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Per sè Natura, e per la sua seguace
Dispregia, poichè in altro pon la spene.
Ma seguimi oramai, che 'l gir mi piace,
Che i Pesci guizzan su per l'orizzonta,
El Carro tutto sovra 'l Coro giace,
El balzo via là oltre si dismonta.

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due dette, della natura e dell'arte, poichè pon la spene (spene. per ispeme, speranza) in altro, cioè nel frutto del danaro che presta ad usura; dispregia natura doppiamente e per sè, cioè ed essa direttamente, non si prevalendo di lei, e indirettamente per la sua seguace, dispregiando l'arte, di lei seguace, di cui pure non si prevale.

113 Che i Pesci ec. Quando il Poeta entrò nell'Inferno era da sera, e però disse: Lo giorno se n'andava; poi descrisse la mezza notte, dicendo: Già ogni stella cade, che saliva; ora ci descrive l'aurora, dicendo che i Pesci guizzano (allude così alla natura loro) su per l'orizzonta (perorizzonte, antitesi in grazia della rima), perchè essendo il Sole nell'Ariete [a], i Pesci levavano innanzi del Sole. DANIELLO.

114 El Carro. Carro si chiama tra le costellazioni un gruppo di sette stelle disposte in forma di carro, quattro delle quali formano le ruote, e tre il timone, altrimenti detto Orsa maggiore. VOLPI.-tutto sovra'l Coro giace. Quando sorgono i Pesci, il Carro viene ad essere verso Coro, detto dai Latini Caurus (ed anche Corus), da'Greci Argeste, da'marinari Ponente maestro, vento che spira tra occidente e settentrione. DANIELLO. 115 El balzo, cioè l'alta ripa, detta nel primo verso di questo canto, via là oltre, assai in là, si dismonta, si discende: e ciò aggiunge a fine di sollecitare la partenza.

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Poche sono le bellezze poetiche da notarsi in questo canto; ma i veri conoscitori della lingua avranno da ammirarvi quello sforzo miracoloso d'aver descritto con sì belle maniere, con sì leggiadre forme, con tanta grazia, naturalezza e precisione, quello che malagevolissimo e forse impossibile sarebbe ad altri esprimere pur in prosa con parole sì chiare, si belle e sì proprie. BIAGIOLI.

[a] Vedi il passato canto 1., v. 38., e quella nota.

ARGOMENTO

Discendendo il Poeta con Virgilio nel settimo cerchio, dove sono puniti i violenti, per un luogo rovinoso ed aspro, trovò che v'era a guardia il Minotauro. Il quale da Virgilio placato, si calano per quella rovina, ed avvicinandosi al fondo, veggono una riviera di sangue, nella quale sono puniti i violenti contra il prossimo. I quali, volendo uscir del sangue più di quello che per giudicio non è lor conceduto, sono saettati da una schiera di Centauri che vanno lungo essa riviera. E tre di questi si oppongono dal pie della rovina ai Poeti; ma Virgilio ot tiene da uno di quelli di essere ambedue portati su la groppa oltra la riviera. E passandovi, Dante è informato della condizione di detta riviera, e delle anime che dentro vi sono punite.

Era lo loco, ove a scender la riva

I

Venimmo, alpestro, e, per quel ch'iv'er'anco,
Tal, ch'ogni vista ne sarebbe schiva.

Qual'è quella ruina, che nel fianco

2

Di

qua da Trento l'Adice percosse,

4

quel ch'iv'er' anco, cioè il Minotauro. Vedi v. 11. e segg. 3 ne sarebbe schiva, schiverebbe volentieri d'affissarvisi. 4 5 Qual'è quella ruina, ec. Ruina che percosse l'Adice nel fianco chiama Dante una caduta d'una gran parte di Monte Barco, posto tra Trevigi e Trento; la qual caduta fece disco

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stare il fiume Adice buono spazio da' piedi del monte, dove prima scorreva. VOLPI. Intendono altri [a] questa ruina in altra parte; ma ovunque sia, poco importa. Trovando noi per l'opposito interessante tutto ciò che riguarda il divino poema di Dante, stimiamo pregio del nostro lavoro il qui riferir brevemente quanto da noi si è potuto raccogliere ad illustrazione di un passo o trascurato, o troppo sin qui leggermente toccato da tutti i Comentatori. - Alla citata chiosa del Volpi si oppone il cav. Giuseppe Valeriano Vannetti [b], sostenendo che il dotto Comentatore abbia qui preso un enorme abbaglio, stantechè di Monte Barco non si ha indizio, nè memoria alcuna; e che probabilmente sia nato scambio di parola tra Barco e Marco. Devesi quindi, secondo lui, intendere « una caduta » di un grandissimo monte presso Marco, piccolo villaggio » sotto Lizzana, ad un'ora da Rovereto sulla via che alla si» nistra dell'Adige porta a Verona, e che dai paesani è detto » lo Slavino di Marco. » — Questa ruina avvenne con gran probabilità nell'anno 883, come ha scoperto negli Annali Fuldensi il ch. Iacopo Tartarotti [c], il quale sospetta che dai Chiosatori di Dante sia stato preso Monte Barco (che non si conosce) per Castel Barco, situato alla destra dell'Adige sopra Chiusole, al di là di Rovereto verso Trento. Girolamo Tartarotti, fratello del suddetto Iacopo, in un suo Comento ms. sopra l'Inferno, veduto dal Vannetti, pensa al contrario, che Dante abbia qui inteso di parlare d' un'altra ruina a due miglia e mezzo al di là di Rovereto, volgarmente detta il Cengio rosso, e dove ora è il Castello della Pietra, essendo questa ruina ripida ed altissima, e quindi più propria a rappresentarci l'immagine di Dante dell'altra di Marco più ampia sì, ma distesa e rovesciata al piano-Il Maffei [d] ha sospettato essere quella ruina un gran pezzo di scoglio rovesciato nell'Adige presso Rivoli (vicino alla Chiusa); pensamento che, al dir del Vannetti, è più per grazia di novità, che di verità. Pure, a conforto di tale opinione, valer forse potrebbe ciò che leggiamo nel pregevole Comento ms. del ce

[a] Vedi Serie di Aneddoti, num. II. Verona, 1786, cap. 2. [b] Vedine la sua Lettera a Gio. Pietro Moneta nel vol. 4. P. 11. del Dante, ediz. in 4.o del Zatta, 1757. [c] Vedi la sua Raccolta delle più antiche iscrizioni di Rovereto e della Valle Lagarina, fac. 74. 75., pubblicata nel 1754 da Girolamo Tartarotti nelle sue Memorie antiche di Rovereto. [d] Veron. illust. P. 1. c. 8. fac. 523.

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כן

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O per tremuoto, o per sostegno manco;

Che da cima del monte,

onde si mosse,

Al piano è sì la roccia discoscesa,

Ch' alcuna via darebbe a chi su fosse;

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lebre Torelli. Trovasi in esso a questo luogo postillato: « Ia» copo Pindemonte in una Cronaca ms. posseduta (vivente » Torelli) dal sig. Don Bartolommeo Campagnola, Arciprete » di s. Cecilia, che comincia dall'anno 1100 e termina all'an» no 1415, così scrive: Anno 1310, die Sabati, 20 Iunii, » ceciderunt Montes de la Clusa. » Trattandosi di un fatto accaduto non solo ai tempi di Dante, ma contemporaneo alla sua dimora presso gli Scaligeri, v'ha ragion di supporre ch'egli abbia voluto in persona visitare quella nuova ruina, e che, da essa colpito, a lei, piucchè ad ogn'altra, abbia inteso di alludere in questi versi. Tutto ciò che si è qui detto, sebbene non definisca la quistione, che rimarrà tuttavia forse indecisa, servirà nonpertanto a mettere qualche raggio di luce nel mezzo di tante tenebre.←

6 o per sostegno manco, manchevole.

7 si mosse, intendi la detta ruina.

8 roccia discoscesa, ripa dirotta. Della voce roccia vedi Inf. vII. 6.

9 Ch'alcuna via ec. Passo mal inteso da tutti gli Espositori. Il Cinonio alla voce alcuno [a] dicela stare talvolta in laogo di niuno. Egli ne arreca due esempi tratti dal Convito del medesimo nostro Poeta. Il primo è: Il desiderio è difet tiva cosa, che alcuno desidera quello che ha, ma quello che non ha [b]; il secondo è: Alcuno sensibile in tutto il mondo è più degno di farsi esempio di Dio, che il Sole [c]. Ma (soggiunge esso Cinonio) leggono altri testi, forse migliori : Nullo desidera quello che ha, Nullo sensibile ec.

Il presente passo pero decide, che non questi ultimi sicno i migliori testi, ma que'primi; imperocchè alcuna (che concordemente leggono tutti i mss. e le stampe) non può qui avere altro senso, che di niuna; troppo essendo evidente che

[a] Partic. 13. 6. [b] Tratt. 3. cap. 15. [c] Tratt. 3. c. 12. L'edizione veneta 1760 alle pag. 176 e 183 malamente siegue lè depravate lezioni di nullo invece d'alcuno.

Jol. I.

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Cotal di quel burrato era la scesa :

E 'n su la punta della rotta lacca

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lo scoscendimento di un monte non dà, ma toglie, a chi v'è sopra, la via di scendere.

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כל

la

Il francese aucun (saggiamente avverte, nell'atto che si degna di rivedere questa mia fatica, il dottissimo sig. Ennio Visconti) significa e qualcuno e nissuno. Vago adunque Dante d'ingrandire coll'aiuto d'altri dialetti la allora bambina italiana favella, ha voluto far propria della medesima anche cotale francese estensione di significato del pronome alcuno. » La voce alcuna ha qui evidentemente il significato di niuna, anche per parere del Poggiali e del ch. cav. Monti [a]. - Gli Editori però della E. F. sostengono che alcuna abbia qui a prendersi nel suo naturale significato, chiosando: «È tale la » materia di pietre infrante e di sassi caduta dall'alto, che qualche via o mezzo di scendere darebbe a chi fosse in su punta della lacca, onde la ruina si mosse; cioè una via » fatta dalla natura e non dall'arte, e che servire poteva di » via, ove via propriamente non era. E che così debba inten» dersi lo dimostra anche l'effetto, poichè Dante e Virgilio di» scesero. (Vedi infra v. 28. al 30.) » Questa chiosa, a parer nostro, indebolisce infinitamente l'immagine, e tradisce il vero concetto di Dante, il quale con questa mirabile similitudine volle al vivo raffigurarci l'orribile e paurosa rovina di quella discoscesa ripa infernale. Che poi non ostante Virgilio e Dante sieno per essa discesi, ciò non ripugua minimamente, dovendosi questo attribuire all'azione della Divinità sopra l'uomo, in cui consiste tutto il meraviglioso dell'Epopea. E che questa misteriosa discesa, ossia viaggio, fosse voluta da Dio, lo ha già detto Virgilio sino dal c. 1. v. 95. e seg.:

در

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Vuolsi così colà, dove si puote

Ciò che si vuole;

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e replicato nel c. v. alv. 23. e seg. colle identiche parole. – IĮ codice Stuard. legge Ch'alcuna via non v'è a chi su fosse.

BIAGIOLI. ←

10 burrato, rupe, luogo scosceso. Vedi il Vocab. della Cr. 1 su la punta della rotta lacca. Il Buti, che altrove spiega lacca per valle, luogo concavo e basso [b], qui spiega il vo

[4] Vedi la nostra nota al v. 42. c. m. di questa cantica [b] Vedi il Vocab. della Cr. alla voce Lacca.

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