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Chinati e chiusi, poi che'l Sol gl' imbianca, Si drizzan tutti aperti in loro stelo, 130 Tal mi fec' io, di mia virtute stanca: E tanto buono ardire al cuor mi corse, Ch'i' cominciai, come persona franca : 133 O pietosa colei, che mi soccorse; E tu cortese, ch' ubbidisti tosto Alle vere parole, che ti porse! 136 Tu m'hai con desiderio il cuor disposto Sì al venir, con le parole tue,

Ch'i' son tornato nel primo proposto. 139 Or va, ch' un sol volére è d'amendue: Tu duca, tu signore, e tu maestro. Così li dissi: e poichè mosso fue,

142 Entrai per lo cammino alto e silvestro.

DA FINO

130 Leva quello che sopra dice:

Che m'avea di paura il cor compunto.

(c. I. v. 15.)

142 Alto e silvestro, profondo e deserto.

CANTO III.

ARGOMENTO

Seguendo Dante Virgilio, perviene alla porta
dello Inferno: dove dopo aver lette le parole
spaventose, che v'erano scritte, entrano am-
bidue dentro. Quivi intende da Virgilio, che
erano puniti gl' Ignoranti: e seguitando il lo
ro cammino, arrivano al fiume detto Ache-
ronte, nel quale trovò Caronte, che tragetta
l'anime all' altra riva. Ma come Dante vi fu
giunto, su la sponda del detto fiume s'addor-
mentò .

I

Per

me si va nella città dolente: Per me si va nell'eterno dolore: Per me si va tra la perduta gente. 4 Giustizia mosse'l mio alto fattore: Fecemi la divina potestate,

La somma sapienzia, e'l primo amore.
7 Dinanzi a me non fur cose create,
Se non eterne, ed io eterno duro:
Lasciate ogni speranza, voi che 'ntrate.

DA FINO

7 e 8 La natura angelica

che dura eternalmente: per la quale fu fatto lo Inferno.

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10 Queste parole di colore oscuro

Vid'io scritte al sommo d'una porta:

Perch' io: Maestro, il senso lor m' è duro. 13 Ed egli a me, come persona accorta,

Qui si convien lasciare ogni sospetto:

Ogni viltà convien che qui sia morta. 16 Noi sem venuti al luogo, ov' ï' t'ho detto, Che tu vedrai le genti dolorose,

Che hanno perduto 'l ben dello'ntelletto.
19 E poichè la sua mano alla mia pose,
Con lieto volto, ond'i' mi confortai,
Mi mise dentro alle segrete cose .

22 Quivi sospiri, pianti, e alti guai
Risonavan per l'aer senza stelle,
Perch' io, al cominciar, ne lagrimai.

25 Diverse lingue, orribili favelle,
Parole di dolore, accenti d'ira,

Voci alte e fioche, e suon di man con elle,

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28 Facevano un tumulto, il qual s'aggira

Sempre 'n quell'aria, senza tempo, tinta, Come la rena quando 'l turbo spira. 31 Ed io, ch' avea d'error la testa cinta, Dissi: Maestro, che è quel, ch'ï' odo? E che gent' è, che par nel duol sì vinta? 34 Ed egli a me: Questo misero modo Tengon l'anime triste di coloro, Che visser sanza infamia, e sanza lodo. 37 Mischiate sono a quel cattivo coro

Degli angeli, che non furon ribelli,
Nè fur fedeli a Dio, ma per sè foro.
40 Cacciarli i ciel, per non esser men belli:
Nè lo profondo inferno gli riceve,
Ch'alcuna gloria i rei avrebber d'elli.
43 Ed io: Maestro, che è tanto greve
A lor, che lamentar gli fa sì forte?
Rispose: Dicerolti molto breve.

46 Questi non hanno speranza di morte:
E la lor cieca vita è tanto bassa,

SESSA

33 Elocuzione.
36 Lodo. v. r.
45 Breve, avverbio.
DA FINO

30 Comparazione.
31 D'orror cinta, trasla-
zione.

38 e 39 Non seguitarono

Lucifero, non si accostarono a Dio. Qui si veda come questi angeli non fussero ribelli a Dio, e fossero per sè soli.

42 Avendo maggior peccato, ed essendo egualmente puniti.

46 La morte loro saria beata.

Ch'invidiosi son d'ogni altra sorte. 49 Fama di loro il mondo esser non lassa: Misericordia e giustizia gli sdegna .

Non ragioniam di lor, ma guarda, e passa. 52 Ed io, che riguardai, vidi una insegna, Che, girando, correva tanto ratta, Che d'ogni posa mi pareva indegna: 55 E dietro le venía sì lunga tratta

Di gente, ch'i' non avrei mai creduto,
Che morte tanta n'avesse disfatta.
58 Poscia ch'io v' ebbi alcun riconosciuto,
Guardai, e vidi l'ombra di colui,

Che fece, per viltate, il gran rifiuto.

61 Incontanente intesi, e certo fui, Che quest' era la setta de' cattivi

A Dio spiacenti, ed a' nemici sui. 64 Questi sciaurati, che mai non fur vivi, Erano ignudi, e stimolati molto Da mosconi e da vespe, ch' eran ivi. 67 Elle rigavan lor di sangue il volto, Che mischiato di lagrime, a' lor piedi,

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