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ARGOMENTO

Descrive il Poeta il sito, e la forma dell'ottavo
cerchio, il cui fondo divide in dieci bolge
nelle quali si puniscono dieci maniere di
Fraudolenti. Ed in questo Canto ne tratta
solamente di due : l'una è di coloro, che han·
no ingannato alcuna femmina, recandola a
far l'altrui voglia, o la propria di lor mede-
simi: e pongli nella prima bolgia, nella qua-
per pena sono sferzati da Demonj. L'altra
è degli Adulatori; e questi sono costretti a
starsi dentro a un puzzolente sterco .

le

Luogo è in inferno detto Malebolge
Tutto di pietra e di color ferrigno,
Come la cerchia, che d'intorno 'l volge.
4 Nel dritto mezzo del campo maligno

Vaneggia un pozzo assai largo e profondo,
Di cui suo luogo conterà l'ordigno,

7 Quel cinghio, che rimane, adunque è tondo, Tra 'l pozzo e 'l piè dell'alta ripa dura,

E ha distinto in dieci valli il fondo.

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10 Quale, dove per guardia delle mura Più e più fossi cingon li castelli,

La parte dov'e' son rendon sicura : 13 Tale imagine quivi facean quelli : E com'a tai fortezze da' lor sogli, Alla ripa di fuor son ponticelli; 16 Così da imo della roccia scogli

Movén, che ricidean gli argini e i fossi, Infino al pozzo, ch' ei tronca, e raccogli. 19 In questo luogo dalla schiena scossi Di Gerion trovammoci: e 'l poeta

Tenne a sinistra, ed io dietro mi mossi. 22 Alla man destra vidi nuova pieta,

Nuovi tormenti, e nuovi frustatori, Di che la prima bolgia era repleta . 25 Nel fondo erano ignudi i peccatori: · Dal mezzo in qua ci venien verso 'l volto, Di là con noi, ma con passi maggiori : 28 Come i Roman, per l' esercito molto, L'anno del giubbileo, su per lo ponte,

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Hanno a passar la gente modo tolto; 31 Che dall' un lato tutti hanno la fronte

Verso 'l castello, e vanno a santo Pietro; Dall' altra sponda vanno verso 'l monte. 34 Di qua, di là, su per lo sasso tetro,

Vidi Dimon cornuti con gran ferze, Che li battean crudelmente di retro. 37 Ahi come facén lor levar le berze

Alle prime percosse! E già nessuno
Le seconde aspettava, nè le terze.
40 Mentr'io andava, gli occhi miei in uno
Furo scontrati: ed io sì tosto dissi:

Già di veder costui non son digiuno.
43 Perciò a figurarlo gli occhi affissi:
E'l dolce duca meco si ristette,
Ed assentì, ch'alquanto indietro gissi.
46 E quel frustato celar si credette,

Bassando 'l viso, ma poco gli valse:

Ch' io dissi: Tu, che l'occhio a terra gette, 49 Se le fazion, che porti, non son false,

GIOLITO

che ha vergogna d'esser vi

47 Bassando 'l viso, ruf- sto nella sua pena.

fiano si vergogna.

SESSA

37 Berze, piante. 47 Bassando'l viso. Nissuno de'dannati sin qui s'è cercato di ascondere. Il fraudolento ruffiano è il primo

48 e 50 Nota la duplicazione del tu.

DA FINO

37 Berze, gambe.

42 Digiuno, traslazione. L'aveva visto altre volte.

Venedico se' tu Caccianimico:

Ma che ti mena a sì pungenti salse? 52 Ed egli a me: Mal volentier lo dico: Ma sforzami la tua chiara favella,

Che mi fa sovvenir del mondo antico. 55 I' fui colui, che la Ghisola bella

Condussi a far la voglia del Marchese, Come che suoni la sconcia novella. 58 E non pur io qui piango Bolognese : Anzi n'è questo luogo tanto pieno, Che tante lingue non son ora apprese 61 A dicer sipa, tra Savena e 'l Reno: E se di ciò vuoi fede o testimonio, Recati a mente il nostro avaro seno . 64 Così parlando il percosse un Demonio Della sua scuriada, e disse: Via, Ruffian, qui non son femmine da conio. 67 I'mi raggiunsi con la scorta mia : Poscia, con pochi passi, divenimmo Dove uno scoglio de la ripa uscia. 70 Assai leggeramente quel salimmo, E, volti a destra sopra la sua scheggia, Da quelle cerchie eterne ci partimmo.

SESSA

72 Cerchie. v. r.
DA FINO

61 Sipa, sì.

65 Scuriada, correggia. 66 Da conio, da denari, 71 Scheggia, rottura.

73 Quando noi fummo là, dov'ei vaneggia Di sotto, per dar passo agli sferzati,

Lo duca disse: Attienti, e fa che feggia 76 Lo viso in te di quest'altri mal nati, A' quali ancor non vedesti la faccia, Perocchè son con noi insieme andati. 79 Dal vecchio ponte guardavam la traccia, Che venia verso noi dall' altra banda, E che la ferza similmente schiaccia. 82 Il buon maestro, sanza mia dimanda, Mi disse: Guarda quel grande, che viene, E per dolor non par lagrima spanda, 85 Quanto aspetto reale ancor ritiene!

Quelli è Jason, che per cuore, e per senno,
Li Colchi del monton privati fene.

88 Ello passò per l'isola di Lenno,

91

Poi che l'ardite femmine spietate
Tutti li maschi loro a morte dienno.
Ivi con segni, e con parole ornate
Isifile ingannò, la giovinetta,
Che prima tutte l'altre avea 'ngannate.
94 Lasciolla quivi gravida, e soletta;
Tal colpa a tal martíro lui condanna:

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