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E porge refrigerio ai pensier miei

Vederle colla madre desiose

Di sollevarla, ora leggendo a lei, Or destando da corde armonïose

Suono che all' alma fa sì dolce incanto Che disperde le idee triste e noiose; Molto più se alle corde aggiunge il canto Elisa che qual angel tutelare

Stassi alla madre quasi sempre accanto. De' miei due figli al maggior nato pare, Sobrio ed onesto essendo, che dai vizi Della città lontan, potrà campare Ed accudire ai rustici esercizi,

Chè una casa possiede e tanta terra Quanta saria bastata a due Fabrizi. L'altro imparò le leggi d' Inghilterra, E se i titoli sono o no legali

Studiato ha sì che nel suo dir non erra.
Registrato è il suo nome tra i curiali,
E processi condur può legalmente
Della Giustizia innanzi ai tribunali.

Di lui si può fidare ogni cliente,
Ch'oltre all' aver le leggi in su le dita,
E' onesto, liberale e diligente.
Onde alla mia vicina dipartita

Non sarà l'alma mia disconfortata
De' figli miei per la futura vita.

In Dio la mia speranza ho collocata :

Nelle sue mani l' alma mia commendo,

E

spero che per lui sarà salvata.

Or quel ch'è bene e quel ch'è mal comprendo
Poichè cieca passion non mi strascina
E dei commessi errori mi riprendo.
E mentre che la notte si avvicina
Dell'ultima giornata di mia vita,
A guisa di nocchier ch' alla marina
Sponda giunto, agli amici il mare addita
E narra i fausti eventi, e le tempeste
Se mai la nave sua ne fu assalita,
Io vi potrei narrare or quelle or queste
Venture del camin del viver mio,
Ora propizie ed ora triste e meste.
Pur di rado di se lascian desio

Le propizie; e le triste ognun vorria
Poter cacciare in sempiterno oblio.
Ma non lascia natura all' uom balia
Di tanto oprare, e sol sollievo presta
Studio, religion, filosofia.

Ambascia fu per me la più funesta

E

Che accaduta mi sia dacchè son nato,

E ch'afflizione ancor nel cor mi desta,

nacque dalla perdita d'amato

E dotto figlio per voler del cielo

Nel più bel fior degli anni a me furato.

Scorsi son quattro lustri dacchè al telo
Morte diè contro lui l'ultima scossa,

Pure ora sol l'afflizion mia disvelo.
Ma qual arbor dal folgore percossa

Ritien nel tronco impresso arsiccio segno Che cancellare il tempo non ha possa Prima che in polver sia ridotto il legno, Così in me tal memoria non fia mai Estinta mentre in vita io mi sostegno. Pinger non tento nè pria d'or tentai

Qual fu lo stato del mio cor: colori

Atti a pinger l'ambascia io non trovai. Le espressioni sono inferïori

D'ogni lingua a tal duol, per me non tanto Ma pur pei sommi vati ed oratori. Scrivendo a voi, Signor, ch' avete pianto

Due care figlie estinte nei verdi anni,

Ho preso
ardir di dilungarmi alquanto
Per far menzione de' miei tristi affanni,
Persuaso che chi pur gli ha provati
Non fia che me di tanto far condanni.
Ma son troppo oramai moltiplicati
I versi miei poco però mi resta
Da dire e saran quindi terminati.
Se alcun facesse inutile richiesta

Della mia vita intorno agli autori,
L'umile mia risposta saria questa:

R

Di poveri nè ricchi genitori

Vicino all' Arno a Bientina son nato

Tra ricchi oziosi, e industri pescatori. Fu medico, poeta e letterato

Il padre mio: poemi due compose Che tra' suoi scartafacci egli ha lasciato. Non parlerò delle opre sue pietose, Non del vitto e dei farmaci largiti Ad inferme persone e bisognose. Qui dovrebber miei scritti esser finiti, Ma prima ringraziar con tutto il core Vi debbo degli onori a me impartiti. Qual da informe crisalide esce fuore Vaga farfalla e spande nobilmente Le ali di rosso, azzurro e brun colore Dipinte ed uniformi variamente,

Così cangiati i miei quaderni io veggio E far pompa di se splendidamente. Tenuto a voi, Signor, dunque esser deggio; Ed alle numerose mie terzine

Ove or ciarlo, or mi lagno, or satireggio, Convien per discrezion ch' io ponga fine.

Scritto ha di Maggio in Londra il Polidori Tal vostro servo che da Tile a Battro Non credo sien più fidi servitori :

L'anno mille ottocen quarantaquattro.

243

NOTE ALL' EPISTOLA.

Pag. 236. ver. 5. Un mio fratel, &c.-Luigi Eustachio Polidori Dottore di Filosofia e di Medicina, nato a Bientina nel 1761 e morto a Firenze nel 1830. Fu seppellito nel sepolcreto di Santa Croce col seguente Epitaffio che dettò nell'ultima sua malattia.

ΑΧΩ

ALOYSIO EUSTACHIO POLYDORI

PHILOSOPHIE ET MEDICINE DOCTORI
ANTE

IN MAJORI NOSOCOMIO FLORENTIÆ

CLINICES PRÆCEPTORI ECLECTICO

ET COLLEGII MEDICORUM FLORENTINI SODALI

MOX

IN PISANO ATHENEO

PHISIOLOGIÆ CORPORIS HUMANI

ET MEDICINE LEGALIS

P. PROFESSORI

PALANTIS ARTIS

NON SCIENTIÆ INCURIOSO

PHILIPPUS

PATRI AMANTISSIMO

M. P.

OBIIT IV KAL. JUN. MDCCCXXX.

Abbiamo di lui :

Opuscoli spettanti alla Fisica animale ed alla pratica medica. 8vo. Livorno, 1789.

Memoria sopra un Tifo contagioso da lui curato, per ordine del Governo Toscano. 8vo. Pisa, 1798.

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