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A Rinier da Corneto, a Rinier Pazzo, Che fecero alle strade tanta guerra: Poi si rivolse, e ripassossi 'l guazzo.

tiranni, ma di Sesto Claudio Nerone, crudelissimo Imperatore e tiranno.

Due errori. Il primo è di non ricordarsi che in questo cerchio bolle-Qual, che per violenza in altrui noccia [a], e non i soli propriamente tiranni. L'altro è di cognominar Sesto Nerone Imperatore, non si trovando dati lui altri nomi che di Claudio Domizio Nerone. Pertanto sono di avviso con Daniello che debba intendersi Sesto Pompeo, o Sesto Tarquinio. Ma il Poggiali, coi più sensati Comentatori, pensa che il Poeta alluda qui unicamente al primo, troppo noto per le vili sue piraterie. piraterie. in eterno munge - Le lagrime, spreme, fa uscir le lagrime eternalmente, -che che col bollor disserra, alle quali col bollore apre la porta. →→ quel bollor, ha, con buona variante, il cod. Antald. E. R. E

137 138 Rinier da Corneto infestò co' ladronecci la spiaggia marittima di Roma; e Rinier della nobile famiglia de' Pazzi tiorentino, fu famoso assassino ancor esso. VENTURI.a Rinier Pazzo, leggono l'Ang. e l'Antald. E. R.-e noi col Vat. 3199.*

139 si rivolse. Nesso Centauro che, come nel v. 126. è detto, aveva coi Poeti passato quel sanguigno fosso, portando ( s'intende, giusta la petizione di Virgilio, v. 95.) Dante sulla groppa; ora sen torna indietro e ripassa il guazzo, il fosso medesimo, per riunirsi a Chirone ed agli altri compagni.

[a] Versi 47. e 48. del presente canto.

ARGOMENTO

Entra Dante nel secondo girone, ove sono puniti quegli che sono stati violenti contra loro stessi, e quegli altri che hanno usata la violenza in ruina de' loro proprj beni. I primi trova trasformati in nodosi ed aspri tronchi, sopra i quali le Arpie fanno nido. I secondi vengono seguitati da nere e bramose cagne, tra' quali conosce Lano sanese e lacopo padovano. Ma prima ragiona con Pietro dalle Vigne, da cui intende la cagione della sua morte, e come le anime si trasformano in quei tronchi: ed ultimamente ode da un Fiorentino la cagione de' calamitosi avvenimenti della città sua, e ch'egli nella propria casa fossesi da sè medesimo appiccato.

Non era ancor di là Nesso arrivato,

Quando noi ci mettemmo per un bosco,
Che da nessun sentiero era segnato.

«Bellissimo oltre ad ogni credere si è tutto questo can» to, e di ricchezze pellegrine di poesia e di lingua abbondan»tissimo, le quali, non si potendo a una a una annoverare, le » lascio al discernimento dell'accorto lettore. >> BIAGIOLI.

1 di là dalla sanguigna fossa sopraddetta.

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23 ci mettemmo, c'incamminammo. bosco da nessun sentiero segnato vale salvatichissimo. Di nessun sentiero ha più gentilmente il cod. Antald. E. R.

Non frondi verdi, ma di color fosco;
Non rami schietti, ma nodosi e 'nvolti;
Non pomi v'eran, ma stecchi con tosco.
Non han sì aspri sterpi, nè sì folti

Quelle fiere selvagge, che 'n odio hanno
Tra Cecina e Corneto i luoghi colti.
Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno,

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Non fronda verde, leggono i codd. Antald. e Ang. E. R. e il Vat. 3199.

-e ←

5 rami schietti, dritti e senza nodo. Petrarca: In un boschetto nuovo i rami santi - Fiorian d'un lauro giovinetto e schietto. Ed altrove: Schietti arboscelli, e verdi frondi acerbe. DANIELLO. -involti, intralciati.

6 stecchi con tosco vale quanto spine e tossico. Stecco, spiega il Vocabolario della Crusca, spina ch'è in su 'l fusto, o`su' rami d'alcune piante.

7 al 9 Cecina, fiume che sbocca in mare mezza giornata lontano da Livorno verso Roma. Corneto, piccola città della provincia del Patrimonio. In questo tratto di maremma vi sono boschi e macchie foltissime, e sono popolate di daini, caprioli e cignali, fiere che amano il salvatico e fuggono il domestico (i luoghi colti). VENTURI.

10 brutte Arpie. Sono le Arpie uccelli favolosi con viso e collo di donzelle. I poeti le dissero figlie di Taumante e d'Elettra. Furono tre, chiamate Aelo, Ocipete e Celeno. Predicevano i destini. Si finsero rapacissime, e perciò i poeti, dal greco ape, che significa rapire, le chiamarono Arpie. Ecco come le descrive Virgilio:

Tristius haud illis monstrum, nec saevior ulla
Pestis et ira deum stygiis sese extulit undis.
Virginei volucrum vultus, foedissima ventris
Proluvies, uncaeque manus, et pallida semper
Ora fame [a].

-nidi, la Nidobeatina; e nido, l'altre edizioni. Il codice Vat. 3199 legge, Quivi lor nidio le brutt Arpie fan

no.4

[a] Aeneid. 111. 214. e segg.

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Che cacciar delle Strofade i Troiani,
Con tristo annunzio di futuro danno.
Ali hanno late, e colli, e visi umani,
Piè con artigli, e pennuto
gran ventre:
Fanno lamenti in su gli alberi strani.
E'l buon Maestro: prima che più entre,
Sappi che se' nel secondo girone,
Mi cominciò a dire, e sarai, mentre
Che tu verrai nell' orribil sabbione.
Però riguarda ben se vederai

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11 Che cacciar cc. Racconta Virgilio, nel citato luogo, che essendo nel suo viaggio Enea coi Troiani compagni approdato alle Strofade (isole del mare Ionio, oggi Strivali volgarmente appellate [a]), l'Arpie, che in quelle isole abitavano, a forza d'insulti, e massime col rapire ed imbrattare ai Troiani le vivande, li costrinsero presto presto a partirsene di là.

12 Con tristo annunzio ec., predicendo a' Troiani da una alta rupe un'Arpia:

Ibitis Italiam, portusque intrare licebit.

Sed non ante datam cingetis moenibus urbem,
Quam vos dira fames, nostraeque iniuria caedis
Ambesas subigat malis absumere mensas [b].

Predizione che forte li sbigottì, ma che poscia l'evento dimostrò enigmatica; e che per le mense intendevansi le stiacciate di pane, che una fiata mangiando sul prato fecero servire di mense, mettendole sull'erba, e soprapponendo alle medesime le frutta per cibo destinate [c].

13 Ale hanno late, colli e visi umani, legge l'Antald. E. R.+

15 » Fanno i lamenti, ha l'Ang. E. R.

18 19 mentre-Che per infinattantochè, in corrispondenza al latino donec [d]. -nell'orribil sabbione del girone terzo.

20 riguarda ben, considera e nota bene. -- riguarda ben se vederai, legge la Nidobeatina; riguarda bene, e si vedrai,

[a] Ferrar. Lexic. Geogr. [b] Aeneid, m. 254. e segg. [c] Aeneid, vi. 109. e seg. [d] Vedi il Cinon., Partic. 1. cap. 171.

Cose, che daran fede al mio sermone. Io sentia già d'ogni parte trar guai,

E non vedea persona che 'l facesse: Perch' io tutto smarrito m'arrestai. Io credo ch' ei credette ch' io credesse,

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leggono le altre edizioni. - Vederai, così la Nidobeatina anche altrove. Vedi il v. 17. del passato canto 111. e quella nota. » Però riguarda ben; sì vederai, legge il codice Vat. 3199. Il Biagioli, che legge colla Crusca, vuole che la lezione di Nidob. arrechi orribil guasto al sentimento ed ai versi. Confessa che nelle parole del testo, logicamente parlando, la costruzione è viziata, e conclude che, se fosse lecito ad altri por mano alle cose dei grandi, avrebbe sostituito al testo la seguente lezione:

Però riguarda bene, e si vedrai

Cose, che daran fede al mio sermone.

Per queste parole mio sermone, vuole poi che s'intenda ciò che Virgilio ha detto nel 1. della Eneide in quei versi che raccontano come il morto Polidoro parlò ad Enea.

21 Cose, che daran fede ec.; legge la Nidobeatina; ove le altre ediz. (e i codd. Ang. e Antald., E. R., e il Vat 3199) leggono, Cose, che torrien fede ec.: alla qual lezione bisognerebbe sottintendere se le dicessi, e supporre che non le dicesse mai. Avendo adunque Virgilio cotali mirabili stravaganze raccontate già nella sua Eneide [a], e supponendo esser Dante di cotal suo racconto notizioso ed incredulo, come pel verso 46. e segg. apparisce, resta che la Nidobeatina lezione sia la preferibile.

22 Io sentia già d'ogni parte trar guai, così la Nidobeatina; e l'altre edizioni, I'sentia d'ogni parte tragger guai. Trarre o traggere guai vale lamentarsi. Vedi il Vocabolario della Crusca sotto i verbi Tirare e Trarre, §. 117. trarre guai espulso il già, legge il codice Antaldino, É. R., -e cod. Vat. 3199. E a dir vero quel già della Nidobeatina rende il verso disarmonico e saltellante, come osserva anche il Biagioli.

25 Io credo ch'ei credette, ec. Il Venturi giudica questo

[a] Lib. 111. 23. e segg,

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