Page images
PDF
EPUB

125

Ciriatto sannuto, e Graffiacane,
E Farfarello, e Rubicante pazzo.
Cercate intorno le bollenti pane;
Costor sien salvi insino all' altro scheggio,
Che tutto intero va sovra le tane.

Omè! Maestro, che è quel ch' io veggio?
Diss' io deh! senza scorta andiamci soli,

:

41

42

mo e in certe Vite del Cavalca e in molte leggende medioevali. Draghignazzo (cf. Inf., XXII, 73); da drago, quasi velenoso e mortifero come un drago. Ciriatto sannuto; Ciro (chiros), non solo in greco, ma anche in lingua rusticana, come avverte il Landino, significa porco; per questo il Poeta dice (Inf., XXII, 55-56) :

Ciriatto, a cui di bocca uscia

D' ogni parte una sanna, come a porco.

[ocr errors]

Graffiacane: cani son detti da Dante i dannati in genere (cf. Inf., VIII, 42), anche per comparazione (cf. Inf., VI, 19); vedremo in appresso come costui saprà graffiare i miseri di questa bolgia (cf. Inf., XXII, 34-35).-Farfarello (cf. Inf., XXII, 94); il Tommaseo : «Forse affine al francese forfaire, o al tedesco vorfallen, quasi furfante (Ducange: Forfallius).» Però il Landino crede significhi infrascatore e cianciatore. Rubicante (cf. Inf., XXII, 40) dal lat. ruber, rosso, quasi rossicante. Il Tommaseo : « I Greci hanno per proverbio che il Diavolo cercando in che entrare, entrò nei capelli rossi.> E notabile che il proverbio greco trovi riscontro in senso ancor più forte in un proverbio Veneto, che suona: rosso dal mal pègio, un diavolo per cavegio (che si traduce così: un uomo rosso di sinistra guardatura, ha un diavolo per ogni capello). — Pazzo, bestiale, furibondo. A proposito di questi nomi così strani, scrive il Tommaseo : « Più strani nomi adopra nell' Adamo l' Andreini : : Arfarat, Ruspicano, Ondoso, Lurcone.» Ma forse più strani ancora il Ceva nel suo mirabile Puer Jesus: Enfio, Babel, Alfito, Dagone, Ornico, Accone. Comunque sia, la paura, se anco sbalordisce, fa l' uomo attento; Dante ne disse, che giunto a Virgilio, benchè si credesse in sicuro, tuttavia non torceva occhio dalla sembianza poco promettente di que' diavoli (vv. 9899); è chiaro adunque come stesse attento all' appello di Malacoda, e si fissasse ben bene in mente i nomi di tutti i dieci trascelti (cf. Inf., XXII, 37-39).

124-126. Cercate, girate, visitate; intorno, perchè le bolge erano di forma sferica. Bollenti, perchè la pece bolliva (cf. v. 17). - Pane, panie (cioè la pece, che è vischiosa), come martiro per martirio (Inf., XII, 61), sorco per sorcio (Inf., XXII, 56), matera per materia (Purg., XVIII, 3), ingiura per ingiuria (Par., VII, 43), e simili altri (cf. Inf., IV, 127). Costor sien salvi; non toccate costoro, proteggeteli sino all' altro ponte; ironica e finta ingiunzione, dacchè nessun ponte c'era sulla sesta bolgia. Infino all' altro scheggio ecc.; cf. v. 111. Tutto intero, integro, sano, senza dicrollamenti di sorta (cf. Inf., XXIII, 134-135). — Va, varca, passa. Tane, bolge. Non ci essendo cotesto ponte i demoni erano già sdebitati di condur salvi i Poeti; «e così quel ribaldo, esclama il buon Cesari, volle aver licenziati i suoi cagnotti a far di loro a lor senno; ma vedremo a che la cosa riuscì. >

127-129. Gli è vero che la paura, com' ogni passione, è di spesso mala consigliera; ma qui Dante dava proprio nel segno. O me! s'era accorto che gatta ci covava; vedeva negli occhi de' diavoli, nel loro sembiante, ne' loro atti qualcosa di sinistro; e per questo si sentirebbe più tranquillo senza quella scorta forzata. Il Landino: «È natura del tentator demonio, sempre

XXII,

[blocks in formation]

nel fine, di spaventare la sensualità, come per l' opposito, l' Angelo sempre nel fine conforta. » Cf. Inf., III, 88 e segg.; V, 16 e segg.; VII, I e segg., e molti altri luoghi. Se tu sa' ir, come mi dicesti (cf. IX, 30); ma benchè Virgilio sia stato altra volta a tal baratta (v. 63), quella volta il ponte non era per anco caduto; onde doveva prendere chi il guidasse per istrada

nuova.

130-132. Accorto come suoli, avveduto, previdente come in ogni caso grave. Digrignan li denti, atto de' cani, che mostra e rabbia e cupidigia. Il Tommaseo : « Jer., Thr., II, 16: Fischiarono e digrignarono i denti e dissero: Divoreremo. Invece del fischio qui sentirete altro.>> Colle ciglia ecc., ammiccandosi. - Duoli, dolori, guai.

133-135. Impossibile che Virgilio non si fosse accorto di quanto que' manigoldi andavano mulinando, e che nel suo dentro non desse ragione al sospetto di Dante; ma, tanto e tanto, non si poteva sfuggire quella baratta; onde facendo di necessità virtù, per non iscoraggiar Dante, gli afferma che ciò facevano pel piacere che presentivano di poter isfogare il loro mal animo su qualcuno de' dannati in quella bolgia. - Non vo' (cf. Inf., XXV, 6; XXXII, 109; Purg., IX, 106; XIX, 139).—A lor senno, a lor talento (cf. Purg., XIX, 88; XXVII, 141; Par., XV, 73). Lessi dolenti; anche su ciò s' è scritto molto, fors' anche troppo; chi lessi, chi volendo lesi; ma oltrechè lessi è lez. de' migliori Codici, e che lesi esprime un' idea troppo generica ed incerta (e così lassi, e peggio fessi, come altri vorrebbe, secondo nota il Cesari), non ha detto il Poeta che i barattieri sono attuffati nella pece bollente, e che è mestieri che ballino sotto a quella? E se i due diavoli, che lottando tra loro, cadranno poscia nella pece, li dirà cotti per quel pochino di tempo che stettero dentro dalla pegola (Inf., XXII, 150), non saran lessi i dannati in quella racchiusi? parmi che in tal modo costoro debbano esser lessi, non altrimenti che que' della riviera del sangue eran bolliti (Inf., XII, 112); e il cotto aspetto di Brunetto (Inf., XV, 26) serve di rincalzo; da questo in fuori, che i violenti contro Dio e la Natura e l'Arte, anzichè bolliti e lessi, rimanevano arrostiti.

136-139. Per l'argine sinistro, per il lato dell' argine, che, scendendo dal ponte colla faccia rivolta al centro di Malebolge, era alla lor sinistra. Non potè essere che un semplice lapsus calami quello del Tommaseo, quando a quest' argine chiosò, tra la sesta bolgia e la settima; mentre per vero siamo tra la quinta e la sesta. Volta diènno, si voltarono, ripiegarono, come nel Purg., XXIV, 140. Dar volta usa il Poeta anche per tornare indietro, rifare la via (Purg., V, 41; VIII, 107); e del mutar lato di persona nel letto (Purg., VI, 151); e degli argini d' un fiume che ripiegano, si fanno obbliqui (Purg., XXIX, II). Ma prima; essendosi messi in linea e come in parata alla chiamata di Malacoda, prima di mettersi in cammino, mentre aspettavano il cenno della partenza, ciascuno aveva stretta la lingua tra' denti; atto beffardo verso i Poeti, che ormai credevano vittime del tranello teso da Mala

coda. riccia.

Co' denti verso lor duca per cenno;

Ed egli avea del cul farto trombetta.

46

Lor duca; non già Malacoda, come nota il Cesari, sibbene BarbaPer cenno, mostrando d' aver capito bene il gergo di Malacoda. Benvenuto opina che costoro tenebant linguam dispositam et paratam ad trulizandum, benissimo; e quest' atto s' usa tuttavia in consimili burle od inganni dalla gente plebea; attendendo il suon della trombetta di Barbariccia, si disponevano a tenergli bordone con un suono imitativo della bocca; modo villano, e ben da tale canaglia, esclama il Cesari; e non c'è da ridire. Ed egli, Barbariccia. Avea del cul ecc.; se Dante dice

-

tosto (Inf., XXII, 14-15) :

[ocr errors]

nella chiesa

Co' Santi, ed in taverna co' ghiottoni,

è chiaro che tra quella genia non s' ha da pretendere che sieno in fiore il galateo e i modi di persone bene accostumate. Nè si scordi che se il Poema tutto è Commedia, i due Canti de' barattieri son commedia più che mai. Pietro qui difende il padre, esponendone l' intenzione: «Dicendo in fine quod fecerunt illi dæmones (pare ch' egli intenda che non solo Barbariccia, ma tutti sonassero quella certa trombetta, e così intende anche l' Ottimo), ut de ano etc., ut ostendat turpes mores et actus horum talium. Et excusatur talia dicere ut poeta, cuius est inducere aliquid virtuosum per aliquam indecentem repræsentationem, ut ait Thomas in primo Posteriorum. Ma io credo ancor più; Dante per mostrare quanto orribile sia stato il peccato degli Angeli, da tanta altezza luminosa di gloria e di armonie li dipinge caduti in sì abbietto abbrutimento; e questo a me pare concetto non indegno della sua mente.

Nota le terzine 4 alla 10; 12; 14 alla 19; 23, 24, 32, 33, 34, 36, 38, 39, 40, 44, 46.

CANTO XXII.

Io vidi già cavalier muover campo,
E cominciare stormo, e far lor mostra,
E talvolta partir per loro scampo:

Corridor vidi per la terra vostra,

I

Sapiente l'osservazione del Tomasseo: «Dante da' suoi nemici, con quella stoltezza che è la pena dell' odio, accusato di baratteria, egli che nota (Par., XVI),

il villan da Signa,

[ocr errors]

Che già per barattare ha l'occhio aguzzo;

egli che nomina i barattieri accanto ai mezzani mercenari d'amore (Inf., XI, 60); egli che dal suo titolo di poeta, il quale porta tanti malanni seco, doveva almeno essere lavato di questa pecca (Horat., Ep., II, I :

Vatis avarus

Non temere est animus; versus amat, hoc studet unum;
Detrimenta, fugas servorum, incendia ridet;

Non fraudem socio puerove incogitat ullam

Pupillo);

Dante si vendica dell' accusa volgendo in deriso i calunniatori, con una di quelle ironie delle quali egli è potente, per più di due Canti continuata. (Horat., Sat., I, 10) :

Ridiculum acri

Fortius et melius magnas plerumque sicut res. E veramente la sua è spada che taglia. »

1-12. Tutto questo ha per fine di mostrare la singolarità del segnale, che regolava la marcia dei dieci diavoli. Vidi già cavalier ecc.; tra le varie maniere di armeggiamenti, nota quattro azioni particolari d' un esercito, la marcia, il combattimento, la rassegna, la ritirata. — Muover campo, lasciare gli accampamenti, mettersi in marcia; castra movere (Cic., III, Fam., 6, 6), e spesso in Cesare e in Nepote. Stormo; lo derivano dal tedesco sturm, tempesta, e figuratamente, attacco, assalto. Il Borghini : « Vuol dire, come lo pigliano il più delle volte i nostri scrittori, l'affrontamento e quello andare a investire il nemico, come il traduttore di Livio : «abbiendo le legioni rincominciato il grido e rinforzato lo stormo. Nel Villani ancora si troverà più d' una volta. Di qui è stormire, far gran romore e fracasso; nel XIII : Ch' ode le bestie e le frasche stormire ecc.)

Il Buti spiega battaglia; assalto il Lana; e in tal senso si deve prendere. Mostra; mettere i soldati in ischiera per farne la rassegna. Partir, ritirarsi. Per loro scampo, per mettersi in salvo; levarsi di campo, chiosa l' Ottimo, saviamente per tema del nemico, ch'è per avventura troppo forte. Corridor; Benvenuto : Homines currentes in furore populari per Aretium terram. E uomini che fuggono correndo intende lo Scartazzini rifiutando la comune interpretazione di squadre volanti a cavallo per far scorrerie, perchè il Poeta di ciò fa cenno nel verso sequente. L' Andreoli è d' avviso che qui s' intenda per corridori di palio, i quali anche Matteo Villani (III, 85) chiama semplicemente corridori; però non pare (cf. v. 6). L' Ottimo intende reciso di scorrerie. E il Gelli chiosa (e chi vorrà rifiutare la sua autorità?) : « Corridori, o scorridori (chè l' una e l'altra voce si truova ne' nostri antichi)

[blocks in formation]
[blocks in formation]

Quando con trombe e quando con campane,
Con tamburi e con cenni di castella,

[blocks in formation]
[merged small][merged small][ocr errors]

erano chiamati da loro certi, i quali andavano innanzi a la massa del campo, per scoprire paese, e per vedere se il cammino era sicuro, e parte ancor per saccheggiare e predare. >> O Aretini; nomina qui gli Aretini, avverte il Bianchi, perchè a que' tempi per le molestie de' lor nemici stavano molto sull' armi; e in tempo di pace si dilettavano assai di giuochi e di spettacoli cavallereschi. Il Postillatore del Cod. Caetani scrive: Tangit de Aretio, quia antiquitus illa civitas, quando erat in flore, dabat se multis spectaculis ac ludis, et etiam fuerant multæ partialitates et seditiones in illa, et Dantes reperit se in tempore juventutis. Vidi; parrebbe che il Poeta qui accenni agli incidenti che precedettero e seguirono alla battaglia di Campaldino, alla quale si trovò presente, se crediamo ai più de' suoi biografi.— Gualdane; il Buti Cavalcate le quali si fanno alcuna volta in sul terreno de' nemici a rubare et ardere e pigliar prigioni. » — Torneamenti, torneare, fare tornei; ma s' ha qui da intendere per azione militare, o per giuoco e pubblico spettacolo? Torneamento, in origine, era quando due squadre di cavalieri s'affrontavano e pugnavano fino alla morte o alla resa; giostra, quando s' affrontavano due cavalieri affine di atterrarsi o di scavalcarsi. Il Landino intende di pubblici giuochi: «Le precedenti son tutte cose belliche, e fannosi al tempo di guerra tra l' un nimico e l' altro; ma torneamenti e giostre sono esercizi militari, fatti per feste e giuochi, e per dar diletto a' popoli. Torneamento è quando le squadre vanno l' una contro dell' altra, e rappresentano una specie di battaglia; giostra è quando l'uno va contro all' altro a corpo a corpo, e rappresenta la battaglia singolare. » L' Ottimo osserva, che ciascuno di questi atti di fatti d'arme vuole diverso suono l'uno dall' altro; de' quali se volessi sapere, prendi Vegezio de re militari. > Quando con trombe ecc. Accenna, nota il Casini, ai varii modi di dar segno di movimento alla milizia usati al suo tempo le trombe e i tamburi, le campane del Carroccio o delle torri, i segnali fatti dalle fortezze colle bandiere o col fumo di giorno e con le fiamme di notte (cf. Inf., VIII, 4), é infine altri strumenti d'uso tra gli Italiani o importati dalle milizie straniere. I Fiorentini avevano perciò una loro campana, che chiamavasi la Martinella, e questa quando l'oste de Fiorentini andava, ponevasi in uno castello di legname in su uno carro, e al suono di quella si guidava l'oste (G. Villani, Cron., v1, 75). Cose nostrali ecc., cose usate dagli Italiani; strane, di origine forestiera; nel Conv., 1, 11, lingua strana chiama il linguaggio d' altri popoli fuori d'Italia. Diversa, strana, bizzarra (cf. Inf., VI, 13), come quella di Barbariccia (cf. Inf., XXI, 139). — Cennamella (il Bargigi legge cialamella; il Cod. Bartolin., cannamella; altri Codici, ciaramella e ceramella). Il Buti : «È uno strumento artificiale musico che si suona con la bocca. » La diversità di lezione, avverte il Blanc, mentre tutti gli espositori s' accordano nel significato dato dal Buti, è prova che la voce usata da Dante aveva fino dai tempi più antichi delle forme diverse. Le forme cialamella dal lat. calamus, e cannamella da canna, secondo il dotto alemanno, sembrano da preferirsi alle altre prive affatto di etimologia. In Sicilia la cornamusa dicesi ciaramedda. Pare, ad ogni modo, che Dante usi tal voce per strumento da fiato, in genere. Il Casini (Inf., XXVII, 73), dalla Cron. Pisana, riportata dal Muratori, reca un tratto, dove è detto che quando Guido da Montefeltro usciva

« PreviousContinue »