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Or ci attristiam nella belletta negra.
Questo inno si gorgoglian nella strozza,
Chè dir nol posson con parola integra.

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che annoiato del ben fare, sono quindi passati a persuadersi che per costoro posti sott'acqua e portanti dentro accidioso fummo si avessero a intendere non i rei della più cupa rabbia, ma gli accidiosi. Il Daniello, recedendo il primo da cotale interpetrazione, vuole che accidioso fummo non altro significhi che lenta ira. Trovando noi però a que' tempi (testimonio Du Fresne [a]) detto latinamente accidiosus al senso di tristis, par meglio che accidioso fummo spieghisi per ispirito di tristezza e di rabbia. Il Poggiali sta qui col Daniello e spiega questo verso cosi: «< covando dentro di noi tor» bidi fumi di lento, ma fiero rancore, che proromper dovesse » un dì nelle più sensibili ingiurie ed offese contro altri . » ◄◄ 124 Or ci attristiam. -*Il cod. Cass. legge, Or ci tuffiam. E. R. belletta, lo stesso che poltiglia, fango: perocchè deposizione di acqua torbida e buia, quale ha già Dante detto essere questa.

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negra,

125 Questo inno gorgoglian nella strozza, legge la Nidobeatina, ove l'altre edizioni, Quest' inno si gorgoglian ec. Bene però la Nidobeatina toglie di mezzo la particella si, che di leggieri potrebbe riputarsi corrispondente alla che in principio del seguente verso, a formar sentimento di talmente che. LOMBARDI. Il Biagioli ritiene il si, dicendo: 1.o essere impossibile di pigliarlo nell' erroneo senso che accenna il Lombardi; 2.0 perchè si gorgoglian è modo più toscano che il semplice gorgoglian; 3.o perchè la lezione Nidob. non si conforma all'azione come la comune; 4.o perchè mancando il si, converrebbe supplirvi con una licenza ardita e affatto inutile. -Per tutte queste ragioni ci piacque di adottare la lezione comune. Inno, canto di lode; qui ironicamente per versi di Gorgogliare, lo stesso che barbugliare, pronunziare malamente; strozza, canna della gola. » Il cod. Stuard. legge, Quest' inno lor gorgoglia nella strozza, lezione che al Biagioli sembra preferibile alla comune. ←

lamento.

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126 Chè dir nol posson con parola integra; imperocchè, pel fango che ingozzano, nol possono intieramente pro

[a] Glossar. med. aevi. Art. Accidiosus.

Così girammo della lorda pozza
Grand'arco tra la ripa secca,

e'l mezzo,

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Con gli occhi volti a chi del fango ingozza: Venimmo appiè d'una torre al dassezzo.

nunziare. —integra, per intiera, dal latino in grazia della rima.

127 128 pozza, pozzanghera; propriamente (chiosa il Landino) significa piccola congregazion d'acqua (come le buche ripiene d'acqua piovana nelle rotte vie); ma qui la piglia per la gran palude di Stige, ed usa una figura molto trita appresso de' greci e latini poeti, chiamata tapinosis, quasi abbassamento, perchè pare che s' abbassi la cosa grande, descrivendola con dizione ch' importi cosa picciola. Grand' arco. Arco appellasi una porzione di cerchio; onde Grand' arco vuol dire gran porzione di quel quinto cerchio; tra la ripa secca, e 'l mezzo. Dee il Poeta avere aggiunto secca, cioè asciutta, alla ripa, per cui dal quarto erano nel quinto cerchio discesi, a fine di meglio fare intendere che mezzo non significa qui medietà, ma l'opposto di secco, cioè il molle, il molle della palude [a]; e come se detto invece avesse, tra la ripa e la palude.

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129 a chi del fango ingozza, a chi del fango inghiottisce, come conveniva che facessero que' sciaurati, perocchè nel fango del tutto immersi.

130 Venimmo appiè ec. Significando al dassezzo il medesimo che finalmente, ultimamente [b], dee essere la costruzione: Venimmo al dassezzo appiè d'una torre.

[a] Vedi nel Vocab. della Cr. come dee cotal voce pronunziarsi. [b] Vedi lo stesso Vocabolario,

CANTO VIII.

ARGOMENTO

Trovandosi ancora Dante nel quinto cerchio, come fu giunto al piè della torre, per certo segno di due fiamme levato da Flegiàs, tragettatore di quel luogo, in una barchetta, e giù per la palude navigando, incontra Filippo Argenti; di cui veduto lo strazio, i due Poeti seguitano oltre insino a tanto che pervengono alla città di Dite, nella quale entrar volendo, da alcuni demonj è loro serrata la porta.

Io dico seguitando, ch' assai prima,

Che noi fussimo al piè dell'alta torre,
Gli occhi nostri n'andar suso alla cima

1 Io dico seguitando, ec. Ad alcuni, che da questo modo d'incominciare pretendono di trarre conferma per l'opinione loro, che scritti avesse Dante i sette canti precedenti anteriormente al suo esilio, e che ricominciasse di qui dopo l'esilio lo intralasciato lavoro, risponde, a mio giudizio, ottimamente il Marchese Scipione Maffei, che per la medesima ragione potreb besi dire che anche l'Ariosto interrompesse, e poi in altro paese il suo poema riassumesse, perchè dice nel principio del canto xvI.: Dico la bella istoria ripigliando; e nel principio del XXII.: Ma tornando al lavor, che vario ordisco [a]. 2 Che noi fussimo, la Nidob.; Che no'fussimo, l'altr' ediz. 3 n'andar, si diressero.

[a] Osserv. Lett. tom. 2. fac. 249.

Per due fiammette, che i vedemmo porre,
E un'altra da lungi render cenno,
Tanto, ch'appena 'l potea l'occhio torre.
Ed io rivolto al mar di tutto'l senno,

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Dissi: questo che dice? e che risponde Quell'altro fuoco? e chi son que', che 'l fenno? Ed egli a me: su per le sucide onde

Già puoi scorgere quello, che s'aspetta,

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4 Per due fiammette. Scrivendo lo Scoliaste di Tucidide nel lib. 3., che cotai cenni di fuoco facessersi in tempo e di guerra, e di pace, col solo divario, che in tempo di guerra si facessero doppj di quelli che in tempo di pace si facevano, pensa il Mazzoni [a] che perciò finga Dante fatto cenno con doppia fiamma a dinotare che l'anime non erano pacificamente ricevute nella città di Dite. Potrebbe però anche pensarsi che intendesse Dante essere sistema di accendersi su la torre tante fiamme, quant'erano le anime che venivano. che i vedemmo porre, legge la Nidob., e significando la i istessamente che ivi [b], è cotal lezione preferibile alla che vedemmo porre dell'altre edizioni. Spiacendo all'occhio ed allo orecchio quell'aggiunta della i, è meglio sottintendere in su la cima, e seguir la comune. BIAGIOLI.

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56 un'altra, torre al di là della palude; - da lungi render cenno,-Tanto, che ec., sinchisi, e dee essere la costruzione: render cenno tanto da lungi, che ec. - l'occhio torre. Torre, per iscorgere, spiega il Buti, citato nel Vocab. della Cr. a questo passo; ma meglio si capisce per comprendere, dal prendere, che in sè racchiude, sinonimo di torre o togliere. Tor via, per comprendere, discernere, dicesi volgarmente in Lombardia.

7 mar di tutto'l senno, Virgilio: perifrasi di quel Savio gentil, che tutto seppe, del precedente canto, v. 3. » Et io mi volsi, legge il Vat. 3199. +

10 sucide, sporche, fangose.

11 Già puoi scorgere, legge la Nidob.; Già scorger puoi,

[al Dif. di Dante, lib. 1. cap. 27. [b] Vocabolario della Crusca sotto la lettera I, §. 8.

Se 'l fummo del pantan nol ti nasconde. Corda non pinse mai da sè saetta,

Che sì corresse via per l'aere snella,

Com'i' vidi una nave piccioletta Venir per l'acqua verso noi in quella,

Sotto 'l governo d'un sol galeoto,

Che gridava: or se' giunta, anima fella? Flegiàs, Flegiàs, tu gridi a voto,

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tutte l'altre edizioni; ma, o con mancanza di un piede al verso, o costringendoci, con non mai praticato esempio, a pronunziar qui puoi di due sillabe. » quello, che s'aspetta, da chi fece il primo segno, cioè la barca. BIAGIOLI. ←

12 fummo del pantan, la nebbia (ch'espressamente dirà nel canto seg. v. 6.), perocchè formata da esalazioni sfumanti da esso pantano.

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13 Corda, intendi d'arco; non pinse mai da sè, non spinse, non cacciò mai lontano da sè.

16 in quella, vale in quel mentre. Vedi il Vocabolario della Crusca.

17 Sotto 'l governo ec., mossa e guidata da un sol remigante; galeoto con un t solo, sincope in grazia della rima. 18 anima fella: disse d'una, e non di due, o perchè solo una ve n'era spogliata di corpo, o veramente pose il singolare pel plurale, o veramente volle il Poeta esprimere il vizio dell'iracondo, il quale s'accende tanto, che spesso nè vede, nè ode abbastanza. LANDINO.

19 20 Flegias. Fingono le favole che, per aver Flegias abbruciato il tempio d'Apolline, adirato per la figliuola, che era da esso Dio stata violata, fu dal medesimo Apollo per vendetta dannato all' Inferno. Di costui Virgilio nel sesto dell'Eneide: Phlegyasque miserrimus omnes

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Admonet, et magna testatur voce per umbras:

Discite justitiam moniti, et non temnere Divos [a]. Ed è questo Flegias posto in questo luogo dal Poeta sopra gli iracondi, per esser egli stato iracondissimo. DANIELLO. Questa

[a] Verso 618. e segg.

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