal gomito alla mano, o innaspando coll' aspo Gueffo, termine antiquato come aggueffare, voleva anticamente dire balcone o ringhiera che sporge alquanto in fuori della facciata della casa; ed è però in certo modo un'aggiunta al muro principale; onde aggueffare è aggiungere. POGGIALI. #

17 più crudeli, cioè disposti ad usarei maggior crudeltà.

[a] Gitato nel Vocab, della Cr. al verbo 4ggurfare.

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