E porge refrigerio ai pensier miei Vederle colla madre desiose Di sollevarla, ora leggendo a lei, Or destando da corde armonïose Suono che all' alma fa sì dolce incanto Che disperde le idee triste e noiose; Molto più se alle corde aggiunge il canto Elisa che qual angel tutelare Stassi alla madre quasi sempre accanto. De' miei due figli al maggior nato pare, Sobrio ed onesto essendo, che dai vizi Della città lontan, potrà campare Ed accudire ai rustici esercizi, Chè una casa possiede e tanta terra Quanta saria bastata a due Fabrizi. L'altro imparò le leggi d' Inghilterra, E se i titoli sono o no legali Studiato ha sì che nel suo dir non erra. Di lui si può fidare ogni cliente, Non sarà l'alma mia disconfortata In Dio la mia speranza ho collocata : Nelle sue mani l' alma mia commendo, E spero che per lui sarà salvata. Or quel ch'è bene e quel ch'è mal comprendo Le propizie; e le triste ognun vorria Ambascia fu per me la più funesta E Che accaduta mi sia dacchè son nato, E ch'afflizione ancor nel cor mi desta, nacque dalla perdita d'amato E dotto figlio per voler del cielo Nel più bel fior degli anni a me furato. Scorsi son quattro lustri dacchè al telo Pure ora sol l'afflizion mia disvelo. Ritien nel tronco impresso arsiccio segno Che cancellare il tempo non ha possa Prima che in polver sia ridotto il legno, Così in me tal memoria non fia mai Estinta mentre in vita io mi sostegno. Pinger non tento nè pria d'or tentai Qual fu lo stato del mio cor: colori Atti a pinger l'ambascia io non trovai. Le espressioni sono inferïori D'ogni lingua a tal duol, per me non tanto Ma pur pei sommi vati ed oratori. Scrivendo a voi, Signor, ch' avete pianto Due care figlie estinte nei verdi anni, Ho preso Della mia vita intorno agli autori, R Di poveri nè ricchi genitori Vicino all' Arno a Bientina son nato Tra ricchi oziosi, e industri pescatori. Fu medico, poeta e letterato Il padre mio: poemi due compose Che tra' suoi scartafacci egli ha lasciato. Non parlerò delle opre sue pietose, Non del vitto e dei farmaci largiti Ad inferme persone e bisognose. Qui dovrebber miei scritti esser finiti, Ma prima ringraziar con tutto il core Vi debbo degli onori a me impartiti. Qual da informe crisalide esce fuore Vaga farfalla e spande nobilmente Le ali di rosso, azzurro e brun colore Dipinte ed uniformi variamente, Così cangiati i miei quaderni io veggio E far pompa di se splendidamente. Tenuto a voi, Signor, dunque esser deggio; Ed alle numerose mie terzine Ove or ciarlo, or mi lagno, or satireggio, Convien per discrezion ch' io ponga fine. Scritto ha di Maggio in Londra il Polidori Tal vostro servo che da Tile a Battro Non credo sien più fidi servitori : L'anno mille ottocen quarantaquattro. 243 NOTE ALL' EPISTOLA. Pag. 236. ver. 5. Un mio fratel, &c.-Luigi Eustachio Polidori Dottore di Filosofia e di Medicina, nato a Bientina nel 1761 e morto a Firenze nel 1830. Fu seppellito nel sepolcreto di Santa Croce col seguente Epitaffio che dettò nell'ultima sua malattia. ΑΧΩ ALOYSIO EUSTACHIO POLYDORI PHILOSOPHIE ET MEDICINE DOCTORI IN MAJORI NOSOCOMIO FLORENTIÆ CLINICES PRÆCEPTORI ECLECTICO ET COLLEGII MEDICORUM FLORENTINI SODALI MOX IN PISANO ATHENEO PHISIOLOGIÆ CORPORIS HUMANI ET MEDICINE LEGALIS P. PROFESSORI PALANTIS ARTIS NON SCIENTIÆ INCURIOSO PHILIPPUS PATRI AMANTISSIMO M. P. OBIIT IV KAL. JUN. MDCCCXXX. Abbiamo di lui : Opuscoli spettanti alla Fisica animale ed alla pratica medica. 8vo. Livorno, 1789. Memoria sopra un Tifo contagioso da lui curato, per ordine del Governo Toscano. 8vo. Pisa, 1798. |