Questi è Nembrotto, per lo cui mal coto, Pure un linguaggio nel mondo non s'usa. 79 Lasciamlo stare, e non parliamo a voto: Che così è a lui ciascun linguaggio, Come 'l suo ad altrui, ch'a nullo è noto. 82 Facemmo adunque più lungo viaggio, Volti a sinistra, e al trar d'un balestro, Trovammo l'altro assai più fiero e maggio. 85 A cinger lui, qual che fosse il maestro, Non so io dir: ma ei tenea succinto Dinanzi l'altro, e dietro 'l braccio destro, 88 D'una catena, che 'l teneva avvinto Dal collo in giù, sì che 'n su lo scoperto Si ravvolgeva infino al giro quinto. 91 Questo superbo voll' essere sperto Di sua potenza, contra 'l sommo Giove, Disse 'l mio duca, ond' egli ha cotal merto. 94 Fíalte ha nome; e fece le gran pruove Quando i giganti fer paura a i Dei: Le braccia, ch'ei menò, giammai non muove. 97 Ed io a lui: S'esser puote, i' vorrei Che dello smisurato Briareo Esperienza avesser gli occhi miei: 100 Ond' ei risposě: Tu vedrai Anteo Presso di qui, che parla, ed è disciolto, Che ne porrà nel fondo d'ogni reo . 103 Quel che tu vuoi veder, più là è molto, Ed è legato, e fatto come questo, Salvo, che più feroce par nel volto. E venimmo ad Anteo, che ben cinqu' alle, 115 O tu, che nella fortunata valle, Che fece Scipion di gloria ereda, 118 Recasti già mille lion per preda, SESSA 106 Tremuoto. v. r 110 Dotta. v. r. 115 Da Lucano. DA FINO r06 e 107 Comparazione. E che se fossi stato all'alta guerra 124 Non ci far' ire a Tizio, nè a Tifo: Questi può dar di quel, che qui si brama: Però ti china, e non torcer lo grifo. 127 Ancor ti può nel mondo render fama : Ch'ei vive, e lunga vita ancora aspetta, Se innanzi tempo grazia a sè nol chiama. 130 Così disse'l maestro: e quegli in fretta Le man distese, e prese il duca mio, Ond' Ercole sentì già grande stretta. 133 Virgilio, quando prender si sentío, Disse a me: Fatti 'n qua sì ch' io ti prenda: Poi fece sì, ch'un fascio er' egli ed io. 136 Qual pare a riguardar la Carisenda, Sotto 'l chinato, quand un nuvol vada Sovr'essa sì, ched ella incontro penda: 139 Tal parve Anteo a me, che stava a bada Di vederlo chinare, e fu talora, Ch' i'avrei volut' ir per altra strada: 142 Ma lievemente al fondo, che divora Lucifero con Giuda, ci posò: Nè sì chinato lì fece dimora, 145 E come albero in nave si levò. DA FINO 141 Per il timore. 145 Compar azione. CANTO XXXII. ARGOMENTO Tratta il Poeta nostro in questo Canto della pri- S'i'avessi le rime e aspre e chiocce, Come si converrebbe al tristo buco, Sovra 'l qual pontan tutte l'altre rocce, 4 I' premerrei di mio concetto il suco 7 Più pienamente: ma perch'i' non l'abbo, Non senza tema a dicer mi conduco: Che non è 'mpresa da pigliare a gabbo, Descriver fondo a tutto l'universo, Nè da lingua, che chiami mamma, o babbo. SESSA 7 Impresa da, non di. 8 Il Landino dichiara questo verso così: Scrivere fondo, cioè oscuramente a tutto l'universo, a tutti gli uomini; e il Vellutello: Descrive, poetando oscuro a tutto l'u niverso. Il Tasso v'ha apposto: Non l'intendono. DA FINO 1 Chiocce, roche. |