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CANTO I.

ARGOMENTO

Mostra il Poeta che, essendo smarrito in una oscurissima selva, ed impedito da alcune fiere di salire ad un colle, fu sopraggiunto da Virgilio, il quale gli promette di fargli vedere le pene dell'Inferno, dipoi il Purgatorio, e che in ultimo sarebbe da Beatrice condotto nel Paradiso. Ed egli seguitò Virgilio.

Nel

el mezzo del cammin di nostra vita

1 Nel mezzo ec. Stabilendo Dante nel suo Convito che il mezzo della vita degli uomini perfettamente naturati sia nel trentacinquesimo anno [a], di tale età dee qui intendersi, mentre dice: Nel mezzo del cammin di nostra vita: ed una tale mezza età dee egli avere scelta per questo viaggio (che in realtà non è che un viaggio della mente, o sia meditazione) allusivamente alle parole del santo re Ezechia: Ego dixi in dimidio dierum meorum vadam ad portas Inferi[b]; che, giusta l'interpretazione di san Bernardo [c], indicano l'aiuto della divina grazia, per cui l'uomo dimezza i giorni suoi, e dopo data una parte al male: Inferni metu incipit de bonis quaerere consolationem. Facendoci poi Dante in più luoghi di questo suo poema [d] capire che l'anno di cotale suo viag

[a] Tratt. 4. cap. 23. [b] Isai. 38. v. 10 [c] Serm. de Cantico Ezechiae. [d] Vedi tra gli altri Inf. xx1. 112. e Purg. 11. 98.

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Mi ritrovai per una selva oscura,

Chè la diritta via era smarrita.

Ahi quanto a dir qual' era è cosa dura

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gio fosse il 1300, viene perciò con questo primo verso a confermare d'esser egli nato nel 1265, come appunto scrivono il Boccaccio, Lionardo Aretino ed altri, contrariamente al Landino [a], Daniello e Dolce, che lo dicono nato nel 1260.

2 selva oscura appella metaforicamente la folla delle passioni e dei vizj umani. per una selva non in una selva, a dinotare che vi andava errando. TORElli.←

3 Chè dee qui valere talmentechè, come iu que’versi del

Petrarca:

Di tai quattro faville, e non già sole,

Nasce 'l gran foco, di ch'io vivo ed ardo:"

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Chè son fatto un augel notturno al Sole [b]. Vedine altri esempj presso il Cinonio [c]. Qui, dice il Biagioli, v'ha difetto della preposizione in, e spiega col Volpi in che o in cui, negando al che di questo verso il significato di talmentechè e di perchè. - Lo Scolari è con lui rapporto al perchè, ma difende l'interpretazione del Lombardi, non trovandovi controsenso, come vuol supporre il Biagioli, il quale chiosando poi ai piedi della quale la diritta via va a finire, mostra di non essersi attenuto egli stesso alla spiegazione proposta in che o in cui. ←

4 Ahi quanto legge la Nidobeatina, meglio assai di E quanto che leggono le altre edizioni →→→ (e il cod. Vatic. 3199):** la qual cosa fa di languidezza cascare il poema su la bella prima mossa, e che sopporterebbesi appena qualora avesse Dante premessa una divisione di punti da trattare, il primo od uno dei quali fosse il dir qual era ec. Ahi quanto usa il Poeta nelle esclamazioni sovente: Ahi quanto mi parea pien di disdegno! [d]; Ahi quanto cauti gli uomini esser denno! [e]; Ahi quanto egli era nell' aspetto fiero! [f] ec. Ah o Ahi invece di E vuole che qui si legga anche Benvenuto da Imola nell'inedito suo latino comento sopra questo poema: testimonj il Gelli nella Lettura sopra lo Inferno di Dante [g] ed il

[a] Nelle edizioni anteriori alla correz, del Sansovino. [b] Son. 132. [c] Partic. 44. n. 23. 24. [d] Inf. ix. 88. [e] Inf. xvi. 1 18. [f] luf. xxt. 31. [g] Lez. 4.

Questa selva selvaggia ed aspra e forte, Che nel pensier rinnova la paura! Tanto è amara, che poco è più morte,

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Venturi a questo verso. dura vale qui quanto disgustosa o amara, come tre versi sotto dirà essere l'impresa medesima di descrivere quella selva. →→ Eh quanto ec. legge il Dionisi sulla fede di parecchi codici fiorentini. E. R. dura usasi come sinonimo di difficile e penosa. BIAGIOLI.8

5 selva selvaggia è detto non altrimenti che disse Virg. nel 2. dell'Eneide, cavae cavernae: - Insonuere cavae, gemitumque dedere cavernae. DANIELLO. Anzi più propriamente; imperocchè tutte le caverne sono cave, e non tutte le selve sono selvagge, essendovene delle artefatte pel diporto. - aspra e forte: forte aggiunge non poco all'aspra ; e quindi è che pel forte del bosco intendiamo il più folto ed intralciato di quello: siccome l'aspra, che vale inviluppata assai da tronchi e pruni, al selvaggia, che vuol precisamente significare abbandonata, senza alcuna coltura. VENTURI. forie può valere dura a superarsi, come: forti barriere, forti trincee. Così l'E. R.

7 Tanto è amara ec. Il Landino, Vellutello e Daniello intendono congiungersi l'epiteto di amara alla medesima selva. Oltre però che la sia già abbastanza stata caricata di epiteti, di selvaggia ed aspra e forte ec., e che male con essi epiteti confacciasi amara, richiederebbe poi anche la sintassi, che come già della selva parlando poc' anzi disse: Ahi quanto a dir qual era, così dicesse qui: Tanto era, e non Tanto è amara. Dunque amara intende qui non la selva, ma l'impresa di favellar della selva, quella medesima cui già disse: cosa dura; e può ragionevolmente riputarsi che cotal epiteto di amara alla briga di favellar della selva, o sia de'passati vizj, attribuisselo Dante ad imitazione di quel parlare del prefato re Ezechia: Recogitabo tibi omnes annos meos in amaritudine animae meae [a], o di quell'altro del profeta Gercmia: Scito, et vide quia malum et amarum est reliquisse te Dominum Deum tuum [b]. » amara. Riferisci ciò alla selva, non al parlare di essa, che sarebbe cattiva comparazione il parlar della selva colla morte; e detto avrebbe in tal caso amaro e non amara. E. F. L'epiteto di amara si riferisce

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[a] Isai. 38. v. 15. [b] Cap. 2. v. 19.

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